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Friedrich Wilhelm Nietzsche |
Nulla sa dell’amore chi non è stato costretto a disprezzare ciò che ama.
Capitava che avevo vent’anni ed ebbro di rhum e libertà pensavo che un’occasione lasciata, dopotutto, è irrimediabilmente persa.
Pensavo che nulla torna e nulla è per sempre. Per troppe notti, nessun tempo per i rimpianti, poi una di troppo, il suo amore gettato sul letto, io in lacrime e così patetico per un’ora buona, come un bambino, senza alcuna liberazione, soffrivo.
Carlo Petrini, calciatore, uomo di merda e scrittore, uomo d’amore e di sconfitta, uomo che ha amato e perso lacrime, certo moltissime, e occasioni, certo moltissime. Centravanti si nasce e dopotutto non è detto sia gran fortuna. In area di rigore, il compiuto mai abbandona. Prima velocissimo si ha. Poi si fa moviola. L’errore diventa fatale, la fortuna talento. Bisogna farsi vuoti, per fare i centravanti. La gioia del bomber si mangia la gioia del terzino. Egocentrico è spesso il modo più gentile con cui appellare l’egoista. Il centravanti è l’uno per ruolo e l’altro per natura. Le riflessioni, servono poco. Nel dubbio, para il portiere.
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Carlo Petrini |
Carlo Petrini prometteva bene. Attaccante di serie A, dal Genoa al Torino fino al Milan di Rocco e alla Roma di Liedholm. Infortuni, dolori, amori e dissapori. Storie già letta e già sentita, di testa di mulo che non sfonda ma nemmeno va poi male, fino alla maglia rossoblù, in una bellissimamente torbida Bologna 1980, anno fatale dello scandalo scommesse in cui Petrini annega e risorge fenice incompiuta e redentrice. Dopo tre anni di squalifica le ultime canzoni nelle piazze deserte di Savona e Rapallo.E’ un uomo finito. Non si chiama Paolo Rossi e il calcio, in gran segreto, lo guarda anche il Papa.
Non resta che vendere la Porsche e improvvisare affari, imparando dai furbi la furbizia fino a scoprirsi fesso in mano a debiti e usurai.
Né essere, né nulla, il fu Carlo Petrini lascia e va a fuggire. Un uomo in meno, doppio e solo nel desiderio: di dimenticare, ed essere dimenticato. Il nascondino dura poco. Il figlio del fu Carlo Petrini si ammala di tumore e di tumore muore senza il conforto del padre. Un vita se ne va e nascono poesie nel fango del Dio Pallone, opera prima di una fine, come la rovesciata improvvisa che si stampa sul palo negli ultimi minuti di una partita già persa.
Il Dio Pallone dirà di lui: un barbone, un poverino, un disperato, un “dai lascialo perdere”. Povero pazzo da panchina.
Scrive Petrini la sua valanga di merda contro il Calcio, e cosa nasce dalla merda è cosa nota. Sputa Petrini la sua bestemmia, invocazione disperata al proprio Dio affinché punisca, e così punendo torni a manifestare il Verbo. I suoi errori, quelli voluti e quelli subiti, il doping, le scommesse, la miseria morale, le troie, il denaro. Viaggio al termine della Partita e dei lunghi tempi supplementari. Ma Petrini è un uomo e il Calcio è un Dio. Milioni di fedeli e centinaia di Chiese. Cosa importa al Dio Pallone delle miserie di un uomo. Cosa al gregge, della pecora nera?
Petrini si scopre malato dello stesso tumore che ha ucciso suo figlio. Miraggi. Si crede di perdere l’innocenza quando si compie il peccato e invece l’innocenza non è mai stata. Quando si perde, allora del perduto si ha ricordo e l’ innocenza si inventa, per dire cosa prima non era e avremmo voluto che fosse. Il calcio scommesse del 1980, peccato impossibile dell’ Italia Calcistica venduta vergine per maggior prezzo di puttana. In cuor di molti, l’ Eden pallonaro non è mai finito. La Casa chiusa è ancora aperta. Adamo mangia mele cedendo alle proposte di un serpente generoso. Era in un loft, gli altri più grandi lì con me sul divano nella stanzetta a parte, a far filosofia del culo e del calcio fra una sniffata e una vodka. - ma guarda che Shevchenko è gay!- mi dice lui, al tempo modello presso rinomata agenzia milanese. Io argomentavo sulla cessione dello Sheva al Chelsea come un qualsiasi contadinello cresciuto a pane e gazzetta. - ma lascia perdere! - diceva il modello - lo prende da uno che lavora con me. Sua moglie s’è rotta il cazzo e se lo porta a Londra, almeno li separa!
La storia va avanti, ricca di dettagli che ometto in base a un forse non del tutto sincero “infondo chi se ne frega”. Anni dopo avrei riletto la stessa storia in uno degli ultimi viscidi libri di Petrini. Buffa coincidenza o prova della verità? Due indizi, al mio paese. Il Petrini morente. Sesso sesso e soltanto sesso. Scopate omosessuali e puttane. Il cazzo di Coco e di Nani. Ronaldo, il Fenomeno, che si piscia a letto ogni notte, come quel cretino di
Carletto, di cui rimando a nota canzonetta. Infondo chi se ne frega. Infondo non è nulla di nuovo. Infondo si scandalizza chi non conosce la realtà. E dunque cos’era questo Petrini? Un rancoroso, meravigliosamente senza maglia e senza bandiera. Una vendetta vivente lacerata e corrosiva. Ma andiamo, che c'è dignità pure nel raccontare la rogna, se è questione di salvarsi la pelle. Si può, di fronte la morte, pure capire, questo Petrini che innamorato dell’ Odio odia contro il Calcio e contro il Calciatore suo gemello e prossimo.
Scrive Carlo Petrini, il tema delle elementari dal titolo "Il Calcio è sporco" che colpisce e fa storcere il naso, perchè dai bambini vorremmo leggere solo le favole. Le belle favole dei libri bestseller dei Gattuso e degli Ibrahimovic, dove tutto avviene per virtù dell'editor o di altro spirito santo, e la confezione è perfetta: il sacrificio è premiato e i buoni sono ben distinti dai cattivi, la buona novella di sport è servita. Il doping è peperoncino e la cacca cioccolata. Pura et illibata è la vulva del Campionato, sebbene faccia gnocchi col sedere e con la bocca nodi complicati.
Petrini è uno scrittore ed è giusto scriverlo. Anche se poi, quel libro, non l'ha scritto lui. Non importa. Scrittori si è nell'odio accecante che è l’origine di ogni scrittura. Si fa il patto con la Morte venuta a bussare: visto che sei qui, prima di andare ti racconto un po’ le sconcezze della Vita. Letteratura e malattia. Parole per curare, al di là del bene e del male, la carogna di Carlo decomposta e innamorata, a noi offerta per sfamarci come iene, che iene siamo, e vogliamo ridere mentre scanniamo il pasto freddo . Ogni confessore, sia anche confessato, visto che siete qui lettori per adulare il Calcio, sappiate che Petrini il Giuda non ha mentito mai e mai ha tradito altri che il suo Dio. Che colpa ha, se non poteva non farlo?
Tradire Dio è un miracolo al contrario.
Così parlò Petrini.
Il Calciatore suicidato, sul caso
Bergamini. L' indagine è oggi riaperta,vedi Ris di Messina e perizie annesse.
Così parlò del doping prima del doping, e degli scandali, anticipati e mai cessati, recenti e quotidiani, di zingari e Doni, di Moggi e pasticciacci brutti vari.
E poi c’è la mediocrità morale, il Campione ridicolizzato. E la reazione del pallonaro, spesso tifoso e dunque a cavallo fra l’innamorato il credente, altrettanto ridicola.
Cosa vuole questo Petrini qua, che ci racconta a fare? Scopre l’acqua calda che però ci scotta le mani, Carlo Petrini. L’indignazione è omessa, per l’altarino scoperchiato. Importa se Sheva è gay? Forse che sì forse che no,
mon hypocrite lecteur. E' una sottile questione fra etica, estetica e seduta dal parrucchiere in settimana.
Merda, questo volevamo mangiare. Perdere l’innocenza per innalzare crocifissi e intonare messe. Perdere il Dio Pallone e poi spaventati, correre a negare, rafforzando la fiducia nella sua Chiesa, unica manifestazione, ipocrita e criminale, del primo credo calcistico perduto. Salvare il rito, sacrificando il Sacro. Questo è lo scandalo mai perdonato dal Petrini. Essere stato più Vangelo che eresia, essere più traditore che pentito, più profeta che mercante. Troveremo ancora pecore nere e ne faremo agnelli sacrificali. Troveremo angeli deficenti e ne faremo diavolacci. Il Paradiso del Dio Pallone non deve conoscere fango e non deve conoscere tregua.
Vorrei l’infinita rabbia di Carlo Petrini sparsa come sale sul terreno, affinchè muoia l’erba e torni lo sterrato. Vorrei dire che Carlo Petrini è morto e neanche il Calcio sta molto bene.