Visualizzazione post con etichetta 1. FC Saarbrucken. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta 1. FC Saarbrucken. Mostra tutti i post

giovedì 25 ottobre 2012

Il nomadismo calcistico del FC Saarbrucken




Come mi disse tempo fa un mio amico inglese, “I francesi hanno la stupenda abitudine di creare manifestazioni sportive che finiscono per non vincere mai”. Ok, magari mai è un po’ eccessivo, ma è pur vero che i tre maggiori eventi sportivi globali (Olimpiadi, Mondiali di Calcio e Coppa dei Campioni) hanno visto la luce grazie alla longa manus e alle idee brillanti di Pierre de Coubertin, Jules Rimet e Gabriel Hanot.
Dei primi due si parla spesso e la cosa stupenda è che le manifestazioni da loro create mantengono, globalizzazione a parte, più o meno lo stesso concetto previsto nelle prime edizioni. Gabriel Hanot, invece, editore dell’Equipe, viene spesso tenuto in un angolino, con la UEFA che si prende tutti i meriti nella gestione della competizione che assegna la “coppa con le orecchie”. In effetti, Hanot si batteva già da tempo per una competizione continentale che potesse dissipare con certezza i dubbi su quale fosse la squadra più forte d’Europa, anche per quella rivalità non proprio sopita verso gli inglesi, che, come loro costume, quando si trattava di football, erano restii ad accettare verdetti che non vedessero primeggiare una rappresentante d’Albione.

Gente lungimirante
Nel 1954 si decide di creare finalmente un organismo in grado di regolare il calcio europeo: a Ginevra viene fondata la UEFA ed Hanot si prodiga subito per sponsorizzare il suo progetto, che battezza “Coppa Europa”. Il suo obiettivo è quello di dare continuità alla Coppa d’Europa Centrale che si giocava prima della seconda guerra mondiale, con un formato che si ispiri ad un torneo che aveva seguìto in Sudamerica nel 1948, dove i campioni nazionali si sfidavano per stabilire la supremazia continentale. Nulla di più semplice, pensa Hanot, ma viene ovviamente respinto con perdite dai burocrati della UEFA. Siccome ai francesi complessi di superiorità e sindrome da dio non mancano, Hanot manda cari saluti alla UEFA e la coppa se la organizza da solo, visto che L’Equipe non è esattamente il Gazzettino di Bergamo (con tutto il rispetto...) ed un certo richiamo internazionale ce l’ha: 16 squadre di diverse nazioni in un tabellone a scontri diretti, con finale in campo neutro a Parigi. Come prima stesura, poteva venir peggio. A giochi fatti, la UEFA - pungolata da mamma FIFA - fa una clamorosa marcia indietro e va a Canossa da Hanot, chiedendo se per favore poteva patrocinargli il torneo: Hanot, un visionario che pensava al bene del calcio - perché fossi stato io al posto suo ai burocrati avrei risposto a suon di pernacchie - accetta e nasce quindi la Coppa dei Campioni, che prende il via nel settembre del 1955.

La Coppa con le orecchie
Ora, sul concetto di "campioni" c’è da discutere un minimo perché comunque la lista dei partecipanti viene selezionata da un comitatone all’interno della redazione dell’Equipe e non necessariamente vengono invitati tutti i campioni nazionali. Qualche esempio? Il Servette e l’Hibernian arrivarono rispettivamente sesto e quinto nei loro campionati, lo Sporting Lisbona terzo e nemmeno Partizan, Rapid Vienna e PSV si potevano fregiare del titolo di campioni nazionali. La mitica Honved invece, la cui sfida al Wolverhampton di pochi mesi prima era stata vista come uno spareggio non ufficiale per la supremazia europea, rinunciò a partecipare; stessa cosa per il Chelsea, costretto ad un RSVP negativo dalla sempre lungimirante Football Association, convinta che meno si mischiavano col continente, meglio era per tutti.
Dunque, con qualche difficoltà si rimediano le 16 squadre, una per nazione si diceva e nonostante qualche defezione, ci sono parecchie squadre blasonate: il Real Madrid di Di Stefano e Gento, il Milan di Liedholm e Nordhal, lo Stade Reims di Kopa e Hidalgo, il Rot Weiss Essen di Helmut Rahn. A scorrere la lista delle squadre, i più attenti scorgeranno anche il nome del FC Saarbrucken... ma non s’era detto una per nazione? Beh, in verità nel 1955 il Saarland era un protettorato indipendente in orbita francese e qui mi scuserete per la breve digressione storica, necessaria come sempre per meglio capire gli intrecci tra calcio e geo-politica.

Meglio una vita da Lussemburgo?
Nella Germania post-bellica, le zone di particolare importanza strategica ed economica vengono assegnate al controllo dei vincitori alleati: americani e russi cercheranno di dividersi, più o meno amichevolmente le zone di influenza intorno e dentro Berlino, gli inglesi ridisegnano la geografia di Reno e Westfalia, mentre ai francesi toccarono, logicamente, le zone confinanti, da sempre contese tra le due nazioni. A questo punto, a metà 1946, arriva la magata a firma di tale Jean Monnet e subito controfirmata da De Gaulle: “controlliamo sì la nostra zona di competenza, ma al tempo stesso sai che si potrebbe fare? Dichiariamo indipendente il Saarland!”, un ridente territorio di 2500 km quadri esattamente al confine tra Francia e Germania, da tenere sotto il diretto controllo di Parigi. Idea che non era nuova negli scenari post-bellici (pensiamo a Trieste o Fiume), ma a quel punto i francesi cominciano a dare di gomito: “Toh, va che caso, mica m’ero accorto che è proprio la regione più ricca di giacimenti di carbone”, fa Monnet a De Gaulle. Tedeschi quindi turlupinati, ma grosso modo occupati con altri problemi di politica interna per preoccuparsi del Saarland e delle sue miniere di carbone.

De Gaulle ritratto in un momento di relax
A quel punto, i francesi tentano l’allungo: bello il protettorato, bello lo sfruttamento delle miniere, ma perché non proviamo ad annetterceli, ‘sti benedetti 2500 km quadri? A differenza dei russi ad Est, De Gaulle prova un approccio soft con gli abitanti del Saarland, della serie: “ma guardate che avete tutto da guadagnare a far parte della Francia, noi vi trattiamo bene, sì vabbé, magari il carbone lo usiamo per ricostruire le città che i tedeschi ci hanno bombardato, ma scurdammoce ‘o passato, simm ‘e Sarrebruck paisà...” (è nota l’origine partenopea di De Gaulle). Ed in effetti la captatio benevolentiae nei confronti dei Sarrois è evidente, con numerose concessioni per gli esiliati ed i profughi.
E qui torniamo allo sport, da sempre un bel catalizzatore di propaganda politica: De Gaulle piazza una chiamata a Rimet (sì, quel Rimet), presidente della Federazione Francese e gli dice: “Jules, ma se facessimo partecipare il Sarrebruck al campionato francese? Sai che colpo, a quel punto l’annessione è una formalità!” Rimet fa come Garibaldi ed obbedisce, in più la Seconda Divisione nel 1948-49 presenta solo 19 squadre alla partenza ed una ventesima farebbe proprio comodo per evitare un campionato “monco”. Il Sarrebruck partecipa quindi in via non ufficiale al campionato di D2 (stando ai risultati, lo vincerebbe pure...), ma le altre squadre francesi non la prendono benissimo: quando su vivace consiglio di De Gaulle il Sarrebruck presenta domanda di affiliazione alla FFF, la votazione degli altri club è praticamente unanime nel rispedirla al mittente. Con buona pace di De Gaulle e Jules Rimet, il quale, saltati gli altarini, è costretto a dimettersi da presidente della federazione.

La Saarlander Mannschaft al suo esordio: perplessità al momento dell'inno...

Senza sapere a che santo votarsi, o meglio a che federazione affiliarsi, il Saarbrucken decide di fare domanda alla FIFA per la creazione di una federazione ex novo: Saarland uber alles, con tanto di nazionale. Oddio, nazionale, praticamente sono gli stessi giocatori del club, con barba, baffi e divisa leggermente diversa. Rimane il fatto che già che c’erano e che la Saarlander Pokal non era esattamente il massimo della competitività, la nazionale della Saarland partecipa anche alle qualificazioni per i Mondiali del ’54: sfiga, nel girone beccano la Germania Ovest, ma riescono comunque a battere la Norvegia ad Oslo e strappare una dignitosissima sconfitta per 1-3 nel decisivo derbissimo (un’eventuale vittoria, con conseguente qualificazione ai Mondiali di Svizzera, avrebbe decretato il più grande paradosso politico-sportivo della storia del calcio).
Mentre il Saarbrucken torna nei ranghi delle divisioni calcistiche tedesche, nel 1955 è previsto un referendum in cui la popolazione deve decidere se creare uno stato indipendente o tornare a riunificarsi con la Germania. La redazione dell’Equipe (non sappiamo se dietro la solita chiamata di De Gaulle) al grido di “Populismo perché no?” decide quindi di invitare anche il Sarrebruck (ci si erano affezionati al nome...), non in quanto squadra tedesca ma come rappresentante del Saarland.

Insomma, in sei anni ‘sti poveri giocatori del Saarbrucken si sono trovati prima nella seconda divisione francese, poi nei campionati tedeschi, con l’intermezzo delle qualificazioni mondiali (per le quali, hanno anche dovuto improvvisare un inno, problemino che nessuno nel Saarland si era posto prima di scendere in campo ad Oslo), fino alla neonata Coppa dei Campioni. Esordio col botto a San Siro, dove davanti a pochi intimi non proprio convinti dell’utilità di questa nuova coppa, il Saarbrucken si impone per 4-3, rimontando due gol. Al Kieselhumes Stadion si attende il miracolo per il ritorno ed i padroni di casa bloccano il Milan sull’1-1 fino al 75esimo, quando un autogol di Puff interrompe un sogno e apre la strada al 4-1 rossonero.
Per la fredda cronaca, la prima coppa sarà portata a casa dal Real Madrid, in finale contro lo Stade Reims: la Francia dovrà attendere l’Olympique Marseille per riportare la coppa con le orecchie nella nazione dove fu “ideata”. Il Saarland invece tornerà a tutti gli effetti a far parte della Germania il primo gennaio 1957, con i francesi che come compensazione (di cosa non si sa bene) ottengono lo sfruttamento gratuito di un paio di miniere fino al 1981. L'FC Saarbrucken invece l'Europa non l'ha più vista nemmeno di sfuggita ed a parte quattro sporadiche partecipazioni in Bundesliga, è rimasto nell'anonimato della Regionalliga Südwest: se la Storia non c'avesse messo lo zampino, probabilmente ora parleremmo del Saarbrucken come una delle squadre a far compagnia al Valletta FC, al Murata e al S. Coloma nei preliminari di Champions. Meglio un giorno da Saarbrucken che una vita da Dudelange, non c'è dubbio.