Il 31 maggio 1970 il Perù trema fortissimo. Una scossa di terremoto di magnitudo 8.1 della scala Mercalli investe i dipartimenti di Áncash, Yungay, Lima e La Libertad.
Il sisma provoca la morte di quasi 80.000 persone. Altre 20.000 risultano disperse. Città come Chimbote, Casma e Huarmey vengono completamente distrutte.
I 45 secondi di terremoto causano anche la rottura dei ghiacci della parete nord del massiccio di Huascaran, sulla Cordigliera Andina, e la conseguente alluvione della provincia di Yungay.
Il Peru è in ginocchio.
Due giorni dopo la tragedia, il 2 giugno 1970, la Nazionale di calcio peruviana fa il suo esordio ai Mondiali di calcio in Messico. Contro la Bulgaria.
Per le Qualificazioni al Mondiale della zona CONMEBOL, il Peru era stato inserito nel primo dei tre gironi, assieme a Bolivia e Argentina. Sfruttando il fattore campo i peruviani avevano ipotecato la qualificazione già alla terza giornata, con un rotondo 3 a 0 ai boliviani, che andava a sommarsi alla precedente vittoria di misura contro gli argentini. Il pareggio (2 a 2) all'ultima giornata alla Bombonera di Buenos Aires aveva portato il punto mancante per la qualificazione al Mondiale messicano.
Ai Mondiali, il Peru si presenta come una vera e propria incognita. La squadra è per lo più formata da giovani ancora poco affermati, pressoché sconosciuti al di fuori dei confini nazionali.
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Hector El Granitico Chumpitaz |
L'allenatore Valdir Pereira, meglio noto come Didì (tra le altre cose, due volte campione del mondo con la Nazionale brasiliana, nel '58 e nel '62) decide di affidare le chiavi della difesa ad un ragazzo di 26 anni che gioca nell'Universitario, Hector Chumpitaz. Nato a Canete da famiglia di imprenditori e trasferitosi in giovane età a Lima, dove inizia a giocare nell'Unidad Vecinal Numero Dos per poi affermarsi nel Deportivo Municipal, Chumpitaz è soprannominato in patria El Granitico. I capelli crespi e lunghi ma mai troppo e la bocca larga. Lo sguardo di Chumpitaz è sempre serio. Nonostante la giovane età già un anno prima era stato premiato come Miglior Difensore del Sudamerica dalla rivista El Grafico.
La regia del centrocampo è, invece, nei piedi di un ragazzino nato nel distretto di Puente Piedra, a nord di Callao. Si chiama Teofilo Cubillas. Classe '49 e nessuno lo conosce. Si sa solo che da qualche anno gioca nell'Alianza Lima e che ha il compito di servire il centravanti della formazione: Hugo El Cholo Sotil, coetaneo di Cubillas e bomber di razza del Municipal, rapido e dal dribbling micidiale.
L'avvio contro i bulgari conferma ogni peggior timore. La squadra di Bojkov passa subito in vantaggio con Dermandzhiev e raddoppia ad inizio ripresa con Bosiev. ll colpo è forte e ben assestato, ma il Peru ha la fortuna ed il coraggio di accorciare immediatamente le distanze, con l'ex-cagliaritano Alberto El Jet Gallardo. I sudamericani continuano a spingere e riescono a pareggiare con Chumpitaz al 55esimo. Una boccata di ossigeno dopo la grande paura.
Sul 2 a 2, fra il frastuono del pubblico, la partita si trascina indolente per una decina di minuti o poco più. Fino al minuto 73.
Ramón Mifflin, raffinato interno dello Sporting Cristal, porta palla a centrocampo. Il passaggio in verticale a Cubillas, che chiede e ottiene il triangolo, attaccando l’intervallo tra le linee avversarie. I centrali bulgari sembrano bambole mentre il peruviano scivola verso sinistra. Alza la testa, un altro passo. Il tiro non incrocia, battendo Simeonov in uscita sul palo alla sua sinistra.
Un istante. E la terra in Peru è come se smettesse di tremare. Come se per un attimo non ci fosse più alcun rumore.
El Nene, lo chiamano. Perché timido e con il viso pulito di un bambino.
Le braccia alzate verso il cielo, il numero 1 nella colonna delle vittorie e il successivo match contro il Marocco.
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Ramón El Cabezón Mifflin, qui con la maglia dello
Sporting Cristal di Lima |
Tra le squadre partecipanti al Mondiale, quella africana è sicuramente tra le meno temibili.
Il Peru tuttavia fatica, almeno nel primo tempo, a superare la difesa alla porta di Ben Kassou. Nel secondo tempo però l'aria cambia e arriva la doppietta di Cubillas, inframezzata dalla segnatura di Challe.
Un'altra vittoria e la qualificazione ai Quarti di Finale in tasca.
Contro la Germania Ovest, nell'ultima partita del girone, arrivano le pallonate (tripletta di Muller nella prima mezz'ora di gioco). E la rete di Cubillas nel secondo tempo rimane solo per le statistiche.
Ai Quarti, ai tedeschi l'Inghilterra campione in carica, ai peruviani il Brasile di Pele e Jairzinho, che nel proprio girone ha collezionato tre facili vittorie (oltre all’Inghilterra, Romania e Cecoslovacchia).
Il Quarto di Finale tra Brasile e Peru si gioca a Guadalajara, all'Estadio Jalisco, uno degli impianti più belli della competizione.
La storia racconterà di un Brasile distratto e di una vittoria a fatica. La realtà vide un Peru mai in partita e forse non ancora pronto per battere la squadra che quel Mondiale l'avrebbe fatto suo qualche giorno dopo a spese dell'Italia di Riva e Rivera. Brasiliani sul 2 a 0 dopo un quarto d'ora con Rivelino e Tostao, rete di Gallardo e 3 a 1 ancora di Tostao. Nella ripresa la rete di Cubillas a riaccendere gli animi dei tanti peruviani in tribuna e il definitivo 4 a 2 a firma Jairzinho.
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Il Peru non prenderà parte ai successivi Mondiali, in Germania. A spuntarla, infatti, nel girone di qualificazione sarà il Cile, complice anche l'assenza di Cubillas nel match di spareggio (2 a 0 all'andata con doppietta di Sotil e di nuovo 2 a 0 questa volta per i cileni, nel ritorno a Santiago). Curioso il fatto che la terza squadra del girone, il Venezuela, risulti "ritirato".
Si narra che i venezuelani, la cui storia calcistica internazionale è relativamente recente, alla prima apparizione in un torneo internazionale di prestigio, la Taça Independência del ’72 (una competizione organizzata in Brasile per celebrare i 150 di indipendenza), abbiano a dir poco sfigurato (segnaliamo solo un 10 a 0 dalla Yugoslavia) e che vari disaccordi in seno alle istituzioni calcistiche locali abbiano in quegli anni sfasciato, a livello gestionale ed organizzativo, la Nazionale. E quindi il ritiro, d'accordo con la FIFA, dalle qualificazioni per il Mondiale tedesco.
Poco male, sia per il Peru sia per il Venezuela. Il divario scavato da Olanda e Germania nel 1974 era, in ogni caso, troppo ampio.
Un calcio differente.
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Nel 1975, invece, la sfortuna e l'inesperienza che avevano accompagnato il Peru negli ultimi anni svaniscono d'un colpo.
Mentre
Love will keep us together di The Captain and Tennille e
Fame di David Bowie scalano le hitlist di tutto il Mondo, la nazionale peruviana prende parte alla Coppa America.
Proprio a partire dal '75 la Coppa America ha una nuova formula. Fase a gironi, semifinali e finale. Nessun Paese organizzatore e scontri andata e ritorno. L'Uruguay - Campione uscente - ad aspettare in semifinale le vincenti dei tre gironi eliminatori.
Il Peru pesca bene: Cile e Bolivia. Ma deve fare i conti con la pesante assenza di Hugo Sotil, che il Barcellona non lascia partire alla volta del Sudamerica.
Per fortuna dell'allenatore Marcos Calderon per la fase a gironi bastano i gol di Percy El Trucha Rojas, Oblitas e Cubillas. Il Peru è imbattibile in casa (3 a 1 sia contro il Cile sia contro la Bolivia) e sereno fuori (una vittoria a Oruro e un pareggio a Santiago).
La Blanquiroja vola in semifinale, dove la attende il Brasile di Vanderlei e Dinamite.
A dire il vero quello allenato da Osvaldo Brandao è un Brasile strano. Per scelta, tra le sue file non ci sono i vari Falcao e Jairzinho ma solamente giocatori provenienti dallo Stato di Minas Gerais. In altre parole, giocatori per lo più di Cruzeiro e Atletico Mineiro.
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Enrique El Loco Casaretto, qui con la maglia del
Club Universitario de Deportes di Lima |
Andata a Belo Horizonte, senza Rojas. Al suo posto Enrique El Loco Casaretto, delantero d'esperienza e dalle basette importanti, come impongono le mode di quegli anni. In carriera ha sempre segnato tanto e, fuori dal campo, a palmares ha anche una relazione con Gisela Valcárcel, la reina del mediodia televisivo sudamericano. Alla prima palla utile, la punta non sbaglia e fora anche Plassman, portiere della Seleção.
Ad inizio del secondo tempo, però, un gol rocambolesco di Roberto Batata riporta il risultato in parità. Il Brasile è di nuovo in gara e prendono forma gli spettri di sempre. Anche contro un Brasile strano e nonostante il bel calcio espresso, il Peru fatica. E Belo Horizonte dai televisori di Lima sembra bruttissima.
Fino al minuto 82.
Punizione appena fuori area. Sulla palla El Nene.
La rincorsa è breve. Il corpo rigido, quasi pietrificato al momento del calcio. La traiettoria è rassegnazione nella mente di Plassman.
Un altro istante. Il Peru sospeso in un respiro. Vantaggio peruviano a Belo Horizonte.
Dopo qualche minuto, Casaretto segna di nuovo. 3 a 1 in casa del Brasile. Nessuno lo aveva mai visto. Forse nessuno lo vedrà più.
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El Nene |
Il ritorno a Lima è l'ennesimo soffio infinito.
Già al decimo del primo tempo i brasiliani sono in vantaggio (autogol di Melendez). Ad inizio ripresa il raddoppio, a firma di Campos, abile a sfruttare un'indecisione di Chumpitaz. Il Brasile spreca ancora. Il Peru sembra bloccato, lontanissimo dall'impresa ipotecata all'andata.
Il risultato rimane inchiodato e tocca alla sorte. Tra le due contendenti, a scamparla è il Peru, si dice perché al bambino incaricato di estrarre la pallina vincente fosse arrivata voce di privilegiare la pallina fria. E migliaia di persone riprendono fiato dopo interminabili minuti di apprensione.
In finale la Colombia, che con una certa facilità ha avuto ragione dell'Uruguay.
A Bogota diluvia. Il campo è inzuppato e lento. Il vantaggio colombiano beffardo. Punizione sulla sinistra. Gli ospiti, concentrati sulle proteste, dimenticano di posizionarsi in barriera. Castro calcia verso la porta difesa da Otorino Sartor. La palla finisce la sua traiettoria in una pozza nell’area piccola, schizza ovunque e passa sotto le gambe di quest'ultimo. Senza Cubillas e Sotil, trattenuti in Europa. rispettivamente. da Porto e Barcellona, il Peru gioca male e non riesce a raddrizzare il risultato.
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Juan Carlos Oblitas
soprannominato El Ciego perchè giocava con le lenti a contatto |
All'Estadio Nacional di Lima tocca vincere.
I peruviani si scrollano di dosso il nervosismo e iniziano fin da subito a macinare gioco contro una Colombia che ambisce chiaramente al pareggio.
Arriva subito il vantaggio di Ramírez, a dire il vero molto contestato dai colombiani per una sospetta posizione di fuorigioco. A mettere tutti d’accordo è una magia del Ciego Juan Oblitas: dopo un’azione personale nell’area avversaria, il talento di Mollendo sembra andare verso l'esterno sull'uscita di Zape ma con un tacco coglie tutti in controtempo e porta il Peru sul 2 a 0. Ad uno storico desempate.
28 ottobre 1975. Caracas. Estadio Olímpico Público. Pioggia torrenziale. Dai televisori di Lima sembra Caracas sembra bruttissima. Un film già visto, i dolci piedi peruviani bloccati dal campo e la Colombia ad abbracciare il lieto fine. Ma tra le file della nazionale peruviana c'è una sorpresa. Per l'occasione Calderon può di nuovo contare sulla "Dupla de Oro". Cubillas e Sotil sono in Colombia con i compagni. E la Colombia ha paura.
El Nene gioca per ciò che è: un genio. Chiama palla, verticalizza, conclude. E' immarcabile. Si procura un rigore, ma lo sbaglia. Prova a forare Zape con una gran botta da fuori, ma la traversa gli dice di no. Ci riprova e trova la respinta di un difensore avversario. Sulla palla si avventa El Cholo. Corpo in avanti e sguardo fisso all'angolo sinistro. Steccata secca, rasoterra. 1 a 0. Caracas è zittita. La Colombia non si alza più.
Il Peru è Campione del Sudamerica.
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Juan Domingo Perón |
Fresco vincitore della Coppa America, il Peru non inciampa nel corso delle Qualificazioni al Mondiale 1978, staccando il biglietto ai danni di Ecuador e Cile nel primo girone e della Bolivia (costretta ad uno spareggio contro l’Ungheria - perso dai boliviani per 9 a 2 nell’aggregato) nel girone finale.
Il Mondiale di Kempes
e senza Johan Cruyff. Del Processo di Riorganizzazione Nazionale e di Jorge Videla, cattolico e anticomunista con la faccia da attore. E del logo sbagliato, perché ispirato al saluto di Perón.
Il Peru viene inserito nel girone di Olanda, Iran e Scozia.
E proprio quest’ultima è il primo avversario di Cubillas e compagni. Il pre-Mondiale scozzese era stato altisonante. MacLeod, il Cittì, aveva promesso grandi prestazioni e almeno il terzo posto, forte della stella Kenny Dalglish, già leggenda del Celtic e appena passato al Liverpool.
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Cesar El Poeta Cueto |
L’esordio Mondiale scozzese si rivela invece un incubo. Cubillas ha un altro passo. Si muove tra le linee e rende un nulla la difesa avversaria. Dopo l’immeritato vantaggio della Scozia, con Jordan, El Poeta Cueto ristabilisce la parità con un’incursione centrale. Il secondo tempo è un monologo del bambino nato a Puente Piedra.
Minuto 70. Punizione dal limite sinistro dell’area di rigore. Cubillas sfrutta la finta del compagno e con un’esterno fortissimo insacca nel Sette. Alan Rough, il portiere biancoblu, non capisce. Probabilmente non capirà mai.
Peru in vantaggio.
Minuto 76. Azione di contropiede. Cubillas accena due passi, come passeggiasse. All’improvviso destro fortissimo nello stesso Sette. Alan Rough continua a non capire. Forse è impossibile capire.
Il bambino è diventato mago, il numero 1 nella colonna delle vittorie e il successivo match contro l’Olanda.
Un pareggio a reti inviolate che ha il sapore della vittoria. Quell’Olanda, sebbene senza Cruyff continuava a giocare un calcio diverso, uno sport differente a firma Rep e Resenbrink.
Tutto facile per gli uomini di Calderon nella terza partita contro l’Iran. Cubillas è sempre più immarcabile (tripletta) e assieme a Velasquez e al
Poeta forma una mediana stratosferica. Il Peru si qualifica quindi alla seconda fase a gironi del Mondiale argentino. Purtroppo però le avversarie sono tra le peggiori: il Brasile di Zico, Amaral e
lo zingaro Dirceu, l’Argentina padrone di casa e la Polonia di Boniek.
Il Peru perde alla prima contro il Brasile e ha sfortuna contro la Polonia (1 a 0, gol di Szarmach).
L’ultima partita è nient’altro che una rovinosa fine. La realtà dei gol di Kempes (2), Tarantini, Luque (2) e Houseman. L’immagine del sogno che si interrompe. L’immagine peggiore perché - si dice - truccata dalla necessità degli argentini di raggiungere la finale. Sul risultato strambo, sull’esigenza degli argentini di segnare più di quattro gol per estromettere il Brasile, sulla nazionalità argentina del portiere Quiroga (nazionale peruviano solo grazie a un passaporto fornitogli assieme al contratto dallo Sporting Cristal di Lima) si spaccheranno la testa in tanti.
Quel che resta è un Mondiale vinto tra le ombre e la fine sporca, miserabile della generazione de oro.
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18 novembre 2007. Forse la pagina più buia della storia recente della nazionale peruviana. Dopo l’incontro a Lima contro il Brasile, valido per le qualificazioni al Mondiale sudafricano, Claudio Pizzarro, Jefferson Farfan, Andres Mendoza e Santiago Acasiete vengono scoperti in compagnia di ragazze e alcool nelle stanze dell’Hotel Golf Los Incas, sede del ritiro del Peru prima del successivo incontro contro l’Ecuador.
Gli organi competenti della Federazione peruviana decidono per la mano pesante: 18 mesi senza la possibilità per i giocatori coinvolti di essere convocati (verranno poi ridotti a 3). Per il calcio peruviano è un colpo tremendo. Pizarro e Farfan erano considerati la luce dopo due decenni di buio pesto. Finalmente il Peru aveva tra le sue fila giocatori di spessore europeo e sognava un ritorno alle vette. Donne e alcool avevano rovinato tutto.
Nel 2010 solamente la fine dell’esilio. A convocare nuovamente Pizarro, Farfan e Acasiete (ma non, per ragioni tecniche, Mendoza) è un allenatore uruguaiano da poco sulla panchina della Blanquiroja.
Sergio Markarián è nato a Montevideo e nella sua vita ha allenato ovunque. Racconta di aver scelto il mestiere di allenatore dopo aver assistito alla sconfitta dell’Uruguay contro l’Olanda nel ’74. La sua è la disperata lotta di chi deve ricostruire su 30 anni di macerie e gestioni scellerate. Un compito quasi impossibile. Ha deciso di lasciarsi alle spalle la generazione dei Solano e dei Palacios, ripartendo dai ragazzini, da Carlos Kaiser Zambrano, Yoshimar Yotún, Paolo Guerrero e Juan El Loco Vargas. Da una linea offensiva spregiudicata e spesso eccessiva. Vulcanico e calcolatore, la voce trascinata, quasi svogliata. Il cappelino sulla testa e la pancia tirata. Prepara le partite con strategia esasperata. L’occasione è ghiotta, alle qualificazioni per il prossimo Mondiale non prende parte il Brasile e anche se Colombia e Cile spingono forte, i posti che contano non sono troppo lontani. La sua è la disperata lotta contro un passato de oro e miserabile.
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Juan Manuel El Loco Vargas |