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lunedì 22 novembre 2010

Il tempo delle mele nerazzurro

Alla luce della zampata letale di Davide Moscardelli (un uomo un mito) di ieri, volevo solo fare una brevissima riflessione sull'Inter, gli interisti, Benitez e, in generale, il senso di cambiare un allenatore dopo pochi mesi.
Sull'Inter. Volendo, la mia è una domanda retorica: ma cosa si aspettavano all'Inter quest'anno? Di vincere per il quinto anno di fila mentre i bambini delle altre squadre scartano i regali di Natale? Non gli è mai passato per la testa che, forse, dopo la stagione irripetibile dell'anno scorso, dopo l'addio cruento di uno che era più di un semplice allenatore, dopo non aver ricambiato neanche un giocatore che desse lustro al nuovo album delle figurine, dopo che gli stimoli sono necessariamente cambiati, le cose potessero essere un po' più complicate? Che forse avrebbero trovato anche qualche avversario un po' più determinato? Capisco che vincere, come lo shaboo (maledetti filippini), dà assuefazione, ma da qui a immaginarsi nel paese di Heidi ci passa un bel tratto di immaginazione. Che si rimboccassero le maniche ad Appiano Gentile, che si allenassero bene, che mettessero la testa a posto (ogni riferimento ad Eto'o è assolutamente involontario), che seguissero con fedeltà anche il nuovo allenatore, che non giocassero contro...i risultati arriverebbero subito, la rosa dell'Inter rimane la più importante, senza dubbio, e la vetta è ancora lì dietro, a portata di mano.
Sugli interisti. A me sembrano degli auto-lesionisti. Hanno vinto tutto, potrebbero passare i prossimi dieci anni a vivere di ricordi, potrebbero consolarsi del dolce piacere di sperare di vincere di nuovo senza avere davvero l'urgenza di farlo (a differenza di tutti gli altri tifosi), potrebbero godersi finalmente un allenatore perbene che non li risucchia in un'incomprensibile jihad calcistica contro il resto del mondo, potrebbero dedicarsi a far crescere i giovani in tranquillità, e invece sono lì, nella migliore delle ipotesi, che si auto-gufano le sconfitte per poter poi prendersela con il nuovo allenatore, malamente soprannominato (tipo il Pacioso, il Bove, o cose del genere) o preso in giro per essere troppo buono, o per le cravatte. Si meritano Lucescu, si meritano.
Su Benitez. Al netto di ogni ovvietà (certamente è meglio allenare l'Inter che l'Albinoleffe, certamente è meglio guadagnare dieci milioni di euro che non diecimila euro, etc. etc.), il povero Rafa si è trovato davvero in una situazione del cavolo. Per usare una metafora da tempo delle mele, lui è quella ragazza carina e un po' timida, acqua e sapone, in fondo pronta ad innamorarsi veramente di te, che uno può incontrare dopo essere stato truculentemente lasciato via messaggio dalla ragazza della propria vita, quella che nonostante fosse una stronza uno aveva amato senza precedenti, sapendo che non sarà capace di amare mai nessuna nello stesso modo, con lo stesso trasporto, con la stessa passione. Con gli occhi ancora innamorati, hanno voluto trasformarlo in un nuovo Mourinho, ripercorrere con lui le stesse tappe dell'amore precedente, agganciare lo stesso lucchetto alla grate di Ponte Milvio o Ponte Vecchio (anche la raccapricciante mania dei lucchetti mocciani, come d'altronde quasi ogni cosa esistente in questo mondo, dicono i fiorentini che è stata inventata a Firenze), aspettandosi gli stessi comportamenti, portandolo sugli stessi luoghi, sussurrandogli le stesse parole. In altri termini, Benitez non mi sembra sia stato davvero capito dal mondo nerazzurro, e mi fa tenerezza perchè lui mi sembra davvero in buona fede. Non discuto qui l'allenatore, che può piacere o non può piacere (pur essendo un perdente e un difensivista, a me piace abbastanza), ma la persona, che mi sembra immigliorabile, è forse l'unico allenatore della serie A da cui comprerei un'auto usata. Ecco, secondo me Benitez non si merita tutto questo stillicidio di diffidenza, questa graticola costante, questi molesti sondaggi di SkySport24, e l'Inter non si merita un signore come lui, ma solo gaglioffi alla portoghese.
Sul senso di cambiare allenatori. Cambiare l'allenatore in corsa è una delle cose che odio di più del calcio. Non ne discuto l'utilità (alle volte frutta dei risultati. Volendo, sostituite "alle volte" con "chiamare Ballardini"), ma il senso. Come si fa a giudicare un allenatore dai risultati di tre mesi? Forse neanche tre-quattro anni, il famoso ciclo, sono sufficienti. Ci sono senz'altro delle eccezioni di persone loro malgrado obiettivamente inadeguate (penso a Mimmo Caso, Ciro Ferrara), ma altre volte bisogna avere pazienza. Che senso ha far venire dall'Argentina Carlos Bianchi o Cesar Luis Menotti (quest'ultimo in piroscafo, poi!), con tutta la differenza che può fare un oceano di distanza, e non attendere neanche il tempo dei ciliegi in fiore? Alle volte mi chiedo se i presidenti confondono il calcio con Harry Potter, la preparazione di una stagione con la bacchetta magica, il lavoro e la filosofia con un rigore non dato o un tiro fuori di poco. La cieca frenesia del cambio allenatori è per me una delle peggiori rappresentazioni della malattia che affetta il calcio moderno. Gli allenatori sono chiamati per vincere, non per insegnare, dimenticandosi che, tanto, alla fine sarà sempre e solo uno quello che vincerà. E gli altri, come li valutiamo? Non nego che anche alcuni allenatori ci hanno messo del loro. I tipi alla Capello e alla Mourinho, nel mio modo di vedere, sono un danno per la categoria, sviliscono il ruolo che un allenatore dovrebbe avere in una società. Dall'altra parte, neanche a dirlo, ci metto Zeman, ma non è che bisogna essere per forza dei reietti per fare bene il proprio lavoro, bene intendo eticamente. Guardiola è sullo stesso piano, così come Spalletti, Delio Rossi o uno come Del Neri, e pure Ranieri. Bravi o meno bravi, vincenti o meno vincenti, perlomeno si presentano al campo per insegnare al terzino a fare la diagonale, per aiutare al ragazzo in difficoltà a credere in sè stesso, per provare a migliorare ogni giocatore, insegnando loro quello che sanno. Formandoli insomma. Benitez per me è tra questi. Potrà essere valutato, ma non ora, non per i risultati di tre mesi di campo, non quando ha avuto a disposizione mezza squadra dall'inizio della stagione, che ogni tre giorni si gioca, che non ci si allena mai. Benitez farà bene, ne sono sicuro. Riparliamone tra tre anni, sempre se glielo lasceranno fare.