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venerdì 2 luglio 2010

Il destino di un tulipano

Se guardi indietro non dovrebbe esserci storia.
Cinque stelle al confronto di nessuna.
Lo strapotere fatto di vittorie e colpi di tacco da un lato, il calcio bello ed impossibile dall'altro.
Il gioco dei singoli contro quello di squadra.
Non vedo l'ora.
Il Brasile difensivo sfida l'Olanda senza punte.
L'appannato Kakà e le giocate di Sneijder.
Il giocoliere Robinho e la totalità di Dirk Kuyt.
Dunga è tranquillo. Ha assemblato una corrazzata. Ha il miglior portiere al mondo. Due centrali che chiunque sognerebbe e una fascia destra da non credere. Un attacco non fra i più belli di tutti i tempi, ma che funziona. Nel mezzo una semplice e precisa diga. Non si è inventato chissà che schemi: ha semplicemente preso il Brasile del '94, dove lui era posizione e contrasti, e lo ha adattato al calcio di oggi. Gli ripetono che la sua squadra non incanta e che non fa le scintille. Lui se ne frega perchè anche sedici anni fa i numeri li facevano solo i due campioni d'attacco negli ultimi 10 metri.
Al contrario, Van Marwijk è costretto a lottare contro qualcosa più grande di lui. Un racconto di un Olanda che non ce l'ha mai fatta. Un destino incontovertibile e beffardo. Solo il Cigno riuscì a sconfiggere gli incubi olandesi. Nessun altro. Neppure il grande Johan.
Lui tenta. E lo fa nell'unica maniera perseguibile. Nessun punto di riferimento. Corsa e difesa. Corsa e attacco. Kuyt, Robben e Sneijder per far girare la testa. Dietro la mente di Van Bommel e i tackle di De Jong.
Uno dentro, l'altro fuori.
Oggi Dunga e Van Marwijck si giocano l'estetica. A modo loro. A storia loro.