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venerdì 23 agosto 2013

Calciomercato: la parola agli esperti! Terza parte: le sorprese e l'epilogo con Tamas

 

Si è detto che questa adolescenza consapevole di sé è altamente patetica, perché mossa innanzitutto dal presupposto che l’età giovanile possa prolungarsi in definitivamente; idea talmente assurda che deve per forza condurre alla psicopatia.

J. Rodolfo Wilcock, Fatti inquietanti
  | LA SORPRESA |

“Le tragedie si replicano come farse” recita un luogo comune classico e quindi, messe alle spalle le polemiche di ieri sull’elezione di Fernando Llorente come possibile bidone (su Kevin Strootman miglior acquisto c’è stato invece un consolante silenzio-assenso), concludiamo oggi il nostro viaggio tra opinionisti, esperti e amici di questo blog alla ricerca di colui che sarà la sorpresa del prossimo campionato, naturalmente sempre tra i giocatori arrivati in questa sessione estiva di mercato (ormai agli sgoccioli, tranne che per Sabatini). Nella ricerca ci guiderà la riportata citazione del più importante scrittore italiano del ventesimo secolo, J. Rodolfo Wilcock, nel senso che l’età non sarà il fattore determinante della scelta, o meglio, si utilizzerà quella peculiare concezione dell’età calcistica che ha concesso - ad esempio - a Roberto Baronio di fregiarsi dello status di “eterna promessa” fino al giorno prima del suo ritiro. Allo stesso tempo occorre ricordarsi della massima arbasiniana per cui, in Italia, “c’è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di bella promessa a quella di solito stronzo. Soltanto a pochi fortunati l’età concede poi di accedere alla dignità di venerato maestro”. Ecco, vediamo allora chi sono queste belle promesse.
 

Oggi non si può parlare di plebiscito, perché le indicazioni sono frastagliate come il tratto di scogliera basca che unisce Hendaya da Sanint-Jean-de-Luz, però scorre carsica nelle dichiarazioni degli esperti una preferenza: questo - di riffa o di raffa - sarà l’anno di Manolo Gabbiadini, già centravanti dell’under 21 e del Bologna, approdato a Genova, sponda blucerchiata, alla corte di (Con) Delio Rossi. Il più appassionato estimatore del Gabbia è Vasilij Ivanovic, peraltro - va detto - un pasdaran dell’allenatore riminese: “Il crack potenziale di quest’anno può essere Manolo Gabbiadini. Il giovane attaccante dell'Under 21 ha ben figurato negli ultimi due anni ma non è mai stato protagonista. A Bologna si è limitato a fare la comparsa di Gilardino. Quest’anno è la grande occasione per esplodere: giocherà in una piazza che può dargli i giusti stimoli, spazi in squadra (dovrà rimpiazzare Mauro Icardi) e sarà affidato alle cure di Delio Rossi, tecnico che in passato ha dimostrato di saper valorizzare al meglio moltissimi attaccanti. Davanti a lui c’è una stagione da protagonista e, perché no?, l’aereo per il Brasile. Prandelli ha l’occhio vigile ed un attaccante mobile come lui potrebbe esser utile in prospettiva futura per la Nazionale”. Anche secondo Emanuele Giulianelli questo “può essere l’anno decisivo per la maturazione e la consacrazione di Manolo Gabbiadini, in quella Genova sponda blucerchiata che da sempre è la palestra migliore per i giovani attaccanti italiani”. Da twitter, dov’è attivissimo, il nostro amico e gran lettore calcistico vhreccia dà addirittura i numeri: “Gabbiadini a me piace un monte. Se la Doria, che pure non vedo una grande squadra, lo supporterà un minimo, allora m’aspetto una quindicina di gol”. Fa il nome di Gabbiadini anche Fulvio Paglialunga, giornalista di RadioRai e autore del bel libro Ogni benedetta domenica (ma che ci tiene a precisare: se mi chiamate esperto poi dovrete vedervela con il mio avvocato”), anche se in deroga allargomento 'sorpresa': perché Gabbiadini non è certo da scoprire, ma potrebbe affermarsi definitivamente questanno. Pure Enrico Veronese si unisce al coro, lanciando “una nota di merito per chi valorizzerà al massimo i talenti in fiore, come la Sampdoria con Gabbiadini”. Sulla stessa scia si pone Lapo Scacciati, a cui è piaciuta “la praticità di alcune squadre di metà/bassa classifica nel rinforzarsi là dove più serviva”. Tra queste fa proprio il nome della Sampdoria: “Regini e Gabbiadini sono due giovani interessanti e la scommessa fatta su di loro secondo me verrà premiata”.
 

Ci sono altri due nomi, più esotici, che i fantacalcisti italiani dovrebbero segnarsi nella loro lista della spesa. Anche perché arrivano con referenze importanti. Il primo è quello di Abdallah Yaisien, presentato dagli esperti di Aguante Futbol: “Giovanissimo fantasista classe ‘94 svincolatosi dal PSG e tesserato dal Bologna. Va in una squadra che negli ultimi anni ha saputo far crescere dei giovani interessanti e lui è uno con qualità da vendere, come dimostrato al Mondiale U17 di due anni fa”. Un secondo endorsement arriva dal think tank di Sciabolata Morbida: “Il Faraone francese è trequartista tecnicamente dotatissimo che, giostrando tra le linee, potrebbe consacrarsi nel nostro campionato, dopo aver lasciato quel PSG capace di crescerlo ma non di valorizzarlo, perso tra i colpi di mercato milionari cui si stanno ormai abituando a quelle latitudini. In realtà il ragazzo non dovrebbe partire titolare,chiuso da Diamanti e Konè. Più probabile quindi che non sia questa la stagione, in cui da neofita della Serie A avrà anche bisogno di tempo per ambientarsi, in cui si imporrà all'attenzione di tutti. Però lo conosciamo da anni e crediamo in lui. Quindi ci proviamo”. Alla cieca, vi seguiamo su questo colpo ad effetto, come quando - a proposito di sorprese - alle feste delle medie provavamo il colpo grosso durante il gioco del postino recapitando un “bacio con la lingua” alla bionda con le lentiggini dell’altra sezione. Speriamo per Yaisien che finisca meglio.
 

Il secondo è quello di Ezequiel Cirigliano, nuovo cagnaccio del centrocampo veronese. “Se posso, vorrei spendere una parola per Ezequiel Cirigliano, preso dall’Hellas per poco più di due milioni di euro dal River Plate”: a parlare è Andrea Bracco, redattore di Calcio Sudamericano e del blog Pallonate - Il calcio totale. “Questo ragazzo ha tutto per fare bene in Italia, nonostante in Argentina non abbia fornito costantemente prove convincenti. Potrebbe essere una scommessa vinta dal bravissimo Sogliano”. Anche Fabrizio Gabrielli, sorianamente, invita “a non sottovalutare Cirigliano, canaccio rioplatense che difenderà digrignante la mediana scaligera”.


E gli altri nomi di sorprese su cui puntare? È un bel pot-pourri di brillanti promesse e soliti stronzi. Proviamo a metterli disordinatamente in fila, come se fossero i componenti di un trenino che attraversa il terrazzo di Jep Gambardella (ricordando che “I nostri trenini sono i più belli di Roma perché non vanno da nessuna parte”). In testa c’è Dries Mertens, nuova ala del Napoli, segnalato da Giakimo: “Potrei essere banale e dire che uno qualunque dei giovani dell’Udinese sarà la sorpresa della stagione, ma scelgo il belga. Perché è da un po’ di tempo che si parla del Belgio come possibile sorpresa Mondiale e perché la partenza del Papu Gomez e di Giaccherini ci hanno privati di goleador bassi degni di questo nome, quindi dico che Mertens risponderà ad entrambe le richieste. Su Youtube Mertens è un fenomeno [nda anche Ivan Tomic nella cassetta del Corriere dello Sport lo era], inoltre ha avuto il coraggio di segnare in finale della Coppa d’Olanda nel 2012, segno che l’orrore non lo spaventa. Infine, sono sicuro che odia lo Zwolle merda”. Dietro di lui c’è il difensore serbo del Torino Nikola Maksimovic, indicato da Monia Bracciali (nonostante Emanuele Giulianelli parlasse ieri di possibile flop): “Se n’è parlato benissimo in questo pre-campionato e al di là che lo sponsorizza Sinisa Mihajlovic - una garanzia fino ad un certo punto - spicca per personalità nonostante sia un classe ‘91. Una stazza imponente che non lo farà certo sembrare un fulmine di guerra ma pare sia davvero arcigno nelle marcature a uomo: di fondo, questo ormai serve nella nostra Serie A quando ci si deve salvare”. Non si deve salvare ma comunque anche la Viola dovrebbe aver azzeccato il colpo con Marcos Alonso, che incuriosisce molto Fabrizio Gabrielli: “A Firenze farà bene perché da quelle parti c’è molta campagna, molta Ispagna e bene se magna: ma soprattutto perché l’ambiente è carico di buoni propositi e voglia di vincere, che a vent’anni sono propellente mica da poco”. Piuttosto sorprendente è la scelta di Emanuele Giulianelli, che vede bene un giocatore circondato da un certo scetticismo: Raul Albiol. “Il difensore spagnolo è arrivato un po’ in sordina a Napoli, sovrastato dal clamore per lo sbarco in stile principesco del Pipita, ma è l’uomo giusto per la retroguardia della squadra di Benitez. Proprio dietro, infatti, il Napoli aveva mostrato lacune negli anni scorsi, che non gli hanno consentito di arrivare a contendere lo scudetto alla corazzata di Antonio Conte. Chissà che con l’inserimento del ventottenne Campione del Mondo e due volte Campione d’Europa il Napoli non possa finalmente lanciare la sfida ai bianconeri”. Giulianelli non si ferma qui però e - prendete carta e penna - lancia una raffica di possibili sorprese da vero intenditore del sottobosco calcistico mondiale: “Un potenziale crack è Jacopo Sala, arrivato al Verona dopo due anni ad Amburgo: ha i numeri per diventare titolare della Nazionale italiana. Per quanto riguarda i giovani, occhio a Gino Peruzzi del Catania, a Iakovenko della Fiorentina e, soprattutto, al biondo centrocampista serbo del Parma Filip Jankovic, proveniente dall’infinito serbatoio di talenti della Stella Rossa di Belgrado. Infine, Simone Zaza può arrivare in doppia cifra e lanciarsi tra i grandi attaccanti del nostro campionato”. Punta su Zaza anche Fulvio Paglialunga  (che prima fa una giusta precisazione generale: con il calciomercato ho un rapporto strano, perché è bello da seguire da giornalisti finché si parla di trattative ma a volte costringe a una pratica da cui spesso mi astengo: quella di giudicare in anticipo un calciatore. In questo caso, per coerenza con la mia incoerenza, mi viene chiesto di giudicare prima e dunque lo farò”): “Sono curioso di seguire il Sassuolo per vedere fino a che punto può arrivare Zaza, che è un giocatore che in Lega Pro non mi ha fatto subito innamorare e che probabilmente è proprio così di suo: uno che segna senza necessariamente accumulare premesse. Ricorda Ravanelli, poi decidete se questo è un complimento. In ogni caso è forte fisicamente e ha guizzi improvvisi che possono renderlo artefice di gol pazzeschi. In più gioca nel Sassuolo, quindi avrà spazio per mettersi in mostra. Detto che sia Vasilij Ivanovic (che ricorda come “sono stati i D.S. delle cosiddette provinciali a pescare meglio sul mercato, come ormai consuetudine in questi ultimi anni”) sia vhreccia (che si sbilancia pure su “Kurtic del Sassuolo, un giocatore in crescita costante, che se Eusebio utilizzerà con continuità, come credo, darà un sacco di soddisfazioni”) consigliano di tenere d’occhio Monzòn del Catania, la menzione finale spetta all’unico venerato maestro del lotto, uno che ha vinto un Mondiale: il grande Luca Toni. Sarà lui la sorpresa secondo il nostro lettore storico Lapo Scacciati: “Tra le candidate alla retrocessione mi è piaciuto come il Verona si stia attrezzando per non tornar in serie B alla velocità della luce. Toni è l’alcolista d’esperienza che non dovrebbe mancare mai in nessuna squadra di bassa classifica, e credo che in veneto troverà finalmente il modo di chiuder degnamente la carriera tra goal e grappini”.

 

A questo punto, non mi rimane altro da fare che ricordare a queste giovani sorprese l’insegnamento del già ricordato Jep Gambardella, che da sempre abbiamo fatto nostro, perché non bisogna aver paura di dilapidare il proprio talento: “è triste essere bravi, si rischia di diventare abili”.


| EPILOGO (CON TAMAS) |

Per concludere questa lunga traversata nello strano mondo del calciomercato, abbiamo chiesto al nostro amico e collaboratore Tamas, l’unico vero erede di J. Rodolfo Wilcock con il suo Un Tamas al giorno, di darci la sua opinione. Questa è la sua testimonianza. Buon campionato a tutti!

***

Ho ricevuto con piacere l’invito, da parte degli amici e sodali di Lacrime di Borghetti, a trattare di calciomercato sulle loro (e nostre, consentitemi) prestigiose colonne. Non avendo seguito quest’anno le vicende della Serie A estiva con la solerzia della mia passata giovinezza, ho ritenuto tuttavia utile confrontarmi con Qoliqon B. Manfroi, un extraterrestre recentemente giunto sul nostro pianeta (ove ha trovato lavoro grazie alla curiosa coincidenza del proprio cognome extraterrestre con uno abbastanza diffuso nella provincia veneta), molto appassionato di calcio, il quale non ha ovviamente verso il nostro campionato i pregiudizi e le romanticherie che io ho accumulato nei decenni.
L’incontro fra noi è avvenuto in una tigelleria di Modena, vicino al parco Novi Sad, e il resoconto che ne segue è fedele ma non stenografico*.
T.: Mi hanno chiesto quelli di Lacrime di Borghetti di scrivere qualche riga sul calciomercato italiano.
Q.: Ah, Lacrime di Borghetti! Bel sito, anche se non sempre colgo tutti-tutti i riferimenti dei post.
T.: D’altronde sei sulla Terra da poco...
Q.: Ma mi riprometto di leggere e migliorarmi come individuo, se non proprio come essere umano.
T.: Poi, a questo proposito, ti porto a visitare il Duomo di questa città, esempio notevole di architettura romanica e non solo...
Q.: ...Mi ha già portato una volta una tipa di Carpi: una ragazza irriverente, devo dire, che mi avvicinò solo per un suo dubbio impertinente...
T: Sui nani?
Q.: Veramente faccio uno e settantadue (piccato). No, sugli extraterrestri.
T.: Scusami, è il condizionamento culturale, il citazionismo, il gusto dei porti sicuri... La tua ignoranza, in un certo senso, dovresti tenertela stretta; ma è un discorso complesso. Mi passi il parmigiano per il pesto (alla modenese, Ndt)?
Q.: Tieni. Comunque, venendo al punto: è evidente che c’è stata una certa ricerca del colpo ad effetto, in questo calciomercato, del centravanti da molti gol e abbonamenti.
T.: E quale ti ha impressionato di più, fra gli acquisti di Tevez, Gomez, Llorente, Higuain, Icardi, ecc.?
Q.: Mah, io - per centrare subito la questione principale, ritengo che l’ingaggio migliore, fra quelli per così dire di fascia alta, sia destinato ad essere quello di Higuain: confido che garantirà al Napoli non solo molti gol, ma anche una partecipazione attiva al gioco di squadra e un’ottima intesa con i compagni, soprattutto con Insigne.
T.: Un Higuain un po’ alla Cavani?
Q.: A metà fra il Cavani del Napoli e quello dell’Uruguay, diciamo, se proprio vogliamo fare questo paragone (non del tutto azzeccato, secondo me). Ma mi pare soprattutto che la squadra sia quella giusta per lui.
T.: La coppia Gomez-Rossi promette però molto bene.
Q.: Indubbiamente, e soprattutto da parte del primo mi aspetto una certa efficienza realizzativa (il secondo, credo, crescerà durante l’anno). Tuttavia, se mi domandano di un crack, allora rispondo Higuain.
T.: Icardi mi suscita invece qualche perplessità.
Q.: Diciamo che il suo inserimento in quella squadra e quell’ambiente potrebbe essere problematico, pregiudicandone i risultati sul breve periodo. Mazzarri però è sempre stato garanzia di successo per i propri centravanti, e ho motivo di credere che questo influsso positivo controbilancerà quelli negativi.
T.: Tevez e Llorente? Di difficile lettura anche per te?
Q.: Penso che il primo saprà essere, ma più a momenti e in certe partite che come costante, l’altro colpo dell’annata. E mi stupirebbe se Conte non dovesse cogliere i momenti giusti per sfruttarne le potenzialità. Llorente, invece, lo immagino più utile in Europa.
T.: Riguardo al resto del mercato, ci si può chiedere come andranno Gilardino e Cassano in un anno pre-mondiale...
Q.: Mah, il primo è un giocatore assai migliore del secondo, ed è anche probabilmente una persona più seria, ma farà, temo, un campionato peggiore: il Genoa è una squadra con troppe incognite e con la solita rivoluzione senza logica visibile. Potrebbe brillare Bianchi al Bologna, se, come credo, Diamanti sarà autore di un campionato strepitoso.
T.: A me incuriosiscono Zaza e Biglia.
Q.: Il primo è un buon attaccante, ma il Sassuolo non mi pare granché attrezzato e in grado di aiutarlo. Il secondo è un giocatore di qualità, ma penso che le sue annate migliori siano trascorse. Non che io ci fossi, all’epoca.
T.: Quanto ai flop?
Q.: Un flop assoluto? Difficile da dire, e anche antipatico... Gervinho non risulterà particolarmente incisivo, credo, ma forse lo aspetteranno di più di altri acquisti passati dell’AS Roma. L’Hellas nel suo complesso mi pare una grossa scommessa: una squadra costruita più per Scudetto 97/98 che per la Serie A attuale, con un attacco rivoluzionato e una difesa immutata, benché - va detto- quest’ultima in B fosse totalmente affidabile.
T.: A me l’Hellas non dispiace.
Q.: Ma tu giocavi con quello Scudetto.
T.: Sì.
Q.: Ma se dobbiamo parlare di possibili delusioni, ho in mente Benatia (ho il sospetto che lo scambio fra lui e Nico Lopez non sia stato favorevole alla Roma) e soprattutto Callejón, che non penso sia nel posto adatto a lui.
T.: Si potrebbe dire che, mentre Higuain è più un giocatore da Napoli che da Real Madrid, Callejón è più da Real Madrid che da Napoli. No?
Q.: Stavolta sono abbastanza d'accordo.
T.: Perfetto. Andiamo al Duomo, dai.
Q.:E ricordati che prima o poi dovrai scrivere quel post, per LdB...
T.: Sì, certo. Ogni cosa a suo tempo.

* “Chi pretenda di ricordare tutta una conversazione parola per parola, mi è sempre sembrato un bugiardo o un mitomane” (M. Yourcenar, Il colpo di grazia).

sabato 13 ottobre 2012

Literaria. “Sforbiciate. Storie di pallone ma anche no”. Ognuno ha il suo filo in questo nodo



Che bello vedere in squadra insieme il Màgico Gonzalez e Franklin Lobos...
Norbeak badu bere haria korapilo honetan, ognuno ha il suo filo in questo nodo, con queste parole inizia - parlando, spiegando - il secondo brano dell’ultimo disco dei Lisabö, “Ez zaitut somatu iristen” (“Non ti ho sentita arrivare”), e ognuno ha il suo filo in questo nodo avrebbe potuto tranquillamente essere il sottotitolo delle storie di calcio, meglio, intorno al calcio, raccontate da Fabrizio Gabrielli nel suo bellissimo libro “Sforbiciate. Storie di pallone ma anche no” (Piano B edizioni, 2012), il libro che, in questo boom di letteratura calcistica spesso mediocre (a parte quando c’è di mezzo Klaus Kinski), stavamo aspettando con ansia e che, almeno per me, consacra il suo autore come l’Osvaldo Soriano italiano (e ho detto tutto).

Anche se non esiste una relazione apparente tra i personaggi e le storie che vengono raccontate - secondo una tecnica di storie vere ma inventate che più che il realismo fantastico dei vari Felisberto Hernàndez (il pianista uruguaiano è omaggiato con l’ultimo racconto, peraltro forse uno dei meno riusciti, dedicato all’Atalanta europea di Stromberg e Nicolini), Juan Josè Arreola o Julio Ramòn Ribeyro, di cui l’autore (ispanista e latinamericanista dichiarato) si dichiara debitore ad ogni capoverso, mi ha ricordato quella usata dal nostro amico Tamas nel suo pregevole “Storie al margine”, partire da fatti realmente successi e modellarli con l’immaginazione - ho ritrovato nella nostalgia, nelle mille (stavo per scrivere cinquanta, maledetto Occidente) sfumature che la nostalgia può assumere, il fil rouge di questa raccolta di volti e tiri e parate e amori e morti e racconti che si affastellano nelle pagine ispirate di Gabrielli, la stessa nostalgia che ho trovato nelle ubriacanti pagine dell’ultimo Arbasino (“Pensieri selvaggi a Buenos Aires”) quando ricorda, pur se magari non sono ricordi suoi, “quanti tanghi e fandanghi e consumazioni di sangrìa e carioca e tequila con Django e Durango nei decenni adolescenti, colmi di balere e boleri e bandoneòn da caballero stanco su un suo caballo blanco o bronco…”.

Ma chi sono i fili di questo nodo? Nell’immaginario collettivo di Gabrielli, che potremmo dire, ci piacerebbe dire, ma in fondo lo possiamo dire, è anche il nostro, solo per citarne alcuni, c’è George Best adolescente a Belfast che non dimenticherà mai la piccola Claire e il suo vestito bordeaux; c’è Salvador Dalì che da ragazzo, a Figueres, più calciatore che surrealista, ritrae i suoi amici che giocano nella squadra locale (neanche a farlo apposta, ho letto questo racconto nel giardino del castello di Pùbol, che Dalì regalò e arredò per gli ultimi anni di vita della sua amata Gala, peraltro un gran mignottone); c’è Virgilio Felice Levratto, mitico centrattacco degli anni venti, passato direttamente dal Vado in serie B alla nazionale; c’è Tony Vairelles, che per una stagione è stato il Django Reinhardt (il genio che una volta disse “un giorno sono andato a scuola. Un giorno, poi basta”) del football francese; c’è Freddy Rincòn che si porta dietro i riti voodoo, la negritudine e i Tristes Tropiques di Buenaventura; c’è il più grande medico argentino che gioca contro il River Plate; c’è - e come poteva mancare?- il Màgico Gonzàlez che la mattina non si sveglia perchè la sera fa tardi con Camaròn (e c’è anche il nostro orgoglio per aver contributo a farlo diventare l’idolo che è); c’è un arbitro tahitiano che fa tirare all’infinito un rigore alla Tunisia contro la Serbia; c’è il rimpianto per i giocatori che un tempo non erano cognomi su una magliettina griffata, ma erano numeri, “e il numero ha un compito”; c’è l'elogio della locura di Martin Palermo con i suoi tre rigori sbagliati in una partita; ci sono calciatori che fanno politica; c’è Ali Gagarine, la stella più brillante del calcio sudanese; ci sono i teddy boys con la kippah giallonera del Beitar Jerusalem (“Mi chiamo Itzik e sono un tifoso del Beitar. Tutto il resto è merda”, una frase che potrebbe averla scritta Bostero); c’è un prete-presidente di una squadra di calcio giovanile di Terracina; c’è Berni, vicecomandante del Battaglione Ravenna, terzino e partigiano; c’è Franklin Lobos e il deserto arancione del Cile pieno di rame (el Mortero Màgico di cui Bostero ha scritto davvero); ci sono le bandiere con i teschi del Sankt Pauli; c’è l’aereo della Suriname Airwyas carico di giovani olandesi, i Coloratissimi, che si schianta prima di arrivare a destinazione; c’è Ramòn Quiroga che - in risposta ad un certo viaggio in piroscafo - racconta la sua versione del Mundial ‘78 a Clarita Cruz, che scriveva di calcio nel Perù degli anni settanta (“Li cavalcavo. E loro: giù fiumi di parole”); c’è un portiere monco; c’è il presidente evangelico del TP Mazembe; c’è la gang dei fuori di testa del Wimbledon (e purtroppo c’è anche Justin Fashanu, “che si è impiccato come un sacco dei palloni nello spogliatoio”); ci sono le sciarpe del Club Ferro Carril Oeste che sventolano quando Geronimo Saccardi a fine partita regala la maglia ai tifosi assiepati al Caballito; c’è Roberto Trotta che viene ridicolizzato da Sean Dundee a Karlshue (e chi se lo dimentica!); c’è Garrincha che s’è trasferito a Torvajanica e “pe racimolà du spicci aveva fatto er capitano pe na squadra de studenti de giurisprudenza e l’ala pe ‘a formazione da giggièlle, crossato pei còrpi de testa de metalmeccanici e zappatori”; c’è la promessa paraguaiana del Vicenza che perde un braccio in un incidente stradale ma torna in patria a giocare; ci sono i derby di Sheffield e quelli di Edimburgo; c’è il sogno di Pedro Paulo Futre (e di tutti i tifosi della Reggiana) spezzato dall’entrata di un tale Matteo Pedroni (A boca amarga, mate dulce si titola il racconto, e a boca amarga mate dulce è senza dubbio il mio proverbio preferito in spagnolo); c’è l’inventore della chilena; e insomma si è capito che tipo di gente c’è. Mancano solo - di nuovo Arbasino -, ma l’universo culturale è quello, 

 “coppie miliardarie argentine e brasiliane in lini bianchi e vaporosi volants magnificamente stirati. Favolosi gioielli ostentati con nonchalance anche in trattoria su puntarelle e rucole. Bei signori alti e bruti con smisurate haciendas, l’occhione accorato sotto le folte ciglia, i baffetti da ambasciatore, e i riccioli lucidissimi in fondo alla nuca, al termine di ciocche nerissime cementate da gomine trendy per gentlemen d’epoca…”.
Se è vero, come diceva Kant, che gli oggetti artistici forniscono essenzialmente un’esperienza immaginativa sia per i produttori che per i fruitori, allora posso dire - da fruitore - che “Sforbiciate” assolve pienamente al suo compito di oggetto artistico. Mentre lo sfogliavo, seduto da solo all'angolo di un tavolo di Kibuka, non mi sono neanche accorto del cibo che mangiavo. Ero completamente assorto dalla lettura. Ero da un'altra parte, forse in macchina con l'autore, andando verso qualche stadio derelitto della pampa. Tutti i tentativi di scrivere di calcio con lo scopo di aprire un mondo, un altro mondo, impallidiscono di fronte a questo libro. Sempre Kant si era inventato la teoria dello Steckenpferd, il chiodo fisso, il pallino (che esemplifica in un cavallino di legno), per dire che il primo “paese” che si incontra oltre il confine del sano intelletto è l’avere un pallino, lo Steckenpferd appunto, la passione di occuparsi intenzionalmente di oggetti dell’immaginazione, e tante volte, in tanti libri, questo cavallo di legno è stato solo dipinto, e il lettore, e noi, ci siamo limitati a guardarlo, qui invece è come se il cavallo di legno fosse stato costruito, e io l’ho cavalcato, e anche di gran gusto.

Ho letto da qualche parte, o forse ho sognato, questa frase che mi è rimasta impressa: l’addio è una riunione fatta per separarsi. È in questo paradosso - riunirsi per separarsi - che si racchiude la tristezza di ogni addio, e di quasi tutte le cose della vita. Il mio concerto dei Lisabö (il cui disco, ormai si è capito, è “l’oggetto artistico” che più ha segnato quest’anno solare, l’elemento da romanzo di formazione - insieme, appunto, al loro concerto - cui lo associerò tra vent’anni), a giugno, a Barcellona, all’ora del crepuscolo, con l’effimera compagnia degli amici spagnoli e inglesi rivisti, per l'occasione, dopo parecchi mesi, non fa eccezione. E non fa eccezione neanche questo libro, in cui tutti questi personaggi si riuniscono ma solo per separarsi, e allora questo è un libro che va letto e forse anche riletto, perché non ci sono solo loro, ma anche noi, e ognuno di noi ha il suo filo in questo nodo. Norbeak badu bere haria korapilo honetan.