San Siro, Tunisia |
domenica 30 gennaio 2011
Peggio che in Tunisia
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martedì 25 gennaio 2011
Literaria: "La prima guerra del football". Partite di pallone e governi militari.
All’imbrunire un aereo sorvolò la città e sganciò una bomba. Il boato fu sentito ovunque. Le alture vicine ripeterono il fragore del metallo squarciato, per cui molti dissero che si era trattato di una serie di bombe: la città fu invasa dal panico. La gente si dava alla fuga, i commercianti chiudevano bottega, auto abbandonate ingombravano le strade. Una donna corse sul marciapiede gridando «Figlio mio, figlio mio! ». Poi tacque e fu il silenzio, un silenzio di morte. Dopo un attimo la luce andò via e tutta Tegucigalpa sprofondò nelle tenebre.
Nulla sembrava perduto per la rappresentativa di El Salvador, che poteva ancora contare sulla gara di ritorno per portare la sfida allo spareggio. Successe però che in Salvador una ragazza di nome Amelia Bolanos si sparò un colpo al cuore per aver visto perdere in televisione la nazionale del suo Paese. Il governo ed i media cavalcarono l’episodio. Dopo due giorni vennero celebrati i funerali di Stato, con diretta nazionale ed alte cariche dello Stato in coda alla bara della ragazza. La tensione per la partita di ritorno, nel frattempo, salì a dismisura. Il 14 giugno la nazionale honduregna arrivò a San Salvador per la partita di ritorno. I tifosi locali restituirono il favore dei metalli e dei tamburi e il governo, da par suo, rincarò la dose. L'Estadio De La Flor Blanca - che oggi prende il nome di Jorge "Màgico" González - il giorno dopo era militarizzato. In un clima surreale la nazionale di El Salvador si prese quello che riteneva gli spettasse. Vinse 3 a zero, con doppietta del centrattacco Martinez e gol del compagno di reparto Acevedo, rispedendo a casa tramortiti gli undici dell’Honduras.
Dopo aver letto questi fatti sul giornale, Luis disse che sarebbe scoppiata la guerra: A suo tempo era stato un bravo corrispondente, sapeva di che cosa si parlava. «In America Latina» disse «il confine tra football e politica è molto sottile e lunga è la lista di governi caduti o rovesciati dall’esercito per una sconfitta della nazionale»
E, infatti, la guerra scoppiò. Pochi giorni dopo la vittoria di El Salvador nello spareggio all’Estadio Azteca di Città del Messico (3 a 2, ancora Martinez per i salvadoregni, ancora doppietta. Gomez e Cardona a rispondere per l’Honduras. Infine, il gol decisivo ai supplementari di Rodriguez che valse lo spareggio decisivo per il Mondiale con Haiti). Durò qualche giorno, poco meno di una settimana. Fu combattuta con i fucili utilizzati dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale (i Mauser) e le vittime furono circa seimila. I problemi che la guerra risolse furono pochi. Di certo, durò quelle cento ore perchè non economicamente sostenibile e, soprattuttto, al di fuori di qualsiasi strategia da parte di entrambi i Paesi. Forse una concausa, un pretesto, un mezzo. Forse mera coincidenza. O forse aveva ragione Luis nel definire con un velo la distanza tra pallone e governi militari.
* * *
Ryszard Kapucinski è nato a Pinsk, quando ancora era territorio polacco. Ha studiato a Varsavia e per una vita ha lavorato come corrispondente dal Terzo Mondo per la Polska Agencja Prasowa (Polish Agency Press). Tra i suoi libri, anche Ebano, che include diverse corrispondenze dall’Africa e Shah-in-Shah, splendida analisi dell'anima delle rivoluzioni.
Per la maggior parte delle persone che vi abitano il mondo reale finisce sulla soglia di casa, al limite del villaggio, tutt'al più al confine della vallata. Il mondo che sta oltre è irreale, insignificante e addirittura inutile, mentre quello che hanno sottomano e sotto gli occhi assurge alle dimensioni di un grande cosmo oscurante tutto il resto.
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domenica 23 gennaio 2011
Jorge Valdano, l'ultimo dandy
es hora de recapitular |
Da quante estati, nelle rotonde sul mare e ai Circoli, non si ritrovano più quei "panzoncelli scherzosi" che si chiamavano spesso Pupetto o Bebuzzo. Ammicavano, in mutandine, con un'oralità molto gestuale. Erano gli ultimi a dire cordialmente: pisquano, bisboccia, picchiatello, gagarella, minzione, il lunaria, lo gnorri, ricere. E alle americane, a Capri: "Visto che bel tramonto vi abbiamo preparato?"Jorge, da quanto tempo non si vedono quei tramonti sul paseo della Castellana, all'altezza di plaza Castilla? Da quanto tempo le americane preferiscono la calda sabbia finta della Barceloneta all'oliva fredda del Martini servito nella terraza del Bernabeu? Da quanto tempo non si ritrovano più i Pupetti e i Bebuzzi, ma anche i Menotti e i Soriano, i Fontanarrosa e i Di Stefano?
Nel suo deludente articolo (anche uno sconosciuto blogger messicano sarebbe riuscito a fare meglio), Kuper si limita a tratteggiare, tra le righe e sotto traccia, un improbabile paragone proprio tra Di Stefano e Valdano, i due argentini più madridisti della storia del Madrid. Coloro che più incarnano il vero spirito vincente di quella squadra che, prima dell'arrivo di Valdano, aveva vinto "solo in bianco e nero" (le cinque coppe campioni degli anni cinquanta targate, appunto, Di Stefano). Si capisce chiaramente che Valdano ingoia amaramente la pillola Mourinho, perchè la sua idea di calcio la mette in pratica il nemico Guardiola, quando riferisce che a Madrid prima viene il risultato e poi il gioco, mentre a Barcellona succede il contrario. Che è insoddisfatto di questa squadra in cui quando si perde nessuno mostra gli occhi di brace, e la passione per il trionfo è stata soppiantata da un ampio ventaglio di passioni molto più prosaiche. Che la sensazione inesorabile del tempo che passa fa più paura del gol sbagliato dall'attaccante (per il secondo si può sempre rimediare nella finestra invernale del calciomercato, per il primo invece non c'è niente da fare). Che il calcio è cambiato, perchè prima un direttore sportivo aveva un rapporto diretto con il giocatore, e adesso invece fa fatica a districarsi nella pletora di agenti, procuratori, padri, cugini, fidanzate, pr, avvocati che gli girano intorno. Che la società dello spettacolo nasconde il paradossale segreto di occuparsi senza soluzione di continuità di un personaggio (Mourinho, Raul, Valdano stesso) senza arrivare neanche lontanamente a conoscerlo davvero.
Rimane la consolazione di una frase: quando poco tempo fa un giornalista appoggiò due registratori di fronte a lui prima di un'intervista, Valdano commentò: "Ah! Il primo è per registrare le mie parole, il secondo per registrare i miei pensieri". La prossima volta che passeggio di notte per Madrid devo ricordarmi di portarmi tre registratori, uno anche per i sogni. Non sia mai incontrassi Jorge Valdano.
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venerdì 21 gennaio 2011
Feed the goat!
sabato 15 gennaio 2011
Derby Day
venerdì 14 gennaio 2011
Usi alternativi di un album Panini
Album figurine Panini |
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mercoledì 12 gennaio 2011
Il girone dei rimpianti
(Anche la "Lega Pro" vuole il suo pallone)
Mario Macalli è una sorta di Don Rodrigo del calcio. Un signorotto lumbard con il suo piccolo feudo, la Serie C, al quale ha cambiato nome (“Lega Italiana Calcio Professionistico”, per tutti “Lega Pro”) e si prepara a modificare radicalmente (in pochi anni si dovrebbe ritornare alla C com'era negli anni '60: una sola categoria e tre gironi). Personalmente lo ringrazio per aver negato a me e a tanti tifosi della Salernitana il girone B, visti i “gravi pericoli di ordine pubblico che potevano intercorrere nel mettere tutte assieme le società campane”. Non parliamo dei granata, ci sarà il tempo, e neanche di ordine pubblico: addentriamoci invece in un girone che sembrava monco alla vigilia ed invece si sta rivelando appassionante e ricco di storie.
Partiamo dalle tre toscane, esiliate dal ragioniere nel centro-sud: Lucchese, Pisa e Viareggio. I primi due nomi sicuramente rievocano storie di calcio più note, mentre la formazione bianco-nera ci concede un accostamento solamente grazie al famoso Torneo. Il blasone tuttavia un basta ed infatti è proprio il Viareggio a trovarsi con la classifica migliore. In riva agli ombrelloni della Versilia si offre un buon modello di calcio: in panchina Giuseppe Scienza, allenatore-rivelazione l'anno scorso a Legnano; in campo tanti giovani di belle speranze che in passato lo stadio “Dei Pini” l'avevano calcato con le rispettive squadre Primavera. Togliendo Marolda, il bomber della squadra, e Fiale, leader di una delle retroguardie meno battute del torneo, la media-età della rosa non supera i 23 anni. Le due vicine più famose non se la passano bene: figlie di recenti fallimenti si sono affidate, forse con troppa sufficienza, alle stesse rose che la stagione passata avevano trionfato in C2 (Lucchese) e D (Pisa). I rossoneri, tornati con la pantera ed il nome “Libertas”, restano aggrappati alla salvezza grazie ai gol di Marotta (9 sui 21 della squadra) ed il cambio in panchina non ha sortito grandi effetti. Sotto la torre pendente invece un altro bomber, il sempreverde Marco Carparelli, non basta. Anche qui ha pagato l'allenatore, cacciato Stefano Cuoghi, ma pochi i benefici. Eppure c'è un toscano che sorride: Piero Braglia, un altro che la terza serie la conosce bene. La sua Juve Stabia gravita in zona play-off, ufficialmente pensa a salvarsi ma potrebbe coltivare ben altre ambizioni. Accanto alle vespe in classifica c'è un'altra piccola grande storia: il Lanciano, anzi, la Virtus Lanciano. Prima di capire bisogna partire dalla storia d'amore tra un calciatore e la sua presidentessa, non siamo ai livelli di Speroni e della signora Borlotti (perdonatemi la citazione). In primis Manuel Turchi e Valentina Maio sono felicemente sposati, in secundis fanno benissimo il loro compito: Turchi è un onesto attaccante, Valentina Maio invece mette i soldi e non li butta come fanno molti altri suoi colleghi. Il Lanciano è un'accozzaglia di gente che ha fatto il giro d'Italia e s'è ritrovata in Abruzzo agli ordini di Camplone e di un gioco apparentemente facile: squadra corta, ripartenze e grande solidità difensiva. Risultati? Quarto posto e seconda miglior difesa, togliendo il 5-3 al Foggia del Maestro solamente 13 gol fatti ed 12 subiti.
Tutto qui? Fosse così facile non dovrei lamentarmi, in fondo giocare contro Alessandria, Pavia e Bassano non è così male. Il girone B è soprattutto tante vecchie rivalità: è giusto partire rendendo l'onore delle armi alla Nocerina, padrona assoluta di questa prima parte di campionato. Il progetto allestito in estate da Citarella era di quelli parecchio ambiziosi, si era parlato perfino del ritorno di Siviglia nella sua Nocera. I risultati gli stanno dando ragione: i molossi volano grazie all'assetto offensivo di Auteri, un 3-4-3 dove il tridente Catania-Castaldo-Negro recita il ruolo principale (22 gol su 31) in una squadra che senza nomi di grido gioca un ottimo calcio. Lasciando un attimo da parte il Foggia passo dal rosso-nero al rosso-blu, buttandomi sulle due grandi incognite di questo campionato: Taranto e Cosenza. Due squadre che per investimenti economici e desideri del pubblico potrebbero essere in altri punti della classifica, forse in altre categorie. Il blasone, tuttavia, non basta: il Cosenza, assorbito il trauma del fallimento del 2003, centrò due promozioni consecutive (2007-2008 in D, 2008-2009 in C2) ammazzando i campionati. Si sperava che anche la C1 scivolasse via così e l'arrivo di Stefano Fiore sembrava la miglior garanzia. Sia chiaro, l'ex-centrocampista di Lazio e Parma sta offrendo scampoli di buon calcio al “San Vito” ma predica nel deserto di un ambiente troppo effervescente, di una rosa con nomi importanti ma mai coagulati in un preciso ordine tattico, di una società con le idee spesso confuse. Il Taranto bazzica la terza lettera dell'alfabeto da più di dieci anni, passando tra grandi sogni e problemi economici fallendo sempre l'assalto alla B (ben due finali play-off perse!). Non sono mai mancati gli imprenditori disposti a mettere soldi: è sempre mancato un progetto a lungo termine, quello che ti consenta di fare 31. Con una rosa forte prima o poi fai 30 ma per festeggiare serve qualcosa che finora non si è mai visto sul prato dello stadio “Erasmo Iacovone”. Resta da parlare della Cavese, lasciata al suo destino dalla coppia Della Monica-Fariello e salvata a Luglio dalla piazza. Salvataggio con un handicap di 6 punti, nonostante questo gli aquilotti possono salvarsi ed hanno tre buone ragioni: la tenacia di un città che calcisticamente non vuole morire, l'organico che non è da buttare e Camillo Ciano. Già 10 gol per lo scugnizzo terribile del vivaio del Napoli mandato in C a maturare insieme a Lorenzo Insigne, quest'ultimo autore di 8 reti nel Foggia.
Concludiamo questa carrellata scendendo in Sicilia, con due storie molto diverse. Siracusa e Gela stanno vivendo due campionati speculari: quando una va bene, l'altra stenta. Gli aretusei, guidati in panchina da Ugolotti, stanno vivendo un momento magico. Anche qui squadra costruita con pochi soldi e giusto quei due-tre nomi esperti dove serve ma i risultati stanno premiando la società: play-off ad un passo e la soddisfazione di essere l'unica formazione ad aver battuto la Nocerina. Il Gela invece aveva ben impressionato nella prima parte di campionato, arrivando anche alle soglie dei primi posti, poi il crollo: dalla 10a giornata un solo successo, contro il Pisa. Possibile che Nicola Provenza subisca l'influenza negativa della sua città? Da salernitano è anche possibile.
E' un campionato così bello che non è possibile parlare di tutti, ho dovuto tralasciare qualche formazione interessante nei suoi sviluppi recenti ma confesso d'averne tenuta una apposta da parte: l'Atletico Roma. Qualcosa di totalmente distante dalla mia idea del calcio, un po' stramba e un po' fissata con la provincia italiana. Mi auguro che l'usurpatrice della Lodigiani (non ha alcun diritto per appropriarsi di una magnifica storia di calcio) non vada in B. Arrivare dalla C2, comprare a destra e manca sognando pure in grande ma senza tifosi e senza storia, neppure una vita passata tra i dilettanti e la terra battuta. Direttamente la C ed il Flaminio. Quale futuro può avere una squadra senza anni e anni di passione alle spalle? Nessuno, in un calcio dove i tifosi e le rivalità sono un valore, dove l'avversario più difficile è una curva che ti riempie di fischi appena tocchi palla. E' più bello affrontare una squadra che gioca in dodici.
P.S. Lunedì sera, al “San Francesco”, Nocerina-Benevento. Mica male come “Monday Night”.
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lunedì 10 gennaio 2011
Palloni d'oro
l'eleganza prima della caduta del muro |
venerdì 7 gennaio 2011
Breve inno al Televideo
maledette pagine che non si aggiornano mai... |
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