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mercoledì 4 febbraio 2015

In principio era un logo

Vidi infiniti processi che formavano una sola felicità e, comprendendo ormai tutto, potei anche capire la scrittura della tigre.


Molto onorati scrittori di Lacrime di Borghetti, cari lettori di Lacrime di Borghetti,
      io mi chiamo Bergenlöwe, Klaus Bergenlöwe, nato a Erlangen in Franconia, e sono un pensionato tedesco. Se voi, io voglio dire, se qualcuno di voi scrittori o lettori si domanda perché io ho inviato questa lettera a voi di Lacrime di Borghetti (agli scrittori, io voglio dire, non certo ai lettori i quali effettivamente non scrivono e non sono, io voglio dire, Lacrime di Borghetti nel senso più stretto del concetto). Mist. Ora io devo ricominciare perché ho perduto il senso della frase. Se qualcuno si domanda, ecco, perché io ho inviato questa lettera, io rispondo che è un dovere per me. Io voglio dire, non è un dovere nel senso più stretto del concetto; ma voi scrittori di Lacrime di Borghetti avete fatto una domanda, o così splende a me, e io forse possiedo la risposta. Dunque è un dovere, mi pare, scrivere a voi.

Io non sono molto interessato per il calcio. Sono ancora un po', io voglio dire, interessato, ma specialmente perché io ho lavorato tanti anni con aziende di calcio. Io conosco il calcio specialmente come concetto sociale ed economico; come sport io conosco poco, ma credo che è più interessante il calcio come concetto sociale ed economico piuttosto che come sport. Come sport io tifo per il Borussia Mönchengladbach, perché io sono stato giovane negli anni Settanta.

Na gut. Io non leggo Lacrime di Borghetti; effettivamente io non leggo molto di calcio. Specialmente io non leggo di calcio italiano e, parlando in generale, io non leggo l'italiano. Una settimana fa, tuttavia, l'ingegner Drockfült mi ha chiamato; l'ingegner Drockfült è stato mio collega alla ditta Puma, negli anni Settanta e nei decenni successivi. Ora l'ingegner Drockfült, che è pensionato come me, vive in Italia, a Ravenna; lui è restato interessato per il calcio e legge di calcio, anche i blog di calcio. Lui legge anche i blog italiani di calcio. Lui ha tradotto questa lettera, che io ho scritto in tedesco.


Quando lui mi ha chiamato, l'ingegner Drockfült mi ha detto: "Io ho letto in un blog di calcio italiano - Lacrime di Borghetti... No... Dopo io te lo sillabo, ma non ha importanza... - ho letto che qualcuno ha notato il puma rovesciato. Tu ricordi il puma rovesciato?".

Ganz klar, cari scrittori e lettori di Lacrime di Borghetti, che io ricordo il puma rovesciato. Io ho inventato il puma rovesciato! Io ho inventato il puma rovesciato negli anni Settanta. Negli anni Settanta c'era, io voglio dire, un pochino di rivoluzione; ma in generale essa non c'era più. C'era un pochino di violenza, questo c'era effettivamente, ma la violenza non è sempre rivoluzione. Comunque c'era già, io voglio dire, un ambiente che diceva che i marchi vanno bene. I marchi avevano già vinto. Na ja, io voglio dire, i marchi nel senso: il marchio di un'azienda, non i marchi tedeschi. Il marchio della Puma, nel caso specifico, cioè il puma diritto. Ma siccome c'era un pochino di rivoluzione, alcune cose un pochino rivoluzionarie succedevano. Per esempio il Bruges è arrivato nel 1978 in finale di Coppa dei Campioni: questo è stato, molto onorati scrittori e cari lettori, un pochino rivoluzionario. Avessero essi vinto, sarebbe stato ciò molto rivoluzionario; in questa maniera, effettivamente, un pochino. In onore di questa piccola rivoluzione, io ho inventato il puma rovesciato. Io lavoravo all'epoca, come voi avete forse già capito, alla ditta Puma. Io ho inventato il puma rovesciato insieme all'ingegner Drockfült. All'inizio questa era una maniera per ridere fra colleghi e fra giovani, come eravamo noi. Una maniera, effettivamente, non molto sottile.

Puma rovesciato sembra un esempio di umorismo tedesco. Forse esso è un esempio di quell'umorismo, io voglio dire, abbastanza rozzo, l'umorismo che piace nelle birrerie, alle persone che hanno già bevuto diverse birre. Essi vogliono ridere, ma non vogliono pensare; non, io voglio dire, in una maniera fina... Il popolo tedesco ha molti pregi, ma il suo umorismo non è effettivamente un pregio del popolo tedesco. Però attenzione: il puma rovesciato è anche un esempio di filosofia tedesca; se voi pensate che il puma rovesciato è un marchio, dunque esso è la cosa più diritta del mondo, almeno del mondo capitalista, e insieme esso è anche una mutazione di un marchio in senso alternativo, però esso resta un marchio!, voi vedete dunque, io voglio dire, che il puma rovesciato è un esempio del pensiero filosofico tedesco. Il pensiero filosofico tedesco è molto fino ed esso è un pregio del popolo tedesco.

Effettivamente tutti, alla ditta Puma, hanno apprezzato il puma rovesciato. I capi hanno detto: "Diamo il puma rovesciato anche ad altre squadre! Però non a squadre molto forti, grandi, famose: diamo il puma rovesciato specialmente a squadre - wie sagt man? -  un pochino alternative". Così la Puma ha dato il puma rovesciato al Bruges, al Fortuna Düsseldorf, alla Stella Rossa di Belgrado, alla squadra nazionale del Kuwait: nel 1982 la squadra nazionale del Kuwait è arrivata ai Mondiali! Ma lo sceicco del Kuwait ha fatto tutta una scena, effettivamente una scena molto eccessiva, durante una partita dei Mondiali... Quello è stato effettivamente un esempio di umorismo tedesco. Nelle birrerie la gente ha riso molto, io credo, per quella scena; io non so questo con sicurezza perché non ero in una birreria. Ero in Italia con l'ingegner Drockfült, siamo andati là perché a lui l'Italia piace... Siamo andati a Ravenna. Abbiamo fatto una vacanza lunga e bella, come sempre in quegli anni, perché abbiamo avuto un aumento di stipendio per il puma rovesciato.



Numerosi anni sono passati. Io non ho pensato più molto al puma rovesciato: ormai esso c'era, sempre sulle maglie delle squadre alternative, ma ormai il puma rovesciato funzionava da sé, anno dopo anno. Nessuno pensava più a lui; nessuno pensava, io voglio dire, a raddrizzarlo. Poi un giorno la Stella Rossa di Belgrado, una di quelle squadra alternative che noi avevamo scelto per il puma rovesciato, ha vinto la Coppa dei Campioni. Questo è, effettivamente, strano; oltretutto la Stella Rossa di Belgrado gioca e vince quella finale di Coppa dei Campioni allo stadio San Nicola di Bari. Anche questo, effettivamente, è strano, anche se Drockfült, che vive in Italia, dice che non lo è. In ciascun caso, Drockfült e io abbiamo avuto un altro aumento; i ragazzi del marketing ci hanno detto che una vittoria alternativa era perfetta per il nostro, appunto, marketing. In più, come detto, noi abbiamo inventato il puma rovesciato e noi, di conseguenza, abbiamo un pochino vinto la Coppa dei Campioni.

Questo è successo a maggio. D'estate Drockfült è sceso in Italia, come sempre, mentre io sono rimasto in Franconia. Un giorno io sono tornato tardi a casa - ero stato a Norimberga a vedere la casa di Dürer e poi a bere una birretta in un giardino - e il telefono squillava. Drockfült mi chiamava dall'Italia, da Ravenna.

- Hai visto il telegiornale?, mi ha chiesto.
- No, io ero a Norimberga.
- E hai letto i giornali questi giorni?
- No, sono in vacanza.
- Hai visto che succede in Jugoslavia?

Io non avevo visto, per farla breve; Drockfült allora mi ha spiegato tutto. E poi mi ha chiesto, questo effettivamente è strano, se noi non avessimo fatto del casino con il puma rovesciato. Se noi non avessimo creato un pochino di problemi nel mondo con quel rovesciamento che non doveva esserci; non una rivoluzione, non proprio, ma di sicuro della violenza. In pratica, secondo Drockfült, noi avevamo girato in qualche modo il mondo, girando il puma, e quello che avevamo regalato alla Jugoslavia con quella Coppa dei Campioni loro lo stavano scontando con un pochino di violenza, effettivamente più di un pochino, che non doveva esserci.

Drockfült, secondo me, leggeva troppi libri strani, specialmente quando lui era a Ravenna. Io, effettivamente, non potevo credere a quei ragionamenti e neanche capirli del tutto; però quella notte ho dormito male.

Il giorno dopo io ho chiesto ai ragazzi dell'amministrazione se potevano fare una ricerca geopolitica sul puma rovesciato e sulla possibilità della teoria di Drockfült. Loro ci hanno lavorato due settimane e poi mi hanno detto che il puma rovesciato non c'entrava nulla; ma comunque i ragazzi dell'ufficio legale hanno detto che era meglio non rischiare e hanno cancellato il programma del puma rovesciato, prima che qualcuno si accorgesse degli eventi dell'estate 1991 e ci facesse causa, a noi ditta Puma, o scrivesse un libro un pochino complottista per darci la colpa di quanto successo. Così io e Drockfült abbiamo avuto un altro aumento. Anzi, Drockfült voleva rifiutarlo, però io non so se alla fine lo ha rifiutato davvero.

Sono andato in pensione qualche anno dopo quella faccenda; Drockfült mi ha preceduto. Come detto, lui si è trasferito in Italia. Io sono andato a trovarlo a Ravenna, un giorno; lui mi ha portato al mare, in un ristorante un pochino buio, con le pareti di legno, ma effettivamente buono, e abbiamo mangiato pesce guardando l'Adriatico. A fine pasto, io gli ho chiesto se si ricordava del puma rovesciato e se davvero credeva che quel ricamo e due o tre guerre civili erano, in qualche strano modo, collegate. Lui mi ha risposto che non c'è nessun collegamento, effettivamente, ma che comunque quelle due storie - il puma rovesciato e la nazione ribaltata - sono forse una sola storia. Il diritto e il rovescio di questo puma sono, per Dio, uguali; mi ha detto così, guardando il mare, e io non ho capito.

Da quando è a Ravenna Drockfült legge troppo e parla strano.


mercoledì 28 dicembre 2011

Punto B

[Agli ordini del Maestro]
Quest'anno è facile occuparsi di B: dovunque va Zemàn i giornalisti lo seguono augurandosi altri “j'accuse” al calcio di oggi. Dovendosi occupare, teoricamente, di calcio tocca loro seguire il Pescara e conoscere, a grandi linee, le avversarie. Sembra scontato da dire ma stavolta la cadetteria sta recuperando interesse e un pizzico di qualità dopo anni di crollo verticale. Il merito non è solo del boemo, sia chiaro, ma di una Serie C che negli anni ha ridotto il gap tecnico ed economico. Un campionato dove l'equilibrio può essere rotto da due fattori: la panchina e la psicologia. Un po' tutte le formazioni sono coinvolte in tal senso. Sotto il primo aspetto emblematico è il caso del Torino. Urbano Cairo è riuscito nell'unica cosa che gli mancava nella sua presidenza: azzeccare l'allenatore. Il primo posto porta la firma di Ventura, che torna in B dopo il suo meraviglioso Pisa, e dietro di lui una squadra che conta meno sui nomi altisonanti ma sull'entusiasmo della gioventù. Il fattore psicologico ha ben due paradigmi: in positivo la Juve Stabia, in negativo il Brescia. Le vespe potevano pagare l'inesperienza (quasi nessuno conosceva la categoria) e i 4 punti di penalità. Non è andata così: Pierino Braglia ha compattato l'ambiente agli ordini del suo calcio sanguigno. I risultati sono evidenti: i play-off distano due punti. Come l'anno scorso Braglia predica la salvezza ma sappiamo come finì lo scorso Giugno. A Brescia è accaduto di tutto e non è finita: Beppe Scienza, ad inizio stagione paragonato a Guardiola, è stato esonerato quando ormai non era possibile fare altro. Il buco nero mentale in cui si era infilata la squadra poteva essere risolto solo così, nonostante Zambelli e compagni seguissero alla lettera i dettami dell'allenatore. Resta la grave crisi societaria ed un pubblico che invoca il ritorno dei miti di ieri: Hagi, Hübner e Baggio.

Torniamo un momento all'incipit, al Maestro. Il suo Pescara, nello spettacolo della B, non è l'unico nome di grido. Ci sono due prim'attori: l'altro è la Sampdoria. Si sono appena affrontati e la differenza è evidente, più dei 10 punti in graduatoria. Gli abruzzesi, nonostante il calo di condizione, sono lassù. Con il solito 4-3-3, vecchio di 20 anni e avanti di 20 anni. La Sampdoria non esiste: manca di gioco, di mentalità, di testa. Non è bastato un girone intero (all'epifania la B celebrerà il giro di boa) per calarsi nella categoria. In un mondo dove tutti faticano a sopravvivere devi avere più fame degli altri per salvarti. Da chi dovrebbe imparare? Dall'Hellas. Mandorlini non predica un bel gioco e l'organico non è neanche così forte ma intanto è secondo: con merito, con il carattere. Lì vicino, tra Verona e Pescara (il match di ritorno, tra poche settimane, sarà tutto da vedere) c'è il Sassuolo che quest'anno sta uscendo bene dalla mezza rivoluzione: ha ripulito una rosa, apparentemente senza più stimoli, e le ha donato linfa nuova con gente come Sansone e Boakye. Sistemati i giocatori in panchina c'è Fulvio Pea, il figlio perfetto di Mou, e non parliamo del José versione “blancos” ma quello sparagnino e ultra-difensivo (solo 14 gol subiti): ben 6 delle 10 vittorie dei nero-verdi sono state raggiunte con un misero 1-0.

Lasciando da parte Padova e Reggina, che occupano gli ultimi due posti play-off, scendiamo verso il centro classifica (fascia da 28 a 24 punti) dove stazionano anche Varese e Bari. I biancorossi lumbard in estate avevano rinunciato, in un colpo solo, a Sannino e alla prima scelta per la successione, il neo-esonerato Mangia, puntando su Benny Carbone. L'anno scorso non aveva sfigurato a Pavia ma è stato un salto troppo alto (lo stesso che ha pagato Pecchia a Gubbio). Qualcosa di buono c'era ma il gioco non valeva la candela. Inevitabile l'esonero: al suo posto è arrivato Maran, un ottimo allenatore. E' già da molti anni che bazzica la categoria e, dovunque è andato, ha sempre fatto bene. Ha la qualità, ha la gavetta. Potrebbe essere il trampolino di lancio per la Serie A? Me lo auguro, visto che anche qualcuno dei suoi giocatori lo meriterebbe (su tutti Neto Pereira). A Bari trema un po' tutto: la società, ad un passo dal fallimento (di questi giorni è il fallimento dell'ennesima trattativa per la cessione da parte dei Matarrese), Torrente, che non ha mai convinto la piazza, e i giocatori, tanti i nomi illustri ma ben poca è la personalità. Una mediocrità a tutti i livelli che non può durare. Si salvano i giovani Crescenzi e Stoian (scuola Roma), Bellomo e Lamanna (che hanno seguito Torrente da Gubbio), l'eterna promessa Forestieri e Donati, l'unico della rosa che ha saputo accettare la B. La zona retrocessione sarà tutta da vivere: potenzialmente tutte possono, per un motivo o per un altro, uscire fuori dalle sabbie mobili ed altre squadre appena sopra potrebbero annaspare sul fondo. Un magma dove l'Ascoli è rientrato di gran carriera. I marchigiani partivano con un'impresa impossibile: salvarsi nonostante i 10 punti di penalità. Fabrizio Castori è uno tenace, un guerriero, e voleva tentare la seconda impresa. Stava andando bene ma sul più bello c'è stato il calo. L'arrivo di Silva, un ritorno il suo, serviva a dare una seconda scossa che è puntualmente arrivata, aiutati anche dalla riduzione dell'handicap da 10 a 7 punti. La zona salvezza dista solo 6 punti: il secondo campionato dei bianconeri può ufficialmente iniziare. Nelle zone basse bazzicano anche Livorno e Nocerina. Il Natale non sorride a Novellino, visto che perde il posto, ma Spinelli lo avrebbe potuto cacciare molto prima visto che l'ex-tecnico di Venezia e Sampdoria non aveva mai convinto. La squadra amaranto vive molti problemi, a cominciare dalla questione Paulinho. Sul capocannoniere della Lega Pro dello scorso anno, a Sorrento, si puntava moltissimo ma finora ha deluso parecchio. I 24 gol dello scorso anno sono lontani e l'attacco resta sterile (19 gol fatti, peggio solo il Gubbio). La Nocerina invece ha il problema opposto: segna tantissimo ma la difesa è un colabrodo, con 36 gol subiti. Auteri non è mai stato in discussione ma deve invertire la tendenza, soprattutto in casa (6 sconfitte in 10 gare al “San Francesco”). Il gioco c'è, l'ambiente è compatto, con qualche innesto la salvezza è alla portata. Senza sarà molto dura, per il resto occhio a Farias perché farà strada.

Parlare di tutti è impossibile (ad esempio non ho citato Foscarini. In un calcio dove gli esoneri sono più numerosi dei disoccupati in Spagna è commuovente sapere che allena, con buoni risultati, il Cittadella dal 2005) ma il tempo e lo spazio sono tiranni. Fortunatamente c'è sempre l'anno prossimo.

[Sto vendicando Ezio Glerean]