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lunedì 14 luglio 2014

Come sono fugaci le finali dei Mondiali

 

 A Simone, devi essere forte

Paloma é bellissima alle sei del mattino mentre addenta un croque monsieur con la sua bocca carnosa e il labbro superiore ha la forma di un tunnel oscuro e silenzioso scavato nella montagna che divide un'isola in due parti e attraversarlo significa scegliere il mistero dell'altra parte, quella che non si conosce e che secondo alcuni é solo un luogo immaginario. I piccoli occhi tondi e bruni come biglie si muovono in maniera vorticosa mentre il trucco nero si scioglie maldestramente sulle palpebre, rivelando con maggiore esattezza i contorni di una bellezza di vent'anni. Il sangue argentino che le scorre nelle vene, gli anni trascorsi da bambina a Buenos Aires, la aizzano di rabbia - ma é una rabbia sorridente - quando le confesso che domenica sera, nonostante tutto, nonostante me stesso, nonostante il tifo, prenderó le parti della Germania perché nella vita ogni tanto bisogna pur riconoscere che qualcuno si é meritato un certo riconoscimento, che é giusto cosí, e questa Germania é una squadra fantastica ormai da quasi dieci anni e porta avanti un calcio bellissimo, fresco, giovane, da sei del mattino, che le assomiglia piú del gattamortismo di Messi e compagni, e poi c'é quell'Ozil che é pura magia, che ogni tocco sembra un bacio sussurrato prima di scomparire nella notte...Ma tanto é inutile che ti arrabbi Paloma, le dico, domenica io non saró giá piú parte della tua vita, tre giorni avranno diluito il ricordo di questo fugace incontro notturno davanti al forno di Tuset e io saró lontano come un rigore non fischiato ma che forse c'era in una partita contro la Cremonese di inizio anni Novanta.

Otto anni fa Paloma era una ragazzina di Barcellona che coniugava argentinitá e catalanismo avvicinandosi con i nuovi amici dell'Instituto ai piaceri della carne e del sangue, sotto forma di empanadas e kalimotxo, mentre io, che avevo la sua etá di oggi, mi trovavo nella stessa cittá, anche se mai avrei potuto incontrarla. La sera della finale di Berlino con mio padre passiamo in pasticceria per comprare il dolce da portare al signore coi capelli rossi che ci ha invitato a casa sua a vedere la partita, quella che nel momento in cui compriamo il dolce é ancora solo una partita, una finale da giocare, e non la sera in cui l'Italia ha vinto il Mondiale, lo stesso momento di attesa e mistero che sto vivendo io, senza mio padre e senza il signore coi capelli rossi, otto anni dopo sul tavolo della cucina di una casa ad appena due strade di distanza da quella in cui vivevo allora, quando manca meno di un'ora al calcio di inizio della finale di Rio de Janeiro e su Radio Clásica danno La vida breve di Manuel de Falla. Quel signore coi capelli rossi l'avevamo conosciuto nella piazza dell'orologio poche ore prima, per casualitá, e avevamo scambiato qualche parola di circostanza sul fatto di essere italiani, anzi romani (pure se lui era di Genzano) a Barcellona in una giornata storica come quella, e cosí era venuta fuori l'idea, per cosí dire, di unire le forze e vedere la partita insieme, magari a casa sua perché era piú grande, piú ventilata, e soprattutto era veramente casa sua e non un paio di camere prese in affitto per un semestre. Con mio padre accettammo offrendoci di portare il dolce, e con il senno di poi abbiamo fatto bene ad andare a casa del signore coi capelli rossi perché, almeno per quanto ci riguarda, é stato in quel salotto che Grosso ha segnato il rigore decisivo, l'Italia ha vinto il Mondiale, il dolce era buonissimo e io ho potuto lanciare un urlo liberatorio e patriottico dal terrazzo del quinto piano.

Il signore coi capelli rossi, di cui non ricordo neanche il nome (lui mi chiamava Junior, chissá perché), come Paloma non ricorderá tra otto anni neanche il mio, l´ho visto tre ore in tutta la mia vita, le tre ore della finale tra Italia e Francia, quindi tre tra le ore piú importanti della mia vita, e poi mai piú, nonostante gli avessi dato pure una borsa di libri che lui si era offerto di riportarmi in Italia visto che  andava in macchina e aveva il bagagliaio mezzo vuoto, solo che io, tornato dopo l'estate a Roma, non l'ho mai piú chiamato, avevo il suo numero di telefono ma, per colpa di quegli attacchi di pigrizia che fanno credere che una cosa si puó sempre fare il giorno dopo, e poi quello dopo ancora, finché diventa troppo tardi per farla, non ho mai voluto digitarlo, non ho mai voluto parlare di nuovo con lui, sentire la sua voce, farmi chiamare Junior, prendere appuntamento per incontrarmi a Genzano in modo che potesse consegnarmi la borsa con i miei libri, e quindi quei miei libri io non li ho mai piú rivisti, saranno rimasti per mesi e forse anni nella cantina di una casa sconosciuta alle porte di Roma e magari sono ancora lí che prendono polvere, mantenendo vivo il mio legame lungo undici metri con il signore coi capelli rossi con cui insieme a mio padre decidemmo, non senza esitazioni, di condividere un momento cosí importante e in fondo irripetibile della nostra vita, un momento che ci avrebbe segnato come padre e come figlio, e forse é stato meglio cosí, é stato meglio non recuperare mai quei libri, aver tolto con questo aneddoto epica a quella serata, perché ogni volta, quando suonano gli inni prima della finale, e i giocatori si abbracciano, e i telecronisti si eccitano, e per le strade non c'é nessuno, sembra che non solo finisce il Mondiale, ma sembra che finisce proprio il mondo, e invece non finisce proprio nulla, é solo una stupida finale di un Mondiale, é solo un'illusione, tra quattro e poi otto anni saremo tutti di nuovo qui davanti al televisore a vedere come finisce un'altra volta, e poi un'altra volta ancora, e accanto a noi mancherá qualcuno e ci sará qualcuno nuovo, perché non abbiamo alternative, dobbiamo sempre andare avanti, con quello che si perde e con quello che si trova.

Non so Paloma con chi vedrai la partita stasera, di certo non con me, che sono da solo a casa tentando di riprodurre filologicamente la stessa pasta al tonno che mia madre cucinó a Fregene la sera della finale di Italia '90, anche se pochi chilometri ci dividono, meno dei nostri anni sicuramente, non so se alla prossima finale del Mondiale saremo nella stessa cittá di nuovo, non so neanche se il signore coi capelli rossi é a Barcellona stasera, in quell'appartamento ventilato nel palazzo senza ascensore che si trova al di lá della piazza su cui oggi si affacciano queste finestre, peró volevo dirti che ho cambiato idea e questa sera tiferó per l'Argentina e la tiferó per te e per la tua bocca e per i libri che hai dimenticato a Buenos Aires quando sei venuta ad abitare a Barcellona e per quelli che dimenticherai a Barcellona quando lascerai la casa di un ragazzo che pensavi fosse coraggioso e invece ha avuto paura di scoprire cosa c'era dall'altra parte di quel tunnel, pure se aveva il numero dieci sulle spalle.