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mercoledì 30 aprile 2014

12 - Nostalgia del vecchio portiere di riserva

 Era mia, mia, mia
l'ho gridato e non hai sentito
su di lui ti sei precipitato
l'hai atterrato.
Solo davanti
a questa porta spalancata
mentre il centravanti mi guarda.
Solo quando c'é il rigore
vi ricordate di me,
del vostro portiere
ditemi perché.

Era fuori, fuori, fuori
il fallo era fuori dell'area
quel cretino d'arbitro e' arrivato
ha fischiato.
Solo davanti a voi centomila
che ansiosi spiate.
Solo quando c'é il rigore
vi ricordate di me,
del vostro portiere
ditemi perchè.

E dai tira, tira, tira
cosa aspetti a finirmi?
vedo il pallone calciato che arriva
come una locomotiva
e sono solo nel cielo
mentre volo incontro al tiro
e voi trattenete il respiro.
Solo quando c'è il rigore
vi ricordate di me, lo so
del vostro portiere
chissà se parerò.
 (La solitudine del Portiere di Calcio - Stefano Benni)


Ma se il portiere per tutti è un uomo solo, il suo vice cos'è?
C'era una volta e adesso non c'è più, estinto come il dodo, ingurgitato dal calciomercato moderno, il numero 12 mi manca davvero. Parlo dei 12 storici, quelli che arrivavano maturi per fare i secondi e che secondi rimanevano anche per anni, lustri e decenni. Oggi non è più così, spesso si preferisce la riserva giovane e straniera, costa di meno e forse prende di meno ma in quanto a garanzie, meglio lasciar perdere.
Il 12 di una volta poteva passare anni senza infilarsi i guanti o poteva farlo per un centinaio di minuti a campionato, al limite poteva fare la passerella in qualche partita di coppa Italia. Il 12 di una volta era quello seduto all'angolo della panchina, magari vicino al mister per diventarne un consigliere. Il 12 di una volta anche quando aveva 30 anni ne dimostrava 45, perché lui doveva trasmettere sicurezza, lui era quello d'esperienza pronto a rimpiazzare, ma che non doveva neanche mai spiccare in quelle poche occasioni, forse per contratto, forse perché consapevole di essere solo la "Toppa" del momento. Il 12 di una volta era anche brutto, come già detto un giovane vecchio, magari con il baffo, meglio se con la stempiatura, il 12 era l'antidivo, sempre serio e professionale e mai sopra le righe.
Oggi non c'è più spazio per loro, o meglio, nessuno viene addestrato da 12. Colpa delle frontiere aperte e delle stecche dei vari agenti... Perché  tenersi un vecchio quando con 2 lire si può prendere quel portiere con 27 presenze in qualche campionato est europeo e nel giro dell'under 21 del suo paese? Perché non puntare sulla scuola brasiliana che improvvisamente dopo un secolo passato a esportare giocolieri, bomber, mezzale e dribblomani vari, ha scoperto di avere anche gente che sa parare o forse pensa di saperlo fare?
Forse in serie A il 12 è un mestiere che gli italiani non vogliono più fare, meglio la gloria in B, in lega pro o financo in qualche sperduto paese estero, piuttosto che una vita da condannato in panchina.
E' brutto non vedere più il 12, che per la squadra solitamente era fondamentale. Un saggio uomo spogliatoio. Quando penso a loro, penso anche al cinema di oggi, non a quello impegnato, alle commediole. Il 12 è sparito come sono spariti i caratteristi dalle commedie italiane,  il caratterista brutto, che però con 3 smorfie, un'ansimata, una sola battuta era capace di arricchirti un film. Oggi i caratteristi sono stati sostituiti da qualche sfigato uscito da un reality o peggio ancora da qualche comico di quarta fascia che basa il suo successo su qualche tormentone che per mesi altro non ha fatto che polverizzarci i testicoli. I caratteristi anche solo con 3 scene a film ti mettevano allegria, come il numero 12, che serviva solo per contorno, ma comunque quelle 2/3 presenze l'anno te lo facevano amare.
 
Nino Terzo, quello che ansimava nei film (consiglio questo sito)

Quando penso a un 12, penso a Fernando Orsi. Non sono laziale, ma Fernando Orsi era il portiere di riserva perfetto. Arrivato per sostituire Pulici, dopo 3 anni e 80 e passa presenze, parte per Arezzo e dopo 4 ritorna  nella capitale a 30 anni per fare il secondo, prima a Fiori e poi a Marchegiani. Rimane in panchina per 9 anni, senza mai lamentarsi, senza fare un fiato e difendendo la porta per 43 volte. 9 anni, 43 presenze e una coppa Italia, vinta senza disputare neanche l'unica gara saltata da Marchegiani (il ritorno degli ottavi contro il Napoli), perché quella partita la giocherà Ballotta. Si ritira nel 1998, due anni prima dello scudetto.
 
Il vero 12 non deve mai scomporsi... MAI
Prendete un Di Fusco, una vita al Napoli, 14 anni in azzurro (con piccoli intervalli a Vicenza, Catanzaro e Torino), sempre coprendo le spalle a gente come: Castellini, Garella, Giuliani e Taglialatela. Con il Napoli ha vinto due scudetti, una coppa Italia e la coppa Uefa, tutto questo con poco più di 30 presenze. Ha vinto anche una coppa Italia con il Torino, neanche a dirlo, sempre da dodicesimo. Di Fusco, portiere di riserva, che durante un Ascoli-Napoli del 1989 fu schierato in attacco al posto di Careca infortunato. 11 minuti da attaccante dove riuscì anche a concludere in porta, con un colpo di testa parato da un disorientato Pazzagli. Certo fu inserito da Ottavio Bianchi in polemica con i dirigenti per protestare contro una campagna acquisti non soddisfacente, ma nelle sue 33 presenze può vantare anche questo. Oggi fa il preparatore dei portieri a Lecce. Ha ideato e brevettato il deviatore di traiettoria, una W di metallo che viene posata a sull'erba con lo scopo di simulare le deviazioni sui tiri rasoterra.
 
Di Fusco e un suo compagno di squadra
Se il 23 febbraio del 1992 Rampulla non avesse segnato quel gol all'Atalanta... Sarebbe ugualmente finito alla Juventus? Me lo chiedo sempre e mi chiedo anche che piega avrebbe preso la sua carriera. Il gol di Rampulla è per me un ricordo nitido, l'entusiasmo di "Tutto il calcio" e l' aspettare con impazienza 90° per vedere un'impresa storica.
Nei 10 anni da dodicesimo uomo della vecchia signora è sceso in campo parecchie volte, complice la non sempre perfetta forma di Angelo Peruzzi. Rampulla avrebbe potuto fare tranquillamente il titolare in qualche squadra da media classifica in A, dubito però che rimpianga quel colpo di testa.
Fu un 12 atipico, protagonista in una semifinale di Uefa (sia all'andata che al ritorno) contro il PSG e nella finale di coppa Italia del 1995 vinta contro il Parma. Senza contare che dal 1995 al 2001 è stato sempre schierato per almeno una partita di Champions.
 

Astutillo Malgioglio comincia la sua carriera di secondo alla Roma dopo qualche stagione buona a Brescia e alla Pistoiese. Lo fa per 2 anni, poi decide di scendere di categoria per giocare titolare con l'altra sponda del Tevere. Passare dalla Roma alla Lazio (o viceversa) è però a quei tempi (stagione 85/86) un suicidio (in realtà lo è ancora oggi). Ci sono cori, striscioni e insulti per tutta la stagione e un episodio che scatena un vero proprio inferno. E' il 9 marzo del 1986, la Lazio perde in casa 4-3 con il Vicenza. Malgioglio non è esente da colpe, la tifoseria biancoceleste se la prende principalmente con lui. Tra un "Venduto e "Un bastardo giallorosso" sugli spalti, secondo quanto afferma Malgioglio, compare uno striscione con la scritta: "Torna dai tuoi mostri". Astutillo dedicava il suo tempo libero gestendo una palestra per bambini distrofici. Malgioglio esasperato a fine partita si toglie la maglia, la calpesta, ci sputa sopra e la lancia ai tifosi. Nessuno notò quello striscione, la Lazio si schierò dalla parte dei suoi tifosi e chiese la radiazione del suo tesserato. Astutillo Malgioglio rescisse il contratto e annunciò il ritiro. Giovanni Trapattoni all'epoca allenatore dell'Inter lo convinse a non lasciare il calcio portandolo a Milano, dove per 5 anni Malgioglio tornò a  vestire la maglia numero 12. Riserva per 5 anni, da un quasi ritiro alla vittoria dello scudetto 88/89. Destinato ad essere 12 fino alla fine della sua carriera, 12 come le presenze in quelle 5 stagioni, una di queste mette però i brividi e vale più di una finale di coppa. E' il 4 marzo 1990, allo stadio Flaminio di Roma (l'Olimpico è chiuso per i lavori in vista dei mondiali) scendono in campo Lazio e Inter, il destino vuole Zenga infortunato, Trap vuole Malgioglio titolare. Il presidente Pellegrini impaurito chiede ad Astutillo un gesto distensivo verso la tifoseria laziale: "Porta dei fiori alla curva". Malgioglio sa benissimo che non servirà a nulla, anzi servì a far cominciare  con 15 minuti di ritardo la partita per lancio di oggetti. Vola di tutto in campo e per tutta la partita (persa 2 a 1 dall'Inter) l'ex viene ovviamente preso di mira. Malgioglio fu un 1 che diventò 12 che tornò 1 e ritornò 12 salvo poi tornare ad essere 1 nella partita più sbagliata. In tutto questo da riserva vinse una coppa Italia con la Roma e uno scudetto, una supercoppa italiana e una Uefa con l'Inter.
 
Astutillo e la sua faccia da membro del cast di "La soldatessa alle grandi manovre"
Nista è stato un altro tipo di 12, il classico 12 che neanche il destino riesce a far diventare numero 1 in una grande. Dopo qualche anno da titolare tra Pisa e Ancona, Alessandro Nista decide saggiamente di fare panchina a Bucci nel super Parma di Tanzi. Ha qualche record personale Alessandro Nista, è stato il primo italiano a (non) giocare in Inghilterra tra le file del Leeds in Championship ed è stato anche il primo ed ultimo portiere a prendere un gol (in campionato) da Marco Van Basten (Pisa-Milan 1987 e Ancona-Milan del 1993).
Nella sua prima stagione a Parma sembra rassegnato a cominciare la sua lunga carriera da secondo, quando a fine ottobre la spalla di Luca Bucci va fuori uso. Il 5 novembre del 1995, Alessandro Nista arrivato come riserva, scende in campo da titolare contro la Cremonese allo Zini, 0 a 2 per il Parma, Nista rimane con la porta imbattuta e la prospettiva di disputare il prossimo match di campionato contro il Milan di Baggio e Weah. Passano 2 settimane, ritorna il campionato dopo credo una sosta per la nazionale, non ritorna Bucci, ma Nista per quel Parma-Milan ritorna in panchina. Nevio Scala decide di puntare tutto su un ragazzino della primavera di soli 17 anni. Un primavera titolare in Parma - Milan, ci sono grandissime possibilità che il ragazzo "toppi" la partita e ritorni tra i suoi pari età lasciando la nuovamente la porta a Nista. Inutile dire che in quella partita Gianluigi Buffon 17enne di Carrara  risulterà il migliore in campo. Così Nista arrivato per fare il 12 a Luca Bucci finirà per fare la riserva a Buffon.
 

E poi c'è LUI, il 12 per eccellenza, l'eterna riserva. Giulio Nuciari, nipote di Antonio, storico portiere titolare della Triestina anni 50, faccia da caratterista (per tornare al discorso di prima) con tanto di baffo, 11 anni di serie A, 333 panchine (record assoluto del nostro campionato) e 17 presenze tra Milan e Sampdoria. Cosa si può aggiungere? Forse che basta fare un giro su internet, magari su qualche forum per scoprire quanto comunque fosse amato e rispettato dalle sue due tifoserie storiche (nel caso del Milan anche grazie ad uno spareggio Uefa disputato proprio contro la Samp da protagonista). 2 scudetti, 2 coppe Italia e  una Coppa delle Coppe in bacheca.


Non torneranno i 12, ormai 12 lo diventano Amelia, uno che comunque è campione del mondo e Storari che forse farebbe il titolare in quasi tutte le squadre di A. I nuovi 12 spesso sono i terzi portieri e in più di un caso sono stranieri anche loro. Che poi 12 un cazzo visto che ormai anche il portiere di riserva usa il 74 o il 37.
Oggi si va avanti a selfie e twittate, una volta bastavano un 12 stampato sulla maglia, 4 parate l'anno (quando andava bene) e tanta panchina per diventare idoli di una tifoseria.