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martedì 4 settembre 2012

Panenka, i canguri e la "foglia che cade"


Il campionato europeo di calcio è una manifestazione strana, che nel vecchio continente non riesce a far breccia nel cuore degli appassionati allo stesso livello della Coppa del Mondo. È in primis una questione di tradizione, essendo un torneo di costituzione relativamente recente, nato appena nel 1960 (tanto per fare un paragone, la prima Copa America si è disputata nel 1916), ma anche di opportunità: i pesi massimi continentali lo hanno sempre considerato di secondo piano, prendendolo in qualche misura meno sul serio rispetto ai Mondiali. La formula di competizione nei primi anni non ha certo aiutato: le squadre competitive erano poche, l’Europa non era frammentata come lo è oggi, le repubbliche sovietiche erano ancora unite sotto la sigla CCCP, la Jugoslavia di Tito reggeva nonostante le tensioni interne, micro-stati come Lichtenstein, Andorra e Far Oer non erano considerati degni di schierare le proprie nazionali nemmeno come squadre materasso nei gironi qualificatori. Fino alla fine delle guerra fredda quindi, ne veniva fuori pertanto un torneino tra poche squadre, di breve durata e di relativo impegno, in grado di sovvertire spesso il pronostico. L’albo d’oro riporta dei nomi inconsueti: Danimarca, Unione Sovietica, persino la Grecia di qualche anno fa con la competizione già allargata e nell’anno di grazia 1976, la Cecoslovacchia.
Zozzoni sul tetto d'Europa.
Ed è proprio la nazionale ora scorporata tra Repubblica Ceca e Slovacchia che ci dà lo spunto per parlare di un episodio raro nel football: è una storia di calci di rigore, magliette di lana, baffi e visto che siamo in Repubblica Ceca, ovviamente birra.
Il canguro veglia sui sobri  tifosi
del Bohemians FC 1905.
La federazione di Praga aderiva in pieno al concetto di “calcio socialista”: a differenza dei non amatissimi “cugini” sovietici, i migliori giocatori non venivano raggruppati in supersquadre, in grado magari di mettere in difficoltà le potenze occidentali durante le coppe Europee. Anzi, le squadre cecoslovacche avevano un patto di non belligeranza secondo il quale le varie stelle erano praticamente legate a vita alla società in cui emergevano. Ah, anche se può sembrare superfluo specificarlo, di emigrare all’estero per fare qualche soldo, manco a parlarne. Ed era proprio questo il caso di Antonin Panenka, centrocampista offensivo di ottimo talento, dotato di baffi d’ordinanza e fisico leggermente appesantito da qualche Staropramen di troppo: Antonin era arrivato ad 11 anni ai Bohemians, terza squadra di praga, dalla bacheca vuota e con un canguro come simbolo, retaggio di un regalo dello zoo cittadino che doveva intendersi come suggerimento per la mascotte ma piacque così tanto da diventare parte dello stemma sociale. I Bohemians navigavano tranquilli a metà classifica e le luci dei riflettori se le spartivano regolarmente Dukla Praga (titolari di una delle più belle maglie da trasferta di sempre) e Slovan Bratislava: di questo Panenka, al di qua della cortina di ferro, praticamente nessuno aveva informazioni certe.
Ed è quindi giustizia poetica che Antonin salì alla ribalta nella competizioni più bistrattata d’Europa, per giunta nell’edizione più oscura che gli annali ricordino: il campionato Europeo del 1976 che si svolse in Jugoslavia. Anche qui, non propriamente un paese in buoni rapporti con l’Europa Occidentale.
La fase finale ebbe la durata complessiva di 4 giorni, con sole quattro squadre qualificate a giocarsi il titolo di campione d’Europa: i cecoslovacchi hanno fatto il miracolo nelle qualificazioni eliminando l’Unione Sovietica, senza che nessuno sia riuscito a sapere molto della sfida andata e ritorno tra le due nazionali, ma poco importa. Ci si aspetta che i giocatori agli ordini di Mister Jezek siano un po’ le vittime sacrificali della manifestazione, in fin dei conti le altre partecipanti sono i padroni di casa jugoslavi assieme a Germania Ovest e Paesi Bassi, finaliste due anni prima alla Coppa del Mondo. La semifinale in programma a Zagabria mette a confronto la Cecoslovacchia contro i vice-campioni Orange di Cruyff e Neskens: vantaggio a sorpresa per i cecoslovacchi dopo 19 minuti, assedio olandese che si conclude con il pareggio su autogol, si va ai supplementari. I rossi resistono, oggi diremmo che puntano ai rigori, non fosse che la lotteria dagli 11 metri era una novità regolamentare appena introdotta dalla UEFA, all’esordio proprio in questi campionati europei. Se anche oggi che i penalties sono una prassi consolidata, vengono considerati come il fattore con più alea nel gioco del calcio, figuriamoci quando la pratica era pressoché sconosciuta: in più, l’appuntamento con la storia di Antonin Panenka non può certo essere sprecato per la semifinale e la Cecoslovacchia trova prima il gol del vantaggio e poi quello della sicurezza a pochi minuti della fine.
Nell’altra semifinale, la Germania Ovest va sotto di due gol nel primo tempo contro degli scatenati jugoslavi ai quali però finisce la benzina attorno al 60esimo: i tedeschi pareggiano a 10 minuti dalla fine e poi completano la rimonta nei supplementari. Anche in questa partita, i rigori non fanno la loro comparsa sulla scena: la grande novità sarà svelata in finale.
Mister Jezek con un fashion statement.
I cecoslovacchi si trovano di fronte i campioni del mondo tedeschi, ma ormai ci credono: vanno in vantaggio per 2-0, ma anche loro come la Jugoslavia pochi giorni prima, vengono raggiunti all’80esimo dalla Germania Ovest. Non bastano i novanta regolamentari per decidere il campionato europeo, ma ormai tutti sono convinti che la maggiore esperienza e qualità dei tedeschi occidentali finirà per farsi valere e che la BDR sia destinata ad una storica accoppiata “mondiale-europeo”. Ma i ragazzi di mister Jezek resistono: si va infine ai rigori, ma prima i giocatori cecoslovacchi hanno un altro problema, per così dire, logistico. Le loro maglie sono tarate sulla temperatura di Praga e sono di lana spessa per resistere a freddo e neve e nel caldo mediterraneo del giugno belgradese hanno l’effetto di una coperta termica. Coach Jezek decide i rigoristi che dovranno affrontare Sepp Maier, che tutti considerano il miglior portiere del mondo al momento, mentre chi non è nella lista dei cinque ha solo un pensiero, togliersi la maglia!
Così, uno stuolo di cecoslovacchi a torso nudo guarda i primi sette rigoristi centrare il bersaglio, fino a quando Uli Hoeness, uno che ha appena vinto la terza Coppa dei Campioni di seguito con il Bayern Monaco, la spara alta sopra la traversa.
Tocca ad Antonin. È il quinto ed ultimo rigore, ed è quello che, se messo a segno, può dare il titolo alla Cecoslovacchia. Ma se fosse andata normalmente, non saremmo qui a parlarne, se non per una bella vittoria a sorpresa contro i campioni del mondo in carica.



Panenka infatti è l’inventore riconosciuto di quello che in Italia si chiama “rigore a cucchiaio”, reso famoso da un certo Francesco Totti, guarda un po’ le coincidenze, durante un campionato europeo, 24 anni dopo l’originale. Il nostro Antonin lo chiamava “il rigore della foglia che cade”, nome che ricorda quasi un colpo di arti marziali, e lo aveva sviluppato durante gli allenamenti con il portiere dei Bohemians, tale Zdenek Hruska, con il quale affinava la tecnica di calcio per il penalty, con un piccolo twist per dargli un brivido: ad ogni rigore calciato, c’era in palio una birra. Hruska però era un formidabile para-rigori e Tonda, come era conosciuto ai Bohemians, si era stufato di vedere il portiere e compagno di squadra bere a sue spese. 
Kahn sbeffeggiato dopo aver perso le
scommesse inventate da Panenka e Hruska.
Così cominciò a provare “la foglia che cade” ed i risultati non si fecero attendere, un paio di volte tirò rigori così persino in campionato o in amichevole con la nazionale. Ma ovviamente, nessuno da questa parte della cortina di ferro aveva la più pallida idea della foglia che cade e anche volendo, chi avrebbe potuto pensare che Panenka fosse così sicuro di sé da tirare in questo modo il rigore decisivo per la finale dell’Europeo?
Beh, evidentemente anche Antonin sapeva che nessuno poteva immaginarlo e prenderlo sul serio, visto che confidò solo al portiere della nazionale Ivo Viktor che avrebbe tirato così il suo eventuale rigore. Mani nei capelli del portiere, che scongiura il suo centrocampista di fare la persona seria e tirarlo in maniera ortodossa. Ma Panenka, ridendo sotto i suoi folti baffi, si deve essere fatto due conti: gioco in una squadra che se va bene arriva a metà classifica, non mi fanno andare in Occidente, se segno vinciamo l’Europeo più sfigato della storia e per giunta ai rigori, che li hanno inventati l’altroieri e chissà se rimarranno, chi vuoi che si ricordi di me se tiro il rigore normalmente? Ed eccolo lì, il secondo più lungo della storia del calcio cecoslovacco: Maier si tuffa a sinistra, Panenka finta il tiro e fa il gesto che Pelé definì “opera di un genio o di un matto”, colpendola sotto e facendola arrivare con un gentilissimo lob in fondo alla rete. Cecoslovacchia campione d’Europa e Panenka può correre ad abbracciare un suo compagno, ovviamente a torso nudo.
Panenka intento a dissipare i dubbi sui suoi gusti sessuali sorti dopo l'Europeo.
Epiloghi:
-          La Cecoslovacchia andò a ritirare la coppa e festeggiò tutto il tempo indossando le magliette della Germania Ovest: dopo la vittoria, tutti i giocatori ne approfittarono per scambiare le loro divise di lana con quelle ben più fresche dei tedeschi.
-          In Germania presero così male questa sconfitta nella prima sfida ai rigori della storia del calcio che hanno deciso di impegnarsi sul serio nel fondamentale. Dopo Panenka, non hanno mai più perso ai rigori.
-          Un giornalista, qualche tempo dopo la finale, riferì ad Antonin le parole di Pelé. O matto o un genio. Panenka rispose con un sorriso:“poiché non mi considero matto, quello che ha detto Pelé mi va benissimo”.
-          Negli anni ’80, i Bohemians lasciarono infine partire Panenka; a 32 anni e con il contatore delle Staropramen ormai fuori giri, “Tonda” optò per il campionato austriaco. Fece in tempo però a vincere due titoli con il Rapid Vienna ed arrivare in finale di Coppa delle Coppe. Non ci fu però modo di calciare nuovamente un rigore della foglia che cade.
-          Esattamente venti anni dopo, gli “eredi” di Maier e Panenka, ovvero i giocatori di Germania (ormai unificata) e Repubblica Ceca (ormai divisa dalla Slovacchia) si incontrarono di nuovo nella finale degli Europei. Anche stavolta, fu introdotta una novità regolamentare, il Golden Goal. La prospettiva di non poter più vedere un rigore come quello di Antonin però, fece tornare ben presto la FIFA sui suoi passi.
-          In tutto il mondo, Italia a parte, il rigore a cucchiaio è conosciuto come “Panenka Penalty”.