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venerdì 13 novembre 2009

Quella Roma targata Flamengo: il tragicomico 88-89 di Renato e Andrade


(Renato Portaluppi con Miss Scudetto)

Una delle poche consolazioni che rimangono quando le cose vanno male è pensare che, in passato, le cose sono andate anche peggio, eppure oggi siamo in grado di riderci su. E' questo ciò che provo mentre sfoglio un vecchio libro che credevo perso, e che invece ho ritrovato (non senza commuovermi parecchio), nascosto tra gli album Panini: "Roma 88-89", di tal Nicola Bosio. Un libro, appunto, che presenta ai fedelissimi tifosi giallorossi una delle stagioni più tragicomiche della squadra capitolina, quando ancora non era iniziata; quando dunque l'illusione dell'estate non aveva ancora lasciato posto alla depressione dell'inverno. D'altronde, le foto (oggi si direbbe vintage) in copertina fanno ben sperare: il capitano Giuseppe Giannini, il vecchietto Bruno Conti e il tedesco volante Rudi Voeller fanno sfoggio di una romanticissima maglietta targata Barilla (sponsor tecnico nr), quella indimenticabile con il lupetto sul cuore, e danno l'idea del potenziale tecnico a disposizione di mister Liedholm. Eppure, quell'anno, o meglio, anche quell'anno.., qualcosa andò per il verso storto. Io avevo cinque anni, e quella fu la mia prima vera stagione vissuta dietro alla Magica - forse già allora avrei dovuto capire in che razza di guaio mi ero andato a cacciare.

Le premesse c'erano tutte. Saltato Sven Goran Eriksson nell'estate 1987, sulla panchina della stagione 87-88 era tornato il barone Liedholm, che aveva portato la squadra ad un onorevole terzo posto, non senza qualche contestazione da parte dell'esigentissima platea capitolina verso la fine della stagione. Ad ogni modo, un piazzamento del genere faceva ben sperare per la stagione successiva; "del resto", come riporta il mio libro, "i mezzi per sognare...ci sono certamente". La contestazione dell'anno precedente aveva avuto come effetto quello di convincere il presidente Dino Viola [approfitto allora per salutare l'amata moglie Flora, scomparsa l'altroieri] e il tecnico Nils Liedholm a rafforzare l'undici di base e a creare una rosa valida e competitiva in vista di una stagione davvero ricca di appuntamenti (campionato, coppa Italia e coppa Uefa, per non farci mancare niente). Il primo colpo messo a segno dal "Senatore" fu l'ingaggio di Ruggiero Rizzitelli, conteso a suon di miliardi alla Juve di Boniperti, anche per far dimenticare la delusione per la partenza del bomber Roberto Pruzzo, che dopo dieci campionati con la Roma si avviò a chiudere la sua prolifica carriera nella Fiorentina. In effetti, tornando a Rizzitelli, il funambolico centravanti cesenate pareva ormai indirizzato verso Torino, ma quando la sua firma con la Vecchia Signora era solo una formalità ecco che intervenne Viola, che con una super offerta di dieci miliardi riuscì ad accaparrarsi uno dei giovani attaccanti più promettenti del panorama internazionale. Ma a parte Rizzi-Gol, tutti i giornali sportivi furono concordi nel considerare un altro acquisto come il fiore all'occhiello della campagna acquisti giallorossa: Renato Portaluppi, eccezionale ala proveniente dal Flamengo.

Sulla nuova stella della Roma di Nils Liedholm si scrisse parecchio ancor prima del suo arrivo, ma solo dopo averlo visto giocare qualche partita di precampionato e coppa Italia ci si rese conto dell'importanza e della straordinaria grandezza di questo fantasioso giocatore. D'altronde, in Brasile, nelle file del Flamengo, Renato era un vero e proprio idolo, tanto che alla notizia della sua partenza per Roma i sostenitori della squadra rossonera carioca scatenarono un'autentica rivolta contro la società.
Ma niente impedì a Renato di approdare alla corte di Dino Viola, con ovvia soddisfazione dello stesso presidente, di Liedholm e dei tifosi della Magica, che elessero subito Renato loro nuovo profeta. Capelli lunghi, calzettoni abbassati, maniaco del dribbling e preparatissimo tecnicamente e fisicamente, Renato aveva tutte le carte in regola per diventare presto uno dei migliori giocatori a livello internazionale. Certo, arrivò a Roma con la fama di essere uno che ama molto la vita, soprattutto quella un po' spericolata e notturna, e a tal proposito i tifosi romanisti erano un po' preoccupati per strane voci che volevano il campione brasiliano vero e proprio idolo delle discoteche e delle donne. Addirittura, le pagine rosa dei quotidiani italiani aprirono un vero e proprio caso, attribuendo alle sue performance sessuali una possibile inconsistenza in mezzo al campo. Pettegolezzi, tra l'altro, che lo stesso brasiliano non fece altro che confermare alla presentazione ufficiale, dove esordì affermando: "Più che i terzini, dovranno essere le loro mogli a stare attente a me". Ma, come ricorda giustamente il libro, "in fondo, ai tifosi interessano i risultati e Renato ha fino ad oggi contribuito in maniera determinante ai successi giallorossi nel girone preliminare di coppa Italia. Ed è giusto che il calcio giocato a volte sconfigga il pettegolezzo".

Oltre all'eclettico Renato, può dirsi che la mossa più importante per l'economia del gioco di Liedholm fu senza dubbio l'acquisto, per un miliardo e mezzo, sempre dal Flamengo, del centrocampisto Jorge Luìs Andrade. Il suo non indifferente biglietto da visita fu la fresca elezione come miglior giocatore dell'ultimo campionato carioca. Titolare della nazionale Olimpica brasiliana, Andrade arrivò con la fama di buon uomo d'ordine, un classico incontrista molto utile per il gioco a zona di Liedholm. In realtà, Andrade si era messo in luce nel campionato brasiliano non solo per le sue geometrie: le sue doti migliori erano i lunghi lanci a smarcare l'uomo e il tiro dalla distanza. Compagno di squadra dello straordinario Zico e del grande Junior, vinse anche una coppa Intercontinentale e una Coppa Libertadores. Durante l'estate si parlò molto di una possibile incompatibilità con il duo Giannini-Desideri, ma in realtà il brasiliano giocava molto più arretrato dei suoi compagni, garantendo un ottimo filtro a centrocampo e un valido appoggio di rimessa. Per la sua eleganza in campo, i tifosi lo accolsero soprannominandolo "marajah", ed anche il libro infatti è ottimista: "non appena avrà assimilato il modulo tattico a zona di Liedholm e si sarà adattato alle esigenze di un calcio che non è certo spettacolare come quello carioca, ma estremamente pratico, la sua buona riuscita non dovrebbe tardare ad arrivare. Del resto anche il mitico Falcao aveva avuto non pochi problemi all'inizio, e una volta che li aveva superati era riuscito ad incantare l'esigentissima platea romanista".

Quindi, dopo l'acquisto del giovane Di Mauro dall'Avellino, l'insaziabile dirigenza romanista mise a segno due colpi finali davvero importanti: dal Milan arrivò Daniele Massaro, elemento utilissimo che preferì cambiare aria piuttosto che fare panchina con i campioni d'Italia rossoneri, e dal Napoli Moreno Ferrario, scaricato dopo la nota "rivolta dei quattro" contro Ottavio Bianchi dell'anno precedente. Con il recupero di Sebino Nela, che era stato fuori per infortunio per circa un anno, e con un Conti ancora pronto all'uso, la Roma aveva così assestato il suo organico, che prevedeva tra i pali l'esperto Tancredi, con l'alternativa del promettente Peruzzi, in difesa Tempestilli, Nela, Manfredonia (spostato nel ruolo di libero dopo la partenza di Signorini), Collovati, Oddi e Ferrario, a centrocampo Andrade, Policano, Gerolin, Massaro, Giannini, Conti e Desideri, e in attacco Renato, Rizzitelli e un finalmente ritrovato Rudi Voeller, che la società riconfermò dopo mille incertezze (per i pochi gol segnati l'anno prima). Ecco la foto ufficiale:



Obiettivamente, il Barone aveva in mano una rosa di tutto rispetto, davvero competitiva, ed allora anche il mio libro si fece prendere dall'entusiasmo (illudendo così anche un bambino come me): "A sei anni dalla vittoria del tricolore e da quella fantastica era targata Falcao, la formazione giallorossa tenta ora una nuova scalata; i mezzi per arrivare in alto ci sono e la convinzione di ben figurare in questo campionato ha ormai pervaso tutti, dai dirigenti ai giocatori, dagli addetti ai lavori ai tifosi. Se poi dovesse arrivare anche qualche trofeo o addirittura lo scudetto...sarebbe tutto di guadagnato". Nicola Bosio, ovvero un profeta.

A dirla tutta, anche le altre squadre si erano ben attrezzate; anzi, può dirsi che il calciomercato 1988 fu davvero pirotecnico, anche grazie alla nuova regola che permetteva di tesserare un terzo straniero, oltre ai due già ammessi. Come ricorda wikipedia, ne approfittò innanzitutto il Milan che completò così il terzetto olandese ingaggiando dagli spagnoli del Zaragoza il centrocampista Frank Rijkaard, mentre il Napoli prese il mediano Alemão, sempre dalla Liga spagnola (dall'Atletico Madrid). La Juventus voltò pagina: in panchina arrivarono Dino Zoff insieme all'amico Gaetano Scirea, ritiratosi dall'attività agonistica al termine della stagione precedente: una coppia di tecnici che piacque a critica e tifosi. Il colpo dell'estate comunque lo fece la Fiorentina assicurandosi dal Como il forte centravanti Stefano Borgonovo. Tra i tanti stranieri che arrivarono, due furono quelli destinati a lasciare il segno (anche, seppure per diverse ragioni, tra i tifosi romanisti): l'uruguaiano Ruben Sosa alla Lazio e l'argentino Claudio Paul Caniggia al Verona. La Fiorentina si assicurò dal Pisa il giovane regista brasiliano Carlos Caetano Bledorn Verri, meglio noto come Dunga, giocatore di sicuro avvenire. Grandi colpi anche per l'Inter: ceduti Passarella (tornato in Argentina al River Plate) e Scifo (ai francesi del Bordeaux), arrivarono i tedeschi Lothar Matthäus e Andreas Brehme, entrambi dal Bayern Monaco; a completare il terzetto straniero arrivò dalla Fiorentina la seconda punta Ramon Diaz. Ma il vero colpo di mercato dei nerazzurri fu il giovane e promettente Nicola Berti, preso sempre dai viola, centrocampista dalla infaticabile corsa e dallo spiccato senso del gol. Altri acquisti folcloristici furono Tita al Pescara, Milton al Como, Demol e Aaltonen al Bologna, Severeyns e Been al Pisa, Vincze al Lecce, Skoro  e Müller al Torino, Cvetković e Arslanović all'Ascoli, Zavarov e Rui Barros alla Juventus. Insomma, fuochi d'artificio.

A questo punto rimane da dire cosa accadde in questo famoso campionato 88-89. In realtà -come molti si ricorderanno- ben poco: lo vinse l'Inter (l'ultimo prima di molti, moltissimi anni), anzi lo stravinse, guidata dai gol di Aldo Serena (capocannoniere con 22 centri). Secondo arrivò il Napoli; il detentore Milan si "accontentò" del trionfo in coppa Campioni; la Sampdoria di certi ragazzi terribili vinse la coppa Italia. E la Roma, che "se poi dovesse arrivare anche qualche trofeo o addirittura lo scudetto...sarebbe tutto di guadagnato"? E il funambolico Renato? E il metronomo Andrade?

La stagione giallorossa -tanto per cambiare- fu altalenante e (viste le premesse) incolore, conclusa con un misero ottavo posto in campionato, frutto dello spareggio per l'Uefa perso sul neutro di Perugia contro la Fiorentina: uno a zero, gol -manco a dirlo- del grande ex Roberto Pruzzo. In coppa Italia, non superò il secondo turno a gironi. La cavalcata in coppa Uefa, dopo aver sconfitto Norimberga e Partizan, fu stroncata da un doppio 2-0 inflitto dai gialloneri della Dinamo Dresda [mi piace ricordare che uno di noi ha a casa la loro sciarpa]. Peraltro, la stagione fu segnata da due grandi dispiaceri: uno a livello sportivo, con la sconfitta nel derby per 1-0 con gol di un giovanissimo Di Canio; e uno, molto più grande, a livello umano, con la vigliacca morte a Milano di Antonio de Falchi.

Renato Portaluppi non riuscì mai ad ambientarsi, almeno in campo (fuori pure troppo), tanto che lasciò la Roma dopo una sola deludente stagione. Eppure, come anticipato, era partito con il passo giusto: in coppa Italia segnò 3 gol in 5 gare al primo turno. Tuttavia, la vena realizzativa si esaurì lì. Da quel momento segnò solo un'altra volta, in coppa Uefa contro il Norimberga, partita nella quale venne anche espulso. In tutto giocò, in campionato, 23 gare senza mai andare a segno. Ciò non gli impedì di guadagnarsi un affettuoso coro della curva sud, sulle note della celebre canzone portata al successo da Mina: "Renato, Renato, Renato, la cocaina te sei pippato...".
Oggi, quando non tromba, Renato siede sulla panchina del Fluminense.


Infine, Jorge Luìs Andrade. L'inserimento in squadra ad inizio stagione non fu dei migliori: ancora troppo lento, forse per l'eccessiva faticosità del nostro torneo, Andrade stentò ad entrare nel vivo del gioco. Ben presto, iniziò ad essere malvisto dai compagni di squadra per lo scarso dinamismo che dimostrava sul campo e per lo scarso impegno che dimostrava negli allenamenti. Dopo le prime deludenti partite, anche i tifosi mutarono opinione e gli cambiarono il soprannome: per la sua lentezza, Andrade divenne "Er Moviola". Il suo momento più alto lo toccò durante l'incontro di ritorno di coppa Uefa a Dresda, con la neve ed il campo ghiacciato, quando Nils Liedholm lo fece entrare ma lo sostituì dopo pochi minuti, dopo averlo visto scivolare e cadere per terra. In totale, collezionò in maglia giallorossa solo 9 presenze. Non a caso, a fine campionato, i tifosi romanisti esasperati e delusissimi dal cattivo rendimento della squadra, esposero uno striscione molto significativo: Andrade tutti a 'fan culo. A fine torneo tornò in Brasile per proseguire, con molta calma, l'attività agonistica fino a quarant'anni, facendo l'allenatore-giocatore.
Oggi, Andrade fa ancora l'allenatore in Brasile, e probabilmente non avrà perso la sua tragicomicità. Purtroppo, o per fortuna, neanche la Roma.

[tutte lo foto vengono da qui. grazie]