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mercoledì 28 dicembre 2011

Punto B

[Agli ordini del Maestro]
Quest'anno è facile occuparsi di B: dovunque va Zemàn i giornalisti lo seguono augurandosi altri “j'accuse” al calcio di oggi. Dovendosi occupare, teoricamente, di calcio tocca loro seguire il Pescara e conoscere, a grandi linee, le avversarie. Sembra scontato da dire ma stavolta la cadetteria sta recuperando interesse e un pizzico di qualità dopo anni di crollo verticale. Il merito non è solo del boemo, sia chiaro, ma di una Serie C che negli anni ha ridotto il gap tecnico ed economico. Un campionato dove l'equilibrio può essere rotto da due fattori: la panchina e la psicologia. Un po' tutte le formazioni sono coinvolte in tal senso. Sotto il primo aspetto emblematico è il caso del Torino. Urbano Cairo è riuscito nell'unica cosa che gli mancava nella sua presidenza: azzeccare l'allenatore. Il primo posto porta la firma di Ventura, che torna in B dopo il suo meraviglioso Pisa, e dietro di lui una squadra che conta meno sui nomi altisonanti ma sull'entusiasmo della gioventù. Il fattore psicologico ha ben due paradigmi: in positivo la Juve Stabia, in negativo il Brescia. Le vespe potevano pagare l'inesperienza (quasi nessuno conosceva la categoria) e i 4 punti di penalità. Non è andata così: Pierino Braglia ha compattato l'ambiente agli ordini del suo calcio sanguigno. I risultati sono evidenti: i play-off distano due punti. Come l'anno scorso Braglia predica la salvezza ma sappiamo come finì lo scorso Giugno. A Brescia è accaduto di tutto e non è finita: Beppe Scienza, ad inizio stagione paragonato a Guardiola, è stato esonerato quando ormai non era possibile fare altro. Il buco nero mentale in cui si era infilata la squadra poteva essere risolto solo così, nonostante Zambelli e compagni seguissero alla lettera i dettami dell'allenatore. Resta la grave crisi societaria ed un pubblico che invoca il ritorno dei miti di ieri: Hagi, Hübner e Baggio.

Torniamo un momento all'incipit, al Maestro. Il suo Pescara, nello spettacolo della B, non è l'unico nome di grido. Ci sono due prim'attori: l'altro è la Sampdoria. Si sono appena affrontati e la differenza è evidente, più dei 10 punti in graduatoria. Gli abruzzesi, nonostante il calo di condizione, sono lassù. Con il solito 4-3-3, vecchio di 20 anni e avanti di 20 anni. La Sampdoria non esiste: manca di gioco, di mentalità, di testa. Non è bastato un girone intero (all'epifania la B celebrerà il giro di boa) per calarsi nella categoria. In un mondo dove tutti faticano a sopravvivere devi avere più fame degli altri per salvarti. Da chi dovrebbe imparare? Dall'Hellas. Mandorlini non predica un bel gioco e l'organico non è neanche così forte ma intanto è secondo: con merito, con il carattere. Lì vicino, tra Verona e Pescara (il match di ritorno, tra poche settimane, sarà tutto da vedere) c'è il Sassuolo che quest'anno sta uscendo bene dalla mezza rivoluzione: ha ripulito una rosa, apparentemente senza più stimoli, e le ha donato linfa nuova con gente come Sansone e Boakye. Sistemati i giocatori in panchina c'è Fulvio Pea, il figlio perfetto di Mou, e non parliamo del José versione “blancos” ma quello sparagnino e ultra-difensivo (solo 14 gol subiti): ben 6 delle 10 vittorie dei nero-verdi sono state raggiunte con un misero 1-0.

Lasciando da parte Padova e Reggina, che occupano gli ultimi due posti play-off, scendiamo verso il centro classifica (fascia da 28 a 24 punti) dove stazionano anche Varese e Bari. I biancorossi lumbard in estate avevano rinunciato, in un colpo solo, a Sannino e alla prima scelta per la successione, il neo-esonerato Mangia, puntando su Benny Carbone. L'anno scorso non aveva sfigurato a Pavia ma è stato un salto troppo alto (lo stesso che ha pagato Pecchia a Gubbio). Qualcosa di buono c'era ma il gioco non valeva la candela. Inevitabile l'esonero: al suo posto è arrivato Maran, un ottimo allenatore. E' già da molti anni che bazzica la categoria e, dovunque è andato, ha sempre fatto bene. Ha la qualità, ha la gavetta. Potrebbe essere il trampolino di lancio per la Serie A? Me lo auguro, visto che anche qualcuno dei suoi giocatori lo meriterebbe (su tutti Neto Pereira). A Bari trema un po' tutto: la società, ad un passo dal fallimento (di questi giorni è il fallimento dell'ennesima trattativa per la cessione da parte dei Matarrese), Torrente, che non ha mai convinto la piazza, e i giocatori, tanti i nomi illustri ma ben poca è la personalità. Una mediocrità a tutti i livelli che non può durare. Si salvano i giovani Crescenzi e Stoian (scuola Roma), Bellomo e Lamanna (che hanno seguito Torrente da Gubbio), l'eterna promessa Forestieri e Donati, l'unico della rosa che ha saputo accettare la B. La zona retrocessione sarà tutta da vivere: potenzialmente tutte possono, per un motivo o per un altro, uscire fuori dalle sabbie mobili ed altre squadre appena sopra potrebbero annaspare sul fondo. Un magma dove l'Ascoli è rientrato di gran carriera. I marchigiani partivano con un'impresa impossibile: salvarsi nonostante i 10 punti di penalità. Fabrizio Castori è uno tenace, un guerriero, e voleva tentare la seconda impresa. Stava andando bene ma sul più bello c'è stato il calo. L'arrivo di Silva, un ritorno il suo, serviva a dare una seconda scossa che è puntualmente arrivata, aiutati anche dalla riduzione dell'handicap da 10 a 7 punti. La zona salvezza dista solo 6 punti: il secondo campionato dei bianconeri può ufficialmente iniziare. Nelle zone basse bazzicano anche Livorno e Nocerina. Il Natale non sorride a Novellino, visto che perde il posto, ma Spinelli lo avrebbe potuto cacciare molto prima visto che l'ex-tecnico di Venezia e Sampdoria non aveva mai convinto. La squadra amaranto vive molti problemi, a cominciare dalla questione Paulinho. Sul capocannoniere della Lega Pro dello scorso anno, a Sorrento, si puntava moltissimo ma finora ha deluso parecchio. I 24 gol dello scorso anno sono lontani e l'attacco resta sterile (19 gol fatti, peggio solo il Gubbio). La Nocerina invece ha il problema opposto: segna tantissimo ma la difesa è un colabrodo, con 36 gol subiti. Auteri non è mai stato in discussione ma deve invertire la tendenza, soprattutto in casa (6 sconfitte in 10 gare al “San Francesco”). Il gioco c'è, l'ambiente è compatto, con qualche innesto la salvezza è alla portata. Senza sarà molto dura, per il resto occhio a Farias perché farà strada.

Parlare di tutti è impossibile (ad esempio non ho citato Foscarini. In un calcio dove gli esoneri sono più numerosi dei disoccupati in Spagna è commuovente sapere che allena, con buoni risultati, il Cittadella dal 2005) ma il tempo e lo spazio sono tiranni. Fortunatamente c'è sempre l'anno prossimo.

[Sto vendicando Ezio Glerean]

mercoledì 12 gennaio 2011

Il girone dei rimpianti

(Anche la "Lega Pro" vuole il suo pallone)

Mario Macalli è una sorta di Don Rodrigo del calcio. Un signorotto lumbard con il suo piccolo feudo, la Serie C, al quale ha cambiato nome (“Lega Italiana Calcio Professionistico”, per tutti “Lega Pro”) e si prepara a modificare radicalmente (in pochi anni si dovrebbe ritornare alla C com'era negli anni '60: una sola categoria e tre gironi). Personalmente lo ringrazio per aver negato a me e a tanti tifosi della Salernitana il girone B, visti i “gravi pericoli di ordine pubblico che potevano intercorrere nel mettere tutte assieme le società campane”. Non parliamo dei granata, ci sarà il tempo, e neanche di ordine pubblico: addentriamoci invece in un girone che sembrava monco alla vigilia ed invece si sta rivelando appassionante e ricco di storie.

Partiamo dalle tre toscane, esiliate dal ragioniere nel centro-sud: Lucchese, Pisa e Viareggio. I primi due nomi sicuramente rievocano storie di calcio più note, mentre la formazione bianco-nera ci concede un accostamento solamente grazie al famoso Torneo. Il blasone tuttavia un basta ed infatti è proprio il Viareggio a trovarsi con la classifica migliore. In riva agli ombrelloni della Versilia si offre un buon modello di calcio: in panchina Giuseppe Scienza, allenatore-rivelazione l'anno scorso a Legnano; in campo tanti giovani di belle speranze che in passato lo stadio “Dei Pini” l'avevano calcato con le rispettive squadre Primavera. Togliendo Marolda, il bomber della squadra, e Fiale, leader di una delle retroguardie meno battute del torneo, la media-età della rosa non supera i 23 anni. Le due vicine più famose non se la passano bene: figlie di recenti fallimenti si sono affidate, forse con troppa sufficienza, alle stesse rose che la stagione passata avevano trionfato in C2 (Lucchese) e D (Pisa). I rossoneri, tornati con la pantera ed il nome “Libertas”, restano aggrappati alla salvezza grazie ai gol di Marotta (9 sui 21 della squadra) ed il cambio in panchina non ha sortito grandi effetti. Sotto la torre pendente invece un altro bomber, il sempreverde Marco Carparelli, non basta. Anche qui ha pagato l'allenatore, cacciato Stefano Cuoghi, ma pochi i benefici. Eppure c'è un toscano che sorride: Piero Braglia, un altro che la terza serie la conosce bene. La sua Juve Stabia gravita in zona play-off, ufficialmente pensa a salvarsi ma potrebbe coltivare ben altre ambizioni. Accanto alle vespe in classifica c'è un'altra piccola grande storia: il Lanciano, anzi, la Virtus Lanciano. Prima di capire bisogna partire dalla storia d'amore tra un calciatore e la sua presidentessa, non siamo ai livelli di Speroni e della signora Borlotti (perdonatemi la citazione). In primis Manuel Turchi e Valentina Maio sono felicemente sposati, in secundis fanno benissimo il loro compito: Turchi è un onesto attaccante, Valentina Maio invece mette i soldi e non li butta come fanno molti altri suoi colleghi. Il Lanciano è un'accozzaglia di gente che ha fatto il giro d'Italia e s'è ritrovata in Abruzzo agli ordini di Camplone e di un gioco apparentemente facile: squadra corta, ripartenze e grande solidità difensiva. Risultati? Quarto posto e seconda miglior difesa, togliendo il 5-3 al Foggia del Maestro solamente 13 gol fatti ed 12 subiti.

Tutto qui? Fosse così facile non dovrei lamentarmi, in fondo giocare contro Alessandria, Pavia e Bassano non è così male. Il girone B è soprattutto tante vecchie rivalità: è giusto partire rendendo l'onore delle armi alla Nocerina, padrona assoluta di questa prima parte di campionato. Il progetto allestito in estate da Citarella era di quelli parecchio ambiziosi, si era parlato perfino del ritorno di Siviglia nella sua Nocera. I risultati gli stanno dando ragione: i molossi volano grazie all'assetto offensivo di Auteri, un 3-4-3 dove il tridente Catania-Castaldo-Negro recita il ruolo principale (22 gol su 31) in una squadra che senza nomi di grido gioca un ottimo calcio. Lasciando un attimo da parte il Foggia passo dal rosso-nero al rosso-blu, buttandomi sulle due grandi incognite di questo campionato: Taranto e Cosenza. Due squadre che per investimenti economici e desideri del pubblico potrebbero essere in altri punti della classifica, forse in altre categorie. Il blasone, tuttavia, non basta: il Cosenza, assorbito il trauma del fallimento del 2003, centrò due promozioni consecutive (2007-2008 in D, 2008-2009 in C2) ammazzando i campionati. Si sperava che anche la C1 scivolasse via così e l'arrivo di Stefano Fiore sembrava la miglior garanzia. Sia chiaro, l'ex-centrocampista di Lazio e Parma sta offrendo scampoli di buon calcio al “San Vito” ma predica nel deserto di un ambiente troppo effervescente, di una rosa con nomi importanti ma mai coagulati in un preciso ordine tattico, di una società con le idee spesso confuse. Il Taranto bazzica la terza lettera dell'alfabeto da più di dieci anni, passando tra grandi sogni e problemi economici fallendo sempre l'assalto alla B (ben due finali play-off perse!). Non sono mai mancati gli imprenditori disposti a mettere soldi: è sempre mancato un progetto a lungo termine, quello che ti consenta di fare 31. Con una rosa forte prima o poi fai 30 ma per festeggiare serve qualcosa che finora non si è mai visto sul prato dello stadio “Erasmo Iacovone”. Resta da parlare della Cavese, lasciata al suo destino dalla coppia Della Monica-Fariello e salvata a Luglio dalla piazza. Salvataggio con un handicap di 6 punti, nonostante questo gli aquilotti possono salvarsi ed hanno tre buone ragioni: la tenacia di un città che calcisticamente non vuole morire, l'organico che non è da buttare e Camillo Ciano. Già 10 gol per lo scugnizzo terribile del vivaio del Napoli mandato in C a maturare insieme a Lorenzo Insigne, quest'ultimo autore di 8 reti nel Foggia.

Concludiamo questa carrellata scendendo in Sicilia, con due storie molto diverse. Siracusa e Gela stanno vivendo due campionati speculari: quando una va bene, l'altra stenta. Gli aretusei, guidati in panchina da Ugolotti, stanno vivendo un momento magico. Anche qui squadra costruita con pochi soldi e giusto quei due-tre nomi esperti dove serve ma i risultati stanno premiando la società: play-off ad un passo e la soddisfazione di essere l'unica formazione ad aver battuto la Nocerina. Il Gela invece aveva ben impressionato nella prima parte di campionato, arrivando anche alle soglie dei primi posti, poi il crollo: dalla 10a giornata un solo successo, contro il Pisa. Possibile che Nicola Provenza subisca l'influenza negativa della sua città? Da salernitano è anche possibile.

E' un campionato così bello che non è possibile parlare di tutti, ho dovuto tralasciare qualche formazione interessante nei suoi sviluppi recenti ma confesso d'averne tenuta una apposta da parte: l'Atletico Roma. Qualcosa di totalmente distante dalla mia idea del calcio, un po' stramba e un po' fissata con la provincia italiana. Mi auguro che l'usurpatrice della Lodigiani (non ha alcun diritto per appropriarsi di una magnifica storia di calcio) non vada in B. Arrivare dalla C2, comprare a destra e manca sognando pure in grande ma senza tifosi e senza storia, neppure una vita passata tra i dilettanti e la terra battuta. Direttamente la C ed il Flaminio. Quale futuro può avere una squadra senza anni e anni di passione alle spalle? Nessuno, in un calcio dove i tifosi e le rivalità sono un valore, dove l'avversario più difficile è una curva che ti riempie di fischi appena tocchi palla. E' più bello affrontare una squadra che gioca in dodici.

P.S. Lunedì sera, al “San Francesco”, Nocerina-Benevento. Mica male come “Monday Night”.