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venerdì 23 maggio 2014

Apologia dell'Asse del Male Calcistico (2014)


Nel nome della shisheh, la crystal meth oramai diventata la sostanza più diffusa nelle notti magiche di Teheran: energia e iperattività che decollano dalla vecchia città oppiacea verso i colori del moderno di cui è tinta oggi la capitale della Jomhuri-ye Eslāmi-ye Irān. Un viaggio allucinogeno avanti e indietro nel tempo in compagnia dell’iraniano Reza Ghoochannejhad: violinista sopraffino, danzatore sufi, centravanti atipico, che ha trascinato a un’improbabile salvezza il Charlton in Championship. E nei nostri cuori è già ilnuovo Jong Tae-se. Erede ed eterna incarnazione del mistico sufi Algazel, colui che insegnò i primi accenni di materialismo storico all’Europa del XVI secolo attraverso il fondamentale Tahāfut al-Falāsifa (o dell'incoerenza dei filosofi), da quando Reza Ghoochannejhad ha cominciato a giocare con la gloriosa maglia del Team-eh Melli ha già segnato nove gol in undici partite. Ciro è grande, e Reza Ghoochannejhad è il suo profeta.



Tra tutti i gol messi a segno con la maglia del Team-eh Melli, decisivo per la qualificazione a Brasile 2014 e per la gloria del socialismo è stato quello del 18 giugno 2013 a Usan, in casa della perfida Sud Corea, in faccia ai più temibili avversari del girone e ai più astuti servi dell’imperialismo americano a Oriente. L’eterno piano sequenza di Kiarostami oramai entrato nella storia del Grande Khorasan racconta di un lancio lungo dalla difesa lungo la linea laterale destra, del difensore sudcoreano che controlla la palla con sufficienza convinto che il capitalismo abbia oramai trionfato, di Reza Ghoochannejhad che con uno scatto felino gli ruba palla, lo circumnaviga come lotta di classe che resiste al temporaneo predominio della borghesia, entra in area, e con un sinistro a girare che sublima in sé millennirivoluzionari infila il pallone alle spalle del portiere sudcoreano, immobile come un titolo tossico finanziario. E’ qui che il volto di Reza Ghoochannejhad e quello di Jong Tae-se si sovrappongono in dissolvenza e divengono il detour dell'asse del male calcistico.



Nell’eterno ritorno della storia che il persiano Zarathustra ci ha raccontato attraverso gli scritti di Nietzsche, anche nel 1977, all’alba rossa della prima storica partecipazione del Team-eh Melli alla Coppa del Mondo, il girone di qualificazione fu vinto davanti ai sudcoreani servi imperiali. Era quella un’epoca buia per una cultura millenaria che già nel VI secolo prima della crocifissione di Barabba promulgava nel cilindro di Ciro i più avanzati diritti umani. La sanguinosa e rapace occupazione coloniale britannica, attraverso il fantoccio dello scià Reza Pahlavi, stuprava quella terra e ne divorava i frutti. Ma nel 1978, grazie alla vittoria sulla Corea del Sud, il Team-eh Melli riuscì a presentarsi in Argentina: risultato epocale che avrebbe preceduto di poco la rivoluzione antiimperialista dell’ Ayatollah Khomeini. Dopo la sconfitta nell’esordio assoluto allo Estadio Ciudad de Mendoza con l’Olanda (3-0 e tripletta di Rensenbrink), il 7 giugno 1978, nella seconda partita giocata sempre nello stesso stadio, il Team-eh Melli riusciva però a fermare sul pareggio la temibile Scozia.



Allo sfortunato autogol di Eskandarian sul finire del primo tempo rispondeva il primo gol in assoluto dalla Jomhuri-ye Eslāmi-ye Irān in una Coppa del Mondo: un colpo di classe di Iraj Danaeifard, gran maestro della Ni'matullāhiyya che oggi ha ancora voglia di raccontarvi le emozioni di quel giorno se lo andate a trovare al piccolo negozietto di articoli sportivi che gestisce a Dallas, Texas. Non distante da Chattanooga, Tennessee. L’ultima partita è una sconfitta 4-1 con il Perù del geniale Cubillas. Poi è il caos. Alla rivoluzione pacifica e libertaria dell’Ayatollah Khomeini il pavido imperialismo americano risponde al suo solito con una sanguinosa guerra conto terzi: tra commerci d’eroina, armi ai Contras, e canzoni dei Clash, sono missili, bombe, armi chimiche lanciate sulla millenaria terra dell’Avesta e sul regno di Ciro dall’agente della Cia Saddam Hussein. Argo è un film di merda.



Passano vent’anni da quel giugno del 1978 fino a quando il Team-eh Melli riesce a qualificarsi nuovamente per la fase finale di un Mondiale. E’ l’Iran di Ali Daei, Mehdi Mahdavikia, Khodadad Azizi e Karim Bagheri, tutti con esperienze internazionali, tutti figli di Algalel che sono giunti in Europa a insegnare il verbo. A Francia 1998 dopo la partita di esordio a Saint-Étienne persa di misura 1-0 con la Jugoslavia, c’è la partita della vita contro gli Stati Uniti. Alla maledetta iprite che per dieci anni aveva fatto strage di donne e bambine persiani uccidendoli tra atroci dolori e strazianti convulsioni, regalo della terra del male assoluto statunitense, i luminosi calciatori del Team-eh Melli rispondono con baci, abbracci e mazzi di fiori a certificare una superiorità morale che ha inizio nella notte dei tempi e che sopravvive alla barbarie americana. La partita giocata allo Stade Gerland di Lione il 21 giugno 1998 tracima nella leggenda, la prima e finora unica vittoria della gloriosa Jomhuri-ye Eslāmi-ye Irān a una Coppa del Mondo arriva proprio contro il male assoluto. Non è una partita di ping-pong pacificatrice, è la nemesi immanente della storia. Team-eh Melli in vantaggio di due gol con Estili eMahdavikia prima che il lurido McBride accorci le distanze sul 2-1. Perseo ha finalmente staccato la testa della medusa. Inshallah, giustizia è fatta.



La partita seguente si può pure perdere per 2-0 con la Germania, non gliene frega un cazzo a nessuno, la Jomhuri-ye Eslāmi-ye Irān è campione del mondo, e dopo avere vinto sulla propria terra, i movimenti anticolonialisti del globo capiscono che si può cominciare a vincere anche a casa dell’antico usurpatore: sono cambiati i paradigmi della storia, l’Occidente è finito. In terra persiana i primi anni del terzo millennio sono segnati dalla turbolenta lotta tra il riformista Mohammad Khatami e il conservatore Mahmud Ahmadinejad: la shisheh viaggia impazzita per Teheran tra rave party illegali e focolai di sommossa. In questo beneaugurante caos il Team-eh Melli riesce a qualificarsi per il Mondiale di Germania 2006, la partita decisiva del girone di qualificazione asiatico vinta 2-1 contro il Giapponeall’Azadi Stadium di Teheran davanti a oltre 110mila spettatori è puro delirio. In Germania, con ancora in campo l’eterno Ali Daei si perde 3-1 col Messico e 2-0 col Portogallo prima di pareggiare 1-1 con l’Angola. Ma è nella terra di Nietzsche cantore di Zarathustra, nella partita contro il Portogallo, che il Team-eh Melli conosce un lustrascarpe rivoluzionario lusitano. Sarà lui, Carlos Queiroz, a guidare la riscossa mondiale del Team-eh Melli otto anni dopo.



Carlo Queiroz diventa nel frattempo l’allenatore di quel Portogallo che al Mondiale di Sudafrica 2010 infligge sette gol alla luminosa Chosŏn Minjujuŭi Inmin Konghwaguk. Come spiegò poi in conferenza stampa, era però stato deciso dal Politburo e da Dennis Rodman che i devoti discepoli di Kim Il-sung avrebbero subito sette gol per rendere omaggio al comunista portoghese Jose Saramago, da poco scomparso. E che Carlos Queiroz sia sempre stato un seguace del Grande Leader se ne avuta dimostrazione proprio quel 18 giugno 2013 in cui Reza Ghoochannejhad ha assunto le sembianze di Jong Tae-se sconfiggendo la Corea del Sud a Usan. E’ qui che Queiroz al fischio finale mostra fiero il pugno chiuso comunista sulla faccia dello sconfitto allenatore imperialista sudcorean. Immagine indimenticabile che ha ulteriormente saldato un’antica alleanza ideologica ed economica tra Chosŏn Minjujuŭi Inmin Konghwaguk e Jomhuri-ye Eslāmi-ye Irān, in quell’eterno ritorno della storia che è progresso dei popoli.



Ecco i gioielli del Team-eh Melli che affronteranno prima la Nigeria, tra i palazzoni del terziario di Qutriba, poi l’Argentina del demiurgo Diego Armando Maradona, grande amico della causa iraniana, tra le montagne di Belo Horizonte, e infine la Bosnia sulle spiagge di Salvador de Bahia.



Ilcompagno violinista Reza Ghoochannejhad: un passato nell’Olanda in cui si trasferì a otto anni coi genitori giocando nell’Heerenveen e nel Go Ahead Eagles prima di passare in Belgio allo Standard Liegi e arrivare al Charlton a gennaio.



Il surfista californiano Steven Beitashour: figlio di una quinta colonna khomeinista all’interno dei laboratori della Apple a Cupertino e attualmente terzino destro dei Vancouver Whitecaps dopo quattro anni nei San Jose Earthquakes.



Il patriota Ashkan Dejagah: ala destra che veste sul suo corpo antichi tatuaggi delle sue due patrie Teheran e Berlino, dopo aver giocato per la seconda fino a pochi anni fa, rifiutandosi di scendere in campo contro Israele, il figlio prodigo ha scelto per sempre il Team-eh Melli.



Il cecchino KarimAnsarifard: l’eletto erede di Ali Daei che non ha mai abbandonato la patria ringraziandola ogni partita a suon di gol.



Il capitano Javad Nekounam: già eroe nel 2006 e leader indiscusso del centrocampo con le sue oltre 140 presenze con la maglia della nazionale.



E forse il latin lover Sardar Azmoun: figlio di un pallavolista e a soli 19 anni già stella del Rubin Kazan, col quale ha segnato all’esordio in Europa League contro il Molde a settembre; già soprannominato il Messi iraniano è l'oscuro oggetto del desiderio delle squadre della decadente borghesia europea, in campionato gioca con il numero 69 in nome dell’amore, il sentimento che pervade l’asse del male calcistico.


Per questo Lacrime di Borghetti, come già quattro anni fa tifava compatta la Chosŏn Minjujuŭi Inmin Konghwaguk, per i Mondiali di Brasile 2014 tiferà la rappresentativa della Jomhuri-ye Eslāmi-ye Irān, perché trionfino l’amore e il comunismo.