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domenica 24 gennaio 2010

Mezzo uomo mezzo bisonte: Dario Hübner (parte II)

Dunque, si diceva, Piacenza. Sempre in Serie A, ma rigorosamente sempre in provincia, e mai troppo lontano dall’amata Crema. Il primo anno in biancorosso è la sua consacrazione definitiva. A 36 anni suonati si può togliere la soddisfazione di mettere a segno 24 gol in 33 presenze ed ottenere il titolo di capocannoniere di Serie A (dopo quelli di C1 e di B). Tatanka. Grande capo cannoniere. Personaggio mitico e mitologico: raggiunta la notorietà, su di lui si moltiplicano le leggendine metropolitane. Hübner ha aperto un bar a Crema. Hübner corre e segna come un assatanato ma fuma 15 sigarette al giorno e beve grappa come un alpino. Risale a quest’epoca l’episodio della Domenica Sportiva di cui sopra. Si inizia a parlare di Nazionale. Ebbene, il Trap non gli fa giocare nemmeno un’amichevole in azzurro, ma nell’estate dei Mondiali 2002 sui giornali continua a tener banco un suo possibile trasferimento a una grande: alla Juve, dove dovrebbe fare l’Altafini (entrare negli ultimi 10 minuti e risolvere le partite); o forse al Milan (con i rossoneri in effetti farà un tour estivo negli USA). Ma a lui non interessa andare a fare la riserva strapagata sulle panchine dorate della Serie A: a che serve guadagnare tutti quei soldi per giocare così poco? No, e poi nemmeno vivere in una grande città è da lui. Così, mentre per tutta l’estate 2002 si parla di Byron Moreno, lui fa la cosa più sensata della terra: rimanere a Piacenza. La stagione successiva in biancorosso non ripeterà l’exploit dell’anno prima, ma 14 centri, tra pallonetti mal riusciti e gollacci in mischia, riesce pur sempre a metterli insieme.

Intanto, i 37 anni e le troppe sigarette si iniziano un po’ a far sentire. Nell’estate 2003 finisce l’avventura a Piacenza e ritorna nelle Marche. Si trasferisce al disastroso Ancona neopromosso di Pieroni, quello di Hedman, Bilica e Jardel, per intenderci. La squadra è inguardabile, lui appare sempre più brizzolato e lento, ma le movenze da Tatanka ci sono ancora. Concluderà la parentesi ad Ancona presto, con molte delusioni e, per la prima volta, nessun gol. A gennaio 2004 lascia per la terza volta il mare e va a giocare in quel Perugia che vince l’Intertoto e arriva ai sedicesimi di finale di Coppa UEFA ma che retrocederà a fine stagione. Da gennaio a giugno mette a segno 3 gol, partendo però spesso dalla panchina. La mesta fine per un grande campione? Nient’affatto. Il nostro è ben lungi da un ritiro. Anzi, decide che forse, invece che rimanere in Serie A a fare la controfigura invecchiata del sé stesso di qualche anno prima, sia il caso di ritrovare i campacci delle serie minori. Possibilmente vicino a Crema. Così, nel 2004/05 è il centravanti del Mantova che a fine stagione ritornerà dopo anni in Serie B, con 7 gol all’attivo. E ancora, l’anno dopo è prima al Chiari, società di Serie D della provincia di Brescia nella quale gioca suo cognato, dove mette a segno 9 gol fino a novembre 2005, diventando uno dei pochissimi ad aver segnato in tutte le categorie dalla A alla D; poi, nel novembre 2005, viene ingaggiato dal Rodengo Saiano, altra squadra della provincia bresciana, sempre di Serie D, nel cui girone ci sono il Boca San Lazzaro (hinterland di Bologna) e il Cervia di Campioni il sogno. Ricordo due cose di quel periodo: che non mi perdonai di non essere andato a vedere Boca San Lazzaro-Rodengo Saiano, con Darione che nuovamente calcava un campo da calcio a pochi minuti di motorino da casa mia; e che il Rodengo Saiano ridicolizzò in diretta su Italia 1 quei fighetti del Cervia allo Stadio dei Pini. A fine stagione, il Bisonte totalizza altri 9 gol. Ormai ci ha preso gusto. Non vuole smettere. Il gol è come le sigarette, un vizio difficile da togliersi. Me lo immagino con la moglie che si lamenta delle sue assenze familiari domenicali: “Un’altra stagione. Solo una, dài. Poi smetto.” Stagione 2006/07, tra i tesserati dell’Orsa Corte Franca Iseo, squadra di Eccellenza, manco a dirlo, della provincia di Brescia, c’è pure lui, più brizzolato e in forma che mai. Solo che, a differenza degli altri tesserati, pare che lui abbia un contratto praticamente da professionista, con stipendio fisso e quant’altro. La Lega Nazionale Dilettanti vigila, e se ne accorge. Il nostro si difende dicendo che non è un vero e proprio stipendio, sono rimborsi spese per recarsi agli allenamenti. Ovviamente non ci crede neanche lui a quello che dice, lo sa bene, da vecchio bisonte, che la squalifica è dietro l’angolo. Saranno 6 mesi quelli che dovrà passare lontano dai campi. Una vacanza inaspettata per dedicarsi al bar, alla briscola, alle gite la domenica con la moglie. Ogni persona sensata penserà che 6 mesi di squalifica alla bella età di 40 anni equivalgano alla fine di una carriera. Macché. La moglie è disperata quando capisce che lui continuerà ad allenarsi comunque, e continuerà a giocare. Ritoccati i bonus-partita/allenamento, rientra e continua in Eccellenza, sempre nell’Orsa Corte Franca. Dal 2006/07 al 2008/09, squalifica compresa, mette a segno altri 48 centri. E poi, incredibile ma vero, scende ancora di categoria in quest’ultima stagione. Gioca in Prima categoria al Castelmella, sempre vicino Brescia. 43 anni e non sentirli.

Un giorno che non avrò niente da fare, prenderò la macchina. Dovrà essere un giorno sereno, in primavera, uno di quei giorni che non ti pesa guidare, anzi ti piace veder scorrere la campagna circostante che diventa verde e farti scaldare dal primo vero sole dell’anno. Prenderò la A1, uscirò a Piacenza, arriverò a Crema e cercherò il bar Tatanka. Dario Hübner, il titolare del locale, sarà lì a giocare a briscola con gli amici. Ordinerò una grappa, e sicuramente se ne verserà un bicchierino anche per sé; mi fumerò una sigaretta, e sicuramente se ne accenderà una anche lui. Quando starò per chiedergli se si ricorda della Serie A, di tutti quei gol, degli stadi pieni, e se non abbia davvero il rimpianto di non aver mai giocato in una grande squadra, o in Nazionale, mi fermerò. Capirò da uno sguardo, senza far domande, che lui è davvero felice così.