Gioca con lentezza, Adel Taarabt. Gioca
con la palla, e per la palla. La prende, l'accarezza, la modella, la
nasconde e poi la espone, la dona e la pretende. In quell'unico
momento dilatato all'infinito che sono i novanta minuti della
partita, come un artigiano la lavora per addizione e per sottrazione.
La plasma. La crea muovendosi con lei nello spazio consentito dal
campo, unica disciplina doverosa e possibile. La sua ubiquità sul
prato verde, la sua insostenibile presenza in ogni zona del campo,
non è fatta di corsa, di atletismo, è un movimento lento di
costante seduzione della palla.
In un'epoca di tardo capitalismo
calcistico in cui l'eccellenza sublime è rappresentata dal fisico di
Cristiano Ronaldo, impressionante il suo corpo inorganico trasformato
dalle macchine, dall'esile ragazzino che ieri solleva pesi per
trovare equilibrio alla mostruosità tecnocratica della sproporzione
muscolare dell'oggi, quella di Taarabt è una resistenza affettiva.
Non rifiuta il moderno e i suoi colori. Non ricorda né rimpiange i
bei tempi mai esistiti. Non propone nemmeno un ritorno al futuro
incrostato di nostalgie kitsch e goffi pastiche postmoderni. Taarabt
oppone i ritmi interiori di un corpo ancora umano
all'accelerazionismo e alla velocità della transizione cibernetica.
Cristiano Ronaldo è accelerazione:
movimento del falso in divenire, la sua massa muscolare è la
cicatrice bionica conficcata nella gola dell'uomo contemporaneo.
Messi è velocità: sublimazione della perfezione tecnica, prodotto
seriale incapace di esistere al di fuori della confezione in cui è venduto. Nè Ronaldo né Messi, né uomo bionico né prodotto
di nanotecnologie, Taarabt rifiuta di sacrificare il proprio corpo alla tecnica scegliendo di restare umano. Il suo fisico normale di atleta, in peso
e altezza, i precetti islamici imposti dal padre immigrato in
Provenza che proibiscono alcool e fumo quale unica disciplina imposta, sono laica resistenza alla teleologia della macchina.
Le sue migliori stagioni al Qpr, con
Neil Warnock, in una squadra che giocava prevalentemente in
transizione, movimento collettivo che coglie l'essenza del gioco:
possesso palla al servizio del contropiede. Lui ne è il fulcro di
quel gioco. A lui la palla va e da lui riparte, da lui sosta il tempo
necessario per rompere gli equilibri e creare superiorità numerica.
Contro Ronaldo e contro Messi, Taarabt è il numero dieci classico
eterno, antico e moderno: parte da destra per effettuare il
passaggio, parte da sinistra per rientrare al tiro, giostra nel mezzo
disegnando arabeschi che aprono il gioco e danno il via alle danze.
I primi anni di vita li passa tirando
calci al pallone nelle strade della Medina di Fes-al-Bali, una della
più grande aree al mondo dove non possono passare le macchine. Dove
la tecnica è costretta a servire e non potendo dominare si arrende
alla lentezza della passeggiata. Il cammino come libertà dell'essere
umano dal lavoro, rifiuto dell'impazienza, esilio della fretta. In
quella placida, sonnolente e polverosa Medina, negli spazi aperti
delle immense piazze Taarabt affina la visione periferica
dell'assist. Nei lunghi vicoli bui e stretti acquisisce la
razionalità del dribbling. Il paragone con Zidane è doveroso.
Dopo essere cresciuto sull'altra sponda
del Mediterraneo, si trasferisce a Londra dove i mercanti del tempio
vendono utili libertà preconfezionate. L'impatto al Tottenham è
duro. Reticente a ogni ritorno al fordismo e insolente a ogni
adattamento al due punto zero, rifiuta l'occasione e si dedica allo
studio degli antichi testi di Adan Zzywwurath. Quando è pronto lo hanno
retrocesso in Championship, al QPR. Lo prende in mano e lo riporta in
alto. A passo d'uomo, con lentezza, ricordando che a Fes-al-Bali non
c'erano macchine e quindi rifiutando velocità e accelerazione,
Taarabt si fa idolo e profeta nell'isola del turbo capitalismo. Ma
essendo umano non ne regge il peso. Conosce la sconfitta e la
abbraccia.
Sottraendosi al lavoro si spoglia di
titoli e onorificenze imperiali. Per restare umano smette di giocare
e si rifugia nuovamente nella lettura. E' nei laici testi sacri della sapienza cinese che comprende la verità del paradosso, se la velocità lo insegue accelerando non
potrà mai superare la sua lentezza. Dopo essersi chiesto che fare, è
finalmente pronto a guidare la rivoluzione. Lo chiama il Milan, lui
si volta verso il meridione e la circostanza appare favorevole: grande è la confusione
sotto il cielo di Milano e la situazione è pertanto eccellente.
Taarabt, il calciatore che gioca con lentezza per combattere il
turbocapitalismo, è pronto a guidare la lunga marcia della
rivoluzione rossonera.