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venerdì 23 ottobre 2009

Fernando Llorente, il "Re Leone"

 
C'è epica e epica. Da una parte, c'è la mesta rimonta della Roma ranieriana a Fulham Road, grazie ad un coniglio uscito dal cappello dell'"insipido Andreolli" (come l'ha definito il nostro Gulunoglu in un messaggio liberatorio a fine partita. Partita che immagino miserabile e moscia, e che per fortuna non ho visto, non avendo ancora perso la verginità digitale terrestre). Dall'altra, c'è una squadra che dell'epica ha fatto uno stile di vita, della rimonta un sistema di gioco, della simbiosi con il proprio ambiente un baluardo contro il calcio moderno televisivo, globale e impersonale. Sto parlando dei leoni dell'Athletic Bilbao e del suo re (leone), Fernando Llorente, che ieri hanno domato all'ultimo minuto i portoghesi del Nacional Madeira.
 
La partita. Quando al San Mamès piove, è segnale di impresa, e ieri sera Bilbao si è ritrovata sferzata da una pioggia incessante, che non ha mai smesso di inzuppare i giocatori delle due squadre e i 30 mila spettatori sugli spalti (tra cui l'odioso presidente dell'Uefa Michel Platini, lui sicuramente all'asciutto). Prima del fischio d'inizio, il capitano dei lusitani, tal Bruno Patacas, ha rispettato la tradizione secondo cui la squadra che visita per la prima volta la Catedral deposita un ramo di fiori ai piedi del busto del leggendario Rafael Moreno "Pichichi", cannoniere rojiblanco morto nel 1922. Pronti via, ed è dominio portoghese: nel primo tempo c'è una squadra sola, l'altra non è pervenuta. Yeste, il talentuoso dieci mancino, sbaglia tutto ciò che gli passa tra i piedi, e la gradinata lo riprende, come riprenderebbe un torero titubante. Conseguenza logica è il vantaggio lusitano alla fine della prima frazione di gioco. Negli spogliatoi, Caparròs si fa sentire, alza la voce, lascia Yeste sotto la doccia e rimette a posto la squadra con gli ingressi di Javi Martìnez (occhio a questo centrocampista di scuola Osasuna, è un talento puro) e di De Marcos.
 
Fernando LLorente

Nel secondo tempo, è tutta un'altra storia: la pioggia aumenta, la squadra preme, i giocatori tirano fuori gli artigli, ma soprattutto sale in cattedra Llorente. Il '9', grigio fino a quel momento, si carica -come al solito- la squadra sulle spalle e dà il 'la' alla rimonta. Prima sfiora il gol da azione di calcio d'angolo; poi, su un suo imperioso stacco di testa, reagisce felinamente il portiere ospite Bracali, ma il pallone finisce sui piedi dell'intramontabile Etxeberria, che si fa trovare sempre nel posto giusto, e la butta dentro. E' il minuto 67, si alza il grido "A-tle-ti! A-tle-ti", l'aria si fa irrespirabile per gli isolani portoghesi, che iniziano ad affogare sotto la pioggia basca. Entra anche Toquero, il centravanti feticcio del San Mamès, accompagnato dal solito coro "Ni Messi ni Aguero, Gaizka Toquero!". Llorente capisce che è il momento di chiudere l'incontro. Prima manda di poco al lato, sempre con un'incornata maestosa. Poi, al minuto 87, protegge con il corpo un pallone vagante nell'area, si gira versa la porta e in spaccata di sinistro la mette lì dove il portiere non può arrivare, lì dove la festa può iniziare, lì dove il risultato diventa epica.  Fernando Llorente non sarà Batistuta, ma anche lui è un Re Leone.
 
Ma non è finita qua. Dopo la partita, il presidente dell'Athletic, Fernando Garcìa Macua, ha annunciato che Llorente ha rinnovato il contratto con i leoni baschi fino al 2013. Non c'è squadra nella Liga o, meglio ancora, in Premier, dove Fernando non troverebbe spazio, eppure si è legato al San Mamès fino ai suoi 28 anni. Chissà se dopo l'abbandono agonistico del capitano Julentxu (il magnifico Julen Guerrero), l'Athletic ha finalmente trovato una nuova bandiera. Chissà, se come insegna l'inno ufficiale, "il tronco del vecchio rovere/ha fatto germogliare foglie nuove". Chissà, ma quel che è certo è che da lassù, il vecchio Pichichi, ha trovato un erede, e noi, da quaggiù, un centravanti per cui sognare.