Sorge nell'alta
campagna un colle, sopra il quale sta la maggior parte della città; ma arrivano
i suoi giri molto spazio fuor delle radici del monte (…) dentro vi sono tutte
l'arti, e l'inventori loro, e li diversi modi, come s'usano in diverse regioni
del mondo...
Tommaso Campanella, La
città del Sole, 1602
Zemanlandia torna in serie A: il profeta anabattista boemo
dopo sette anni di esilio torna a fondare una nuova Città del Sole sulle rive
del mare Adriatico; a sette più sette anni di distanza dalla tiepida notte romana
di mezza estate in cui la sacra inquisizione pallonara, rispondendo al
sacerdote boemo che durante l’officio di un orgiastico rito di festa pronunciò il
coraggioso monito “il calcio deve uscire dalle farmacie”, emanò la bolla papale
Licet ab initio, con la quale ufficializzò
la caccia spietata all’eretico. Così da Roma giunse l’investitura a chiunque
facesse parte delle istituzioni del pallone e a sua imperitura gloria votava il
proprio impegno di non avere pietà del monaco guerriero di Praga.
“Diamo ad essi il
potere di ricercare coloro che si allontanano dalla via di Dio e dalla vera
fede cattolica, o la praticano in modo sbagliato, o siano in un modo qualunque
sospetti di eresia, e contro i seguaci, i fiancheggiatori, e difensori, e contro
chi presta loro aiuto, consiglio, favori, sia apertamente che di nascosto, a
qualunque stato, grado, ordine, condizione e rango appartenga” scrisse il
sommo pontefice Luciano III con il sangue dei primi resistenti; catturati in quella
tragica notte di sangue e di fuoco, in cui le fiamme delle stalle bruciate
dall’inquisizione salirono nel cielo formando in quel lembo di terra che dal
nord dell’Europa - che stava forgiando la sua prima moneta unica in nome del
dio unico - attraversava il mediterraneo e puntava diretto verso l’Africa, un
curioso geroglifico di provenienza sconosciuta.
Un simbolo che da lì a pochi secoli avrebbe marchiato a
fuoco l’intero continente e facendosi carne e sangue sarebbe diventato la
costituente materiale e spirituale della sua fondazione. Per chi, in viaggio insieme
alla Luna con Urano verso il Leone, quella notte d’estate avesse avuto la
ventura di volgere lo sguardo in basso verso il globo terracqueo e focalizzarsi
su quella penisola dalla curiosa forma di stivale, l’emblema di una croce uncinata
sarebbe stato il sacro simbolo che i fuochi dell’inquisizione stavano
disegnando su quel lembo di terra emersa. La svastika si apprestava a marchiare
a fuoco l’intera mandria dell’homo europeus nei secoli dei secoli e il calcio
italico per gli anni a venire. Da quella sera di agosto l’anabattista boemo e i
suoi discepoli furono inseguiti, catturati, torturati e dannati alle pene
dell’inferno in terra della sacra inquisizione pallonara.
“L’accusato o il
sospetto d’eresia, contro il quale sia sorto un sospetto grave e veemente
riguardo a questo crimine, se nel processo ha abiurato l’eresia, ma
successivamente ricade nella stessa, deve essere giudicato come recidivo (...)
anche se prima della sua abiura il crimine d’eresia non sia stato pienamente
provato contro di lui. Se invece questo sospetto è stato lieve e modesto,
sebbene per questa ricaduta debba essere punito più gravemente, tuttavia non
gli deve essere inflitta la pena che si applica ai recidivi nell’eresia...”
Il sommo sacerdote anabattista boemo fu espulso, scacciato;
esiliato al confino. Il suo verbo fatto di terzini che spingono, fuorigioco
sulla linea del centrocampo, triangoli laterali sovrapposti, incursioni e
rientri fu proibito; i testi dell’eresia bruciati nelle piazze; la parola
sacra 4-3-3 bandita nel linguaggio
ufficiale e taciuta anche nelle conversazioni da osteria. Tolta la farina ai
mugnai sospetti di credere che un altro calcio fosse possibile; espropriati i
campi ai contadini colpevoli di lottare per il paradiso in terra senza dover
aspettare la salvifica morte che avrebbe premiato altrove una vita di stenti
terreni; arsi vivi sul rogo i bambini che, con una pallone sferico costruito
con viscere di maiale, correvano felici prendendolo a calci cercando di segnare
un gol in più degli avversari, invece che proteggere il dogma mariano della
verginità della propria porta erigendo una barriera a difesa dell’imene e
rinunciando al gioco.
Ma sulle montagne, riparati nei boschi e nascosti nelle
grotte, organizzati dal basso e disorganizzati nel cuore, fedeli alla linea e
infedeli al precetto, oltre il ponte, un manipolo di ribelli ripeteva a memoria
la litania eretica perché la parola non fosse dimenticata e il fuoco del verbo
del maestro fosse più potente del rogo fatuo della croce uncinata monetaria e
monoteista. Nell’orgia e nell’ambrosia, nell’oppio e nello studio,
nell’allucinazione e nella preghiera, il desiderio immanente che solo poteva
percepire l’energia multipla della sfera perfetta e del rettangolo verde, resisteva
alle persecuzioni e alle devastazioni.
La vita sopravviveva alla morte, l’eterno presente
sopravanzava il futuro e prevedeva il passato: dopo tredici anni, come tredici
sono le lune che segnano la stagione dei campi e del pascolo, la transumanza ebbe
fine; e l’anabattista boemo, a suo agio nascosto tra orde dei disperati, dal
mare Adriatico tornò a bordo di una scialuppa sul litorale della penisola. E proprio
nei giorni in cui nella terra d’Abruzzo muratori che aborrono la squadra ed il
compasso cominciano a costruire le inesistenti mura che mai circonderanno la
Città del Sole, nella penisola l’inquisizione mai domata si rimette al lavoro
con le armi che le sono proprie: il terrore e i tribunali. Esplosioni nelle
strade, fuochi fatui di morte e terrore, portano alla ribalta il finto profeta dell’effimera
protesta, il sacerdote totalitario dell’obbedienza e del millenarismo
tecnocratico che nel giudizio del
tribunale assoluto vede il giorno del giudizio che libera l’umanità dai peccati
e redime la politica dall’imperfezione umana.
Un’escatologia totalitaria che agogna nell’apocalisse la
redenzione di un’umanità futura eletta e superiore che, igienizzata dal
desiderio e dal peccato, in un futuro anteriore orwelliano, attraverso la
digitazione del sordido click sulla
macchina perfetta, deciderà dell’unica libertà possibile e disponibile; la
piazza, sobillata da questo oscuro profeta della restaurazione, corre nelle
urne a denudarsi, per scoprire poi sulla propria pelle il marchio infame della
croce uncinata; fuoco sacro, eugenetica, caccia all’inferiore e al diverso,
selezione della specie, tecnocrazia concentrazionista tornano le parole
d’ordine del tribunale supremo dell’inquisizione. Chissà se la risata
silenziosa dell’anabattista boemo riuscirà a seppellire anche l’angelo
dell’apocalisse...