(Màgico Gonzàlez con la camiseta del Cadice)
Breve ma necessaria premessa. Durante la più sfortunata delle mie esperienze immobiliari madrilegne, ovvero due terribili mesi trascorsi in un appartamento nobile di Chueca, però gestito da una malata di mente, ho avuto una riprova fisica del celebre modo di dire secondo cui "non tutti i mali vengono per nuocere", o come pensavo all'epoca, che no hay mal que por bien no venga. In quella gabbia di matti, infatti, ho incontrato un grande amico, un personaggio letterario, quasi arbasiniano direi, che per il suo approccio divertente e disincantato alla vita è stato per me -come ha detto Gegenschlag, che l'ha conosciuto- una sorta di fratello maggiore: Fernando Alcibar. Fernando, basco di Getxo ma viveur a Marbella, era tornato temporaneamente a Madrid per curare le sorti della sua creatura editoriale, la chicchissima rivista Joie de Vivre-Oh là là. Grande cultore di musica indie, il calcio è la sua seconda passione, e da tante conversazioni sul tema un giorno ne è uscita la scoperta del secolo: l'esistenza del Màgico Gonzàlez, uno dei più forti calciatori di tutti i tempi. Io, lo ammetto, non l'avevo mai sentito, quindi è giustificato chi in questo momento sta facendo mente locale ma non riesce a tirare fuori dalla propria memoria neanche un'associazione visiva con questo fuoriclasse. Eppure, Màgico Gonzàlez è stato davvero uno dei numeri dieci più talentuosi di sempre, oltre che un personaggio d'altri tempi, il fratello centroamericano di Best, e per questo motivo a Cadice, dove negli anni ottanta ha giocato i suoi migliori anni europei, ne hanno un ricordo pari a quello che i napoletani hanno di Maradona (il mio amico Dani quando me ne parlava era commosso) . Il problema è che era un giocatore con un carattere -diciamo- particolare, come ci ha raccontato il grande Fernando Alcibar in un testo che, con il suo permesso (grazie!), mi fregio dell'onore di poter tradurre. Ma vi avviso: dopo averlo letto, niente sarà più come prima, e le vostre gerarchie di fenomeni del pallone saranno messe a soqquadro. Perchè un calciatore ed un uomo come Màgico Gonzàlez non conosce paragoni.
di Fernando Alcibar
Mágico González è stato uno dei giocatori di calcio più geniali che sia mai esistito. Sarebbe potuto diventare un Maradona o un Cruijff, però il suo rifiuto di svegliarsi la mattina e le sue continue sbronze hanno fatto di lui, e non è poco, niente di più e niente di meno..che un Màgico Gonzàlez. La sua fama internazionale gli arrivò grazie al Mondiale di Spagna del 1982, dove la sua nazionale, El Salvador, perse tutte e tre le partite del girone, una delle quali per 6-0, e solo segnò un gol. Ciò nonostante, Màgico Gonzàlez fu inserito nell'undici ideale del Mondiale. Le sue prestazioni furono così spettacolari che molte squadre europee si mossero per ingaggiarlo. Il Paris Saint Germain, per dirne una, si innamorò del suo gioco e gli fece una succulenta offerta. Il salvadoregno però commentò che era troppa responsabilità, e allora, semplicemente, senza avvisare, non andò all'incontro, dando buca ai dirigenti francesi e alle loro valigette. Anche la Fiorentina, la Sampdoria e l'Atalanta vollero comprarlo, però alla fine, chiaro, finì al Cadice, l'unico posto nel pianeta che avrebbe compreso e perdonato il suo modo di comportarsi. Il club gaditano non ebbe altro rimedio che dedicare un impiegato espressamente a svegliarlo la mattina. Ed erano poche le volte in cui ci riusciva. "Riconosco che non sono un santo, che mi piace la notte e che la voglia di sbronzarmi non me la toglie neanche mia madre. So che sono un irresponsabile e un pessimo professionista, e che probabilmente sto sprecando l'opportunità della mia vita. Lo so, però tengo una tonteria en el coco [ho una scemenza nella testa]: non mi piace considerare il calcio come un lavoro. Se lo facessi, non sarei più io. Io gioco solo per divertirmi". Racconta un suo ex compagno che provò a mettere accanto al cuscino di Màgico le sveglie più rumorose e fastidiose che trovò. Addirittura ne mise una gigantesca con la forma del canarino Titti, però niente, non c'era rimedio, Màgico non si svegliava mai. Una mattina vide la banda musicale che passava per le strade e fece entrare tutti i musicisti nella stanza del genio addormentato per provare a farlo alzare. Finalmente, Màgico si svegliò, pero volle che fosse chiara una cosa: "Che sia chiaro che mi sono alzato perchè mi piace la musica, non perchè dovessi farlo". Quel giorno caldissimo si giocava il Trofeo Carranza, anche detto "Il Trofeo dei Trofei". Si tratta del torneo più importante di Spagna tra quelli che si giocano d'estate, il quale, inoltre, celebrandosi a Cadice, è un avvenimento che paralizza l'intera città. L'incontro con il Barcellona cominciò. Le gradinate bollivano di persone e l'ambiente era favoloso, però nessuno sapeva dove diamine si fosse cacciato Màgico. Il Barcellona segnò un gol. Due. Tre. E Màgico, con una faccia non particolarmente preoccupata, alla fine apparse allo stadio durante l'intervallo. L'allenatore, senza dire una parola nè fare domande (a che pro?), lo schierò immediatamente sul terreno di gioco. Màgico mise a segno due gol e fece altri due assist decisivi, e il Cadice vinse 4-3. Uno dei gol pazzeschi che segnò quella sera può vedersi qui. Qualche anno dopo, il Cadice scese in serie B. Molte squadre si interessarono a Màgico, però lui non si mosse dalla città di Camaròn [il grande cantaor flamenco]. In un'occasione, il Barcellona, su richiesta espressa di Maradona, lo invitò a partecipare ad una tournée estiva negli Stati Uniti. In un hotel americano una notte partì l'allarme anti-incendio e tutti gli ospiti uscirono correndo e in preda al panico dalle loro stanze. Tutti? Non proprio: nella loro stanza rimasero Màgico e la ragazza che gli faceva compagnia nel suo adorato letto. Dopo questo episodio il Barça desistette dall'idea di ingaggiarlo, dandolo per impossibile. Forse già avevano abbastanza pensieri con Maradona per caricarsi pure Màgico, tant'è che questi tornò a giocare in serie B, nel Cadice, dove lasciò i suoi ultimi sprazzi di genio e terminò la carriera, tra le altre cose, per lavorare come tassista. Per alcuni fu un perdente, però per tutti gli altri ciò che fece fu poesia.