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martedì 26 giugno 2012

Guida galattica allo US soccer #4


Henry in maglia Red Bulls se la ride sotto i baffi

Càpita che a un certo punto della tua vita, dopo nove ore di volo e un’altra ora buona di controlli alla dogana, ti ritrovi all’Aeroporto Liberty di Newark, New Jersey. Completamente solo. In pieno agosto. Con una valigia enorme.
Il primo impatto con il mondo esterno fuori dall’aeroporto, con quegli States che hai visto fin da bimbo solo nei film, sono le porte scorrevoli che si aprono e una ventata calda tipo fon che ti investe, rincoglionendoti ancora di più del jet lag e della sbronza colossale della sera prima, ché oramai ti eri abituato al clima polare da aria condizionata che ti aveva accompagnato per le suddette nove ore eccetera. A questo punto, nessuno può toglierti la soddisfazione di un sacrosanto paglione nell’afa americana, anche se non sai bene qua come funziona coi divieti. Ti metti buono buono in un angolo sul marciapiede, sperando che nessuno ti venga a cazziare. Attorno a te, di gente ce n’è davvero parecchia - molta di più del concetto di “parecchia” cui sei abituato - ma in fondo Newark non è uno degli scali aeroportuali più grandi del mondo? Nessuno ti cazzia, anzi, a nessuno frega proprio niente della tua esistenza, mentre sei lì intento a rimuginare su come trovare la fermata del bus che ti porterà per soli 15 dollari al Grand Central Terminal di Manhattan, da dove poi dovrai prendere un taxi e arrivare finalmente al tuo alloggio nell’Upper East Side.
Nel casino generale finisci la paglia e cerchi di guadagnare la tua fermata, scansando turisti, uomini d’affari, gente comune, tassisti e quant’altro.
Ad un certo punto, in mezzo alla folla, vedi un lungagnone coi capelli rasati e la tuta della locale squadra di soccer, i New York Red Bulls. Non ti sembra vero, ma lo riconosci. Sì, è lui, non c’è dubbio: è Thierry Henry. E nessuno - nessuno - degli astanti lo considera minimamente. Ti verrebbe da andare a stringergli la mano, se non altro per pietà. Ma poi ti ricordi che con quella mano ha eliminato da Sud Africa 2010 l’Irlanda del Trap, ed inoltre ti sovviene di quanto in realtà costui ti sia sempre stato solennemente sulle palle (le eterne sfide Italia-Francia a mondiali ed europei…). L’istinto a questo punto sarebbe quello di andarlo ad insultare, ma non è proprio il caso iniziare così la propria vacanza newyorchese, che ne dici? Imbambolato come un deficiente, lo vedi passare davanti a te. Andare via.

La sempre sobria Lady Gaga e il rappettone Jay-Z

E nessuno - nessuno - degli astanti lo considera minimamente. E dire che stiamo parlando di uno dei calciatori più famosi del mondo. Evidentemente, qua, il calcio non dev’essere così seguito. Anche perché ti renderai conto cosa significhi essere davvero famoso, a New York, quando Lady Gaga presenta il suo ultimo video in uno studio televisivo di fianco al teatro in cui ti appresti ad assistere ad un musical, ed il musical inizia con mezz’ora di ritardo poiché gli spettatori se ne fottono del musical ed escono anche solo per vederla, Lady Gaga. O quando Jay-Z una bella sera decide di andare in discoteca e, camminando per strada, ti trovi davanti a una via transennata dalla polizia, per via dell'eccesso di folla che si ammassa anche solo per vederlo, Jay-Z.

Il Giants stadium di East Rutherford, NJ

I New York Red Bulls una volta si chiamavano New York MetroStars. Anzi, per essere precisi, la loro denominazione originaria era New York/New Jersey MetroStars, anche perché con the City that never sleeps ci sono sempre entrati come i cavoli a merenda. La citazione dello Stato sulla riva destra dell’Hudson river fu ritenuta d’obbligo, dato che dal 1995 (anno della loro fondazione) al 2009 hanno giocato praticamente tutte le loro partite per l’appunto in New Jersey, al Giants Stadium di East Rutherford. Dal 1998 si decise poi salomonicamente di chiamarli semplicemente MetroStars, senza indicazioni geografiche. Maglia bianca, poi rossonera (si dice in onore del Milan), i MetroStars fin da subito si caratterizzarono per l’ingaggio di grandi stelle del calcio internazionale sul viale del tramonto, abitudine poi divenuta consueta per tutti i club della MSL, come per altro già era accaduto negli anni ’70 per la NASL. Del primo roster, agli ordini di quell’Eddie Firmani di “cosmosiana” memoria, faceva parte Roberto Donadoni, il primo italiano assieme a Walter Zenga (nei New England Revolution) a tentare l’avventura americana negli anni ’90. Dopo di lui, tra il 1997 e il 2005, fu il turno di Branco, Lothar Matthaeus e Youri Djorkaeff, solo per fare alcuni nomi, oltre che di alcuni tra i migliori esponenti del soccer USA (Ramos, Meola, Lalas) ed insospettabili ex della Serie A (Nicola Caricola ed il colombiano Adolfo Valencia). Completano il quadro delle celebrità alcuni coach del calibro di Bora Milutinovic e Carlos Parreira. Nonostante i grandi nomi, niente da fare: i migliori risultati ottenuti dai MetroStars negli States furono un primo posto nella regular season della East Conference nel 2000 e una finale di US Open Cup nel 2003, persa contro i Chicago Fire. Nel 2004, però, i MetroStars riuscirono nell’impresa di diventare la prima squadra della MLS in assoluto a vincere un torneo al di fuori dell’America del Nord. Si trattava della Copa La Manga, un torneo invernale giocato ogni anno a Murcia, Spagna, tra club che militano in campionati strutturati sul calendario solare. I MetroStars ebbero la meglio sui norvegesi del Bodø/Glimt, sulla Dinamo Kiev e in finale sul Viking, altra squadra norvegese. Trionfo.

L'Altes Rathaus di Lipsia, capolavoro dell'architettura rinascimentale tedesca

Oggi i MetroStars non esistono più. Nel 2006 la Red Bull, azienda austriaca produttrice del famoso energy drink, ha comprato la società, e, con un’operazione commerciale già effettuata l’anno precedente con l’Austria Salisburgo, ne ha cambiato nome, simbolo e colori (a quanto sembra, senza suscitare le ire dei tifosi come nel caso austriaco). Da allora ci sono i New York Red Bulls: via la maglia rossonera, via lo stemma con i grattacieli o quello successivo, più “europeo”, ora la maglia è biancorossa (blu in trasferta) con i due enormi tori rossi ai lati che tutti conosciamo. I Red Bulls possono inoltre contare, oltre al Salisburgo, su diverse squadre “gemellate” da questioni di proprietà e sponsor: l’omonima squadra/B di New York, che milita in un campionato USA semiprofessionistico, il Red Bull Lipsia, il Red Bull Brasile ed il Red Bull Ghana. I grandi nomi (Rafael Marquez, Henry) continuano a venire attratti dalla Grande Mela, forse ignorando che, nonostante il cambio di denominazione, la base geografica della squadra è rimasta identica. Dal 2009, infatti, è stato abbandonato il Giants Stadium  per la Red Bull Arena di Harrison, città che è anche l’attuale sede del club, situata invariabilmente in New Jersey. Oltre alle locations, nemmeno i risultati sono cambiati con la nuova proprietà. Negli ultimi sei anni i Red Bulls hanno raggiunto solo una finale nei playoff del 2008 (sconfitta contro i Columbus Crew), un  primo posto nella regular season della East Conference nel 2010 ed una qualificazione alla CONCACAF Champions League dell’anno successivo (con relativa eliminazione al primo turno). Forse anche perché - al di là dei grandi nomi - al momento attuale, i due giocatori più rappresentativi del club sono lo semisconosciuto Mike Petke per numero di presenze ed il colombiano José Angel per numero di gol segnati.

A quanto pare, i MetroStars e poi i Red Bulls dispongono anche di una tifoseria organizzata, con tanto di inno e rivalità con i New England Revolution di Boston ed i Philadelphia Union. Ma la squadra più odiata dai supporters dei Red Bulls è sicuramente il DC United, specialmente da quando nell’incontro di ritorno della regular season del 2006 (la cosiddetta Atlantic Cup), il giocatore dello United Alecko Eskandarian, dopo aver segnato il primo gol del match, si recò a bordo campo e sorseggiò una lattina di Red Bull/energy drink per poi sputarlo a terra in segno di disprezzo.

Alecko Eskandarian si bulla come un bimbo scemo

Nelle due settimane successive all’incontro con Henry, per tutti i cinque boroughs di NYC, non un segno della presenza di una locale squadra di soccer, se non qualche maglietta del suddetto Henry in un angolo buio al piano interrato di un anonimo negozio di articoli sportivi sulla 3rd Avenue. Per il resto, a chiedere dei Red Bulls, sei finito a farti vendere la bibita, o in alternativa a far credere che t’interessassi di basket (“Chicago Bulls?” “No, no: New York RED Bulls” - nel contempo venendo considerato così scemo da aver scambiato New York con Chicago). E a specificare che si trattava di una squadra di calcio, “soccer team”, sei spesso riuscito a far cadere il discorso nell’incomunicabilità TOTALE con il tuo interlocutore, il quale ti sembrava avesse soltanto un grosso punto interrogativo stampato in faccia.
Dopo qualche tempo di permanenza, a chiedere in giro della squadra locale gliel'hai data su, ma a quel punto, sui Red Bulls e su Thierry Henry che se ne esce dall’aeroporto di Newark nel completo anonimato, forse, una cosa l’hai capita. Sarà il discorso del New Jersey. Sarà che a New York giocano già gli Yankees, i Mets, i Giants e i Knicks. Ma quando hai iniziato a notare, ad ogni angolo di Manhattan, Brooklyn Heights e giù fino a Coney Island, gli adesivi con lo stemma dei New York Cosmos, ti sei reso conto con certezza quasi assoluta che un fantasma stava aleggiando nella Grande Mela: un fantasma il cui nome era Beckenbauer, Pelé, Chinaglia. Finché poi, ad informarti bene, hai scoperto che il fantasma avrebbe aleggiato ancora per poco tra streets ed avenues, parchi e grattacieli, West Village e Queens.
Ché, dicono i beninformati, dal 2013 la franchigia Cosmos sarà regolarmente iscritta alla MLS.
Ed improvvisamente ti è stato tutto chiaro.

I tre Cosmos più famosi

martedì 1 novembre 2011

Bentornato Padova!

Che emozione quel rigore di Michel Kreek. Sarà perché è stato uno dei miei primi grandi amori calcistici, peraltro del tutto immotivato, visto che non ho nessun legame con la città in questione, ma rivedere il Padova così tanto in alto, può farmi solo che piacere. Si perché quando ero ragazzino, quel Padova con sponsor l'acqua Vera, mi ha fatto entusiasmare. Una salvezza stupenda, arrivata grazie a quel rigore di Michel Kreek, o meglio ancora, per dirla alla Carletto Mazzone, grazie a quel rigore di "Screcca"(da"Se quer tiro de Screcca...."massima mazzoniana dei tempi del Perugia..che dedico ad Andrea.) . Ieri c'era Vlaovic, oggi c'è Cacia, Ieri c'era Kreek, oggi c'è Aniello Cutolo, Ieri Sandreani e oggi Dal Canto, il risultato, categoria a parte, è simile. La storia del Padova è costellata da spareggi. Spareggi salvezza e spareggi promozione. I biancoscudati sono destinati per storia a soffrire, a disputare continuamente quelle insopportabili partite da dentro o fuori, quelle che non ti fanno dormire, quelle da fitta allo stomaco. Tutto parte dalla stagione 84-85, il Padova è in serie B e nonostante il 16esimo posto viene retrocesso per illecito sportivo. In quella stagione infatti, i veneti sono invischiati nella lotta per non retrocedere, a poche giornate dal termine del campionato, il 13 Maggio 1985, il centrocampista del Taranto, Giovanni Sgarbossa, nativo del padovano, si reca al suo paese per votare alle amministrative. Lì incontra il vicepresidente del Padova calcio Dino Zarpellon, che chiede al calciatore(che pochi anni prima aveva militato nel Padova)un aiuto in caso di bisogno, visto che l'ultima di campionato metteva di fronte proprio Taranto e Padova. Passa un mese, il Padova è ancora in piena lotta per non retrocedere. Sgarbossa chiama Zarpellon per avvisarlo, che ha coinvolto altri 4 compagni di squadra: Paese, Bertazzon, Vito Chimenti(inventore del quanto mai inutile gesto tecnico denominato "Bicicletta" e zio di Antonio detto "Zucchina" portiere dei giorni nostri) e il simpatico Frappampina. Zarpellon consegna 50.000.000 milioni come anticipo, il resto verrà consegnato a risultato ottenuto. Ultima Giornata, il Taranto già retrocesso, viene sconfitto 2 a 1 in casa dal Padova, i veneti sono salvi, il Cagliari che pareggia 0 a 0 a Catania, retrocede. Va tutto bene, fila tutto liscio se non fosse che alla penultima giornata(la giornata prima della combine), l'allenatore degli ionici, Angelo Becchetti, viene esonerato e viene quindi escluso dall'affare. Come si suol dire, il Mister rosica e spiffera tutto all'ufficio indagini della federcalcio, che propone al Becchetti di chiedere ugualmente la sua parte a Sgarbossa per incastrarlo grazie ad un microfono nascosto, Roba da 007. Sgarbossa non sospetta nulla ed incontra il suo ex allenatore a Pesaro(che poi mi sarebbe sempre piaciuto vedere uno 007 ambientato a Pesaro, con Sean Connery che prende un vodka martini agitato non mescolato al bar della stazione). Morale della favola, Sgarbossa,Chimenti,Paese, Bertazzon,Frappampina(anche se in realtà credo che quest'ultimo sia stato squalificato per il cognome) e il vicepresidente padovano Dino Zarpellon vengono squalificati per 5 anni e il Padova Calcio viene retrocesso in serie C1. Sembra l'inizio della fine, e invece si tratta di una vera e propria svolta, perché nel 1986, la società biancoscudata viene acquistata da Maurizio Puggina(il signor Despar Italia). Da qui è un crescendo. Promozione in serie B nel 86-87, tre salvezze consecutive, e nel 90-91 con Colautti allenatore, viene sfiorata la Serie A, sfumata solo all'ultima di campionato dopo un duello a distanza con l'Ascoli. L'anno seguente la squadra viene affidata al tecnico Bruno Mazzia, i risultati non arrivano, a poche giornate dal termine arriva però l'esonero del mister con un Padova che si trova pericolosamente vicino alla "Zona calda". Il suo posto viene affidato al suo vice, il giovane allenatore romano, Mauro Sandreani, già allievo di Colautti. Sandreani porta la squadra al 12esimo posto e viene confermato per la stagione seguente. Nella stagione 92 - 93 il Padova disputa un grandissimo campionato(da segnalare il primo goal da professionista di Alessandro Del Piero contro la Ternana, Del Piero che a fine stagione sarà venduto per 5 miliardi alla Juventus), ma come due anni prima deve cedere l'ultimo posto valido per la promozione nella massima serie all'ultima giornata dopo un sanguinoso testa a testa con Lecce e Piacenza che avranno la meglio. Nel 93-94 non si può proprio più sbagliare. I biancorossi di Sandreani sono ormai una squadra rodata e pronta per l'approdo in serie A atteso da 32 anni. Bonaiuti , Gabrieli,Cuicchi, Franceschetti, Coppola, Nunziata, Galderisi, Maniero, sembra davvero l'anno giusto. I veneti disputano gran parte del campionato nei posti promozione, ma a poche giornate dalla fine hanno un calo(4 pareggi ed una sconfitta nelle ultime 5 di campionato) e vengono raggiunti dal Cesena di Dario Hubner, sarà spareggio(il primo di una lunga serie). Il 15 Giugno del 1994, Allo stadio Giovanni Zini di Cremona va in scena lo spareggio promozione tra Padova e Cesena. Al minuto 6 la testa di Hubner gela i 10 mila padovani giunti a Cremona, al 18esimo però, il difensore Andrea Cuicchi segna il goal della vita con una rovesciata degna di "Fuga per la vittoria", il Padova pareggia e trova il goal vittoria al 24esimo con un velenoso tiro da fuori del centrocampista romano Maurizio Coppola. Nel finale un miracolo di Bonaiuti permette ai padovani di festeggiare la storica e sudata promozione in serie A. E siamo arrivati al famoso Anno della A. Sergio Giordani è già da tempo il nuovo presidente, con Puggina che resta in carica come presidente onorario. Nuova categoria,nuovo presidente ed anche nuovo stadio, l'Euganeo , impianto da 32.000(al tempo privo però della curva sud) posti che sostituisce tra i mugugni dei tifosi lo storico Silvio Appiani. La campagna acquisti è buona. Arrivano: David Balleri e Daniele Zoratto dal Parma, il croato Goran Vlaovic dal Croatia Zagabria, Carlo Perrone dall'Atalanta, Il centrale statunitense Alexi Lalas e a Novembre, Michel Kreek dall'Ajax. L'inizio è da incubo, Nelle prime 4 giornate rimedia 4 sconfitte con 11 reti subite e nessuna realizzata. Poi la svolta, a Napoli il Padova va sotto di Due goal, accorcia su rigore con Longhi, subisce il 3 a 1 sempre su rigore da Rincon e a 5 minuti dalla fine un giovane Filippo Maniero con una doppietta in due minuti regala il primo punto ai patavini. Da qui cambia il campionato dei biancoscudati che, una settimana dopo, si permettono il lusso di battere in casa i campioni d'Italia del Milan, con le reti di Lalas e Gabrieli. I biancorossi cominciano a girare, giocano bene e accumulano punti. La sicurezza di Bonaiuti tra i pali, le sgroppate di Gabrieli sulla fascia sinistra, Coppola (assurdo un suo goal contro il Brescia), Nunziata e Longhi che brillano a centrocampo, senza contare le magie di Kreek arrivato solo a Novembre e subito protagonista, l'esperienza di Galderisi e i goal di Vlaovic. E poi c'è Lalas giunto in italia con l'etichetta di sicuro bidone, che si rivela invece un giocatore per nulla malvagio. Di storie sul difensore americano ce ne sono tante. Il pomeriggio spesso si metteva a giocare con i ragazzini del quartiere in mezzo alla strada, la sera andava a suonare in osteria(Il suo Gruppo i Gypsies è il gruppo preferito di Chelsea Clinton), una volta fu fermato dai carabinieri perchè da solo alle due di notte giocava a pallone facendosi la telecronaca mentre tirava pallonate alla saracinesca di un garage. In poche parole un mito assoluto. Il Padova continua la sua stagione tra risultati esaltanti e pesanti sconfitte, il girone di andata si chiude però con la vittoria sull'Inter di Ottavio Bianchi, arrivata con un goal di Rosa a 4 dal termine. Durante quella partita viene contestato per la prima volta Sandreani, per aver sostituito Goran Vlaovic,Sandreani che alla fine del match aveva presentato le proprie dimissioni, respinte dal presidente Giordani. I biancoscudati trovano la svolta della stagione con tre prestigiose vittorie di fila:alla nona(di ritorno ovviamente) contro il Brescia al Rigamonti, alla decima contro la Lazio a Padova e soprattutto con la perla della stagione, all'undicesima contro la capolista Juve a Torino grazie ad una punizione gioiello di Michel Kreek. A sei giornate dalla fine del campionato la matricola veneta si trova con 5 squadre sotto a 5 punti di distanza, la salvezza sembra ormai raggiunta. Il Padova va però come da tradizione in affanno alle ultime di campionato, ne perde tre di fila e all'ultima di giornata dopo aver perso a San Siro(in pieno recupero) viene raggiunto dal Genoa vittorioso contro il Torino. Sarà spareggio contro i Liguri. Il secondo. il 10 Giungo 1995 allo stadio Artemio Franchi di Firenze, Padova e Genoa si giocano la permanenza in serie A. Dopo 19 minuti il Padova passa in vantaggio grazie ad una splendida girata di Goran Vlaovic su assist di Kreek, dieci minuti dopo Skuhravy di testa ristabilisce la parità. Le parate del portiere rossoblu Spagnulo fanno la differenza e dopo 120 minuti si arriva ai calci di rigore. Fontana sbaglia il primo rigore per il Padova, Marcolin si fa parare il terzo da Bonaiuti, torna la parità, si arriva ad oltranza, sbaglia Galante per i grifoni e Michel Kreek segna il rigore decisivo,Padova esplode, i giocatori impazziscono, durante i festeggiamenti spunta anche una statua di Sant'Antonio. Da quel giorno in poi il Padova scivolerà lentamente. l'anno dopo retrocederà accumulando 11 sconfitte consecutive. Le cessioni di Galderisi e Lalas peseranno non poco, anche se l'episodio decisivo è da individuare nella lunga assenza di Goran Vlaovic operato al cervello, che nonostante tutto chiuderà la stagione con 13 centri. Due anni dopo il Padova lascerà anche la serie B. Nella stagione 98-99 succede l'incredibile, nel campionato di C1 i veneti sono in zona retrocessione, siamo in Aprile non mancano tante partite alla fine, i biancorossi ospitano il Varese diretto concorrente per la salvezza. Il regolamento della serie C prevede almeno un Under 21 in campo, il Padova schiera Simone Barone futuro campione del mondo(Gesù!)che aprirà addirittura le marcature. I biancoscudati raddoppiano e mettono al sicuro il risultato, Adriano Fedele decide di effettuare un cambio, fuori proprio Barone ma non per un pari età, il Varese fa ricorso e vince a tavolino. Nel finale di stagione il Padova andrà al play-out per la peggior classifica avulsa con il Varese. Terzo spareggio. Il Padova perde con il Lecco e precipita in Serie C2. Ritorna in C1 nel 2001, perde il suo quarto spareggio con l'Albinoleffe(in realtà una semifinale di play-off per la B)nel 2003 e sei anni dopo nel 2009 vince lo spareggio promozione(il quinto) contro la Pro Patria. L'anno del centenario il Padova lo disputa in B, parte bene ma finisce con il disputare i play-out(sesto spareggio) contro la Triestina. 0 a o a Padova, 3 a 0 per i Biancoscudati al Nereo Rocco di Trieste il Padova è salvo e l'anno seguente guidato dal faraone El Shaarawi si permette il lusso di disputare la finale Play-off per la serie A contro il Novara(settimo spareggio),la finale viene persa a testa alta. Oggi il Padova è una pretendente alla massima serie, l'obiettivo dei ragazzi di mister Dal Canto è la promozione in serie A. Potrebbe esserci l'ennesimo spareggio della sua travagliata storia, l'ennesimo ma probabilmente non l'ultimo, perché forse il Padova è una di quelle squadre destinate a soffrire per gioire ancor di più dei suoi trionfi. E allora non mi resta che dire bentornato Padova!sperando che quel rigore di Michel Kreek non rimanga l'ultimo dolce ricordo di una serie A che manca da tanto, troppo tempo.