Tre personaggi seduti al tavolino tondo di un bar. Il primo, che chiameremo Armodio, se ne sta piegato in avanti, sporgendosi verso gli altri e gesticolando quasi proprio malgrado: si vede che ha qualcosa da dire. Il secondo, Aristogitone, sembra assorto nella lettura di un giornale locale; solo ogni tanto, quando deve girar pagina, chiude un momento il quotidiano e e si volge - strizzando gli occhi come fanno i miopi - verso il proprio amico, che quest'ultimo gli stia parlando o meno. Il terzo, Fenrir, gira un caffè con il cucchiaino: a giudicare dall'altezza della bevanda e dal gusto con cui lecca la posata, si tratta di un caffè corretto. In seguito Fenrir entra nel bar e ne esce con una bottiglia d'anice.
Armodio si agita e si dondola, muove le dita, sembra chiedere la parola, mentre gli altri non lo degnano di uno sguardo. Alla fine si accosta al tavolino e parla per primo.
Arm.: Lo mandano via davvero.
Ari. (lo guarda, come a prenderne le misure): Alla fine, sì.
Arm.: Non l'avrei mai detto.
Ari.: Già, in effetti è strano.
Arm.: Ma perché? Io non capisco questo.
Ari.: Beh, è semplice: gli è scaduto il contratto.
Arm.: Sicché tu dici che avrebbe chiesto troppo per rinnovare?
Ari. (smette per un momento di leggere, solleva gli occhi, li volge lentamente verso il primo): Non ho affatto detto questo. Anzi, per quel che conta la mia opinione, io sono convinto che Del Piero avrebbe firmato in bianco. Quello che ho detto è che gli è scaduto il contratto; e senza contratto non si è più dipendenti di un'azienda.
F.: Avoja, avoja: è esattamente così. Mi è successa una cosa simile poco tempo fa.
Arm.: E?
F.: Niente, poi ho risolto per il meglio.
Arm. (tace, in evidente attesa di ulteriori dettagli; che non verranno. Alla fine è lui stesso a rompere il silenzio): Motivi tecnici?
Ari.: Cosa?
Arm.: No, dico: la Juve rinuncia a Del Piero per motivi tecnici, magari...
Ari.: Una squadra che schiera Pepe titolare? Motivi tecnici?
Arm.: Ma allora perché?
Ari. (si è rimesso a leggere, non ascolta più): Perché cosa?
Arm.: Del Piero!
Ari.: Che fa?
Arm.: Lo mandano via!
Ari.: Ah, ma non lo mandano via. Gli è scaduto il contratto, mi pare.
(Silenzio. Fenrir si versa un bicchiere e beve avidamente.)
F.: Chissà se Del Piero, l'ultimo giorno di allenamenti, ha portato ai compagni un gabarè di paste. Chissà qual è il dolce preferito di Del Piero: delle persone famose sappiamo tante cose, ma ne ignoriamo altre che sono altrettanto significative per conoscere una persona.
Arm.: Va detto che (fa per ricominciare il discorso, ma è interrotto)...
F.: Peraltro la tradizione pasticcera piemontese è particolarmente vasta e apprezzata.
Arm. (si accerta che Fenrir abbia terminato): Va detto che è vecchio. Noi non lo vediamo perché è sempre stato con noi, o forse non lo confessiamo perché siamo invecchiati assieme, però è vecchio: compirà 38 anni a novembre. Forse troppo vecchio per giocare a calcio ad alti livelli.
Ari.: Troppo vecchio per stare in panchina?
Arm.: E pagare tutti quei soldi a uno che sta in panchina?
Ari.: Uno che sta in panchina - senza protestare - finché la squadra non conquista una punizione dal limite, per esempio, poi lo fai entrare e ci sono buone possibilità che segni: e anche solo per quello, considerato anche come si battono ormai le punizioni nel campionato italiano, varrebbe la pena di tenerlo. Anzi, se dovessero introdurre le sostituzioni volanti anche nel calcio - entri, batti la punizione, esci - uno così lo terrei fino a sessant'anni.
F.: Nella stagione 2034/35 toccherà i quarantun'anni di contributi, se non sbaglio: il gol di tacco alla Spal nello scontro al vertice sarà il suo stupendo canto del cigno.
Arm.: Ma allora lo sacrificano a un nuovo corso?
Ari.: Non direi. Ammesso che quello di Conte sia il nuovo corso, è iniziato quest'anno e Del Piero ha dimostrato di poterne far parte; io credo semmai che sia stato sacrificato sull'altare della tradizione e non su quello del rinnovamento.
Arm.: La tradizione? Ma Del Piero è la tradizione, da due decenni ormai.
Ari.: Non è così.
F.: Può darsi che lo mandino via perché biascica e chiama i compagni di squadra con nomi sbagliati: "Mirkovic, vieni qui, Mirkovic!", e dopo un po' perfino Bonucci se ne risente, anche per via dei pizzicotti. Può darsi anche che abbia cominciato a raccontare aneddoti inconsistenti di cui dimentica o confonde i finali, o che metta tutti a disagio in qualche altro modo. I vecchi fanno così, l'ho letto sul National Geographic.
Ari.: La tradizione, alla Juventus, sono soltanto gli Agnelli: e soprattutto ora che le cose vanno bene dev'essere chiaro che chi comanda, chi incarna lo spirito della squadra, è soltanto la proprietà.
Arm.: Ma Del Piero è amatissimo dai tifosi...
Ari.: Appunto. La Juventus non è una democrazia; la Juve è una proprietà privata degli Agnelli, con tutto ciò che ne consegue, e sono i proprietari a decidere per i tifosi chi va applaudito e fino a quando. E soprattutto nessuno deve fare ombra ai padroni o incarnare un simbolo alternativo. Del Piero è l'ennesima prova che in questo paese non conviene studiare: fosse stato il solito cretino da quattro concetti in croce, espressi male, sarebbe ancora lì.
F.: Se questi fossero gli anni Cinquanta, e se la Juve fosse Mirafiori, Del Piero lo accuserebbero di leggere l'Unità.
Arm.: Ma come si fa, una figura così romantica...
Ari.: Esattamente. Del Piero è romantico e la Juve degli Agnelli è totalitaria: in sintesi, il Novecento batte l'Ottocento e lo manda a casa, a Treviso, nella sua piccola patria nordestina a bere grappe e a rimuginare sul destino come uno scrittore mitteleuropeo qualsiasi. Con la differenza che nei romanzi mitteleuropei, prendiamo quelli di Roth, è l'individuo che assiste attonito allo sfascio di un impero; qui l'impero torna, e come primo atto decide di cacciare il proprio servitore più fedele. Questa vicenda è come se l'Imperatore avesse sputato in faccia all'ultimo giapponese nella foresta.
F.: Io penso che tutto questo sia una messa in scena. Sento che Juve-Napoli si deciderà ai rigori e che dopo il penalty decisivo Andrea Agnelli scenderà in campo e dirà a Del Piero "Io sono tuo padre". Poi tutto tornerà normale, lo so.
Ari.: No, sbagli: questo non è possibile. Gli Agnelli non hanno figli, hanno solo dipendenti.
(Fenrir pulisce il piano del tavolo con la mano e getta le briciole ai piccioni.)
Ari. (chiude il giornale): Andiamo a casa.
Arm.: Ci vediamo...?
Ari.: Domani, qui, alla solita ora. Noi, non può mandarci via nessuno.