Imprescindibile per ogni milanista che non
si accontenti di seguire minuto per minuto l’evolversi della trattativa per un dinamico e talentuoso centrocampista nipponico, “Milan Story: La leggenda rossonera dal 1899 a oggi” (Edizioni della Sera pp.191) è il libro perfetto da sfogliare sotto l’ombrellone, per ripassare il conosciuto e esplorare lo sconosciuto delle mille storie che compongono la Storia del più glorioso club italiano. In attesa dell'Honda giusta.
In attesa di capire se nella prossima
stagione l’intesa tra Balotelli ed El Shaarawy sarà finalmente efficace, o se
Allegri riuscirà a rovinarli entrambi. L’agile struttura a brevi
capitoli del libro permette una lettura serena e rilassata, che siate sul
pareo in spiaggia, sulle panche di legno di un rifugio montano, o su una
panchina del parco in pausa pranzo. E l'autore Sergio Taccone, oltre a collaborare con
gli amici di Storie di Calcio, al
terzo libro sulla squadra rossonera è certamente uno scrittore che conosce il
valore della materia che sta plasmando. In questo Milan Story l’ha fatto con un
certosino lavoro di indagine storica, scavando come talpa di marxiana
memoria tra trafiletti dei quotidiani degli albori del ventesimo secolo come negli editoriali contemporanei, tra vecchie riviste fuori commercio e contemporanei video di youtube, per
riuscire a raccontare come si fosse disputata ieri l’amichevole del 29 giugno
1955: in cui il Milan supera la temibilissima Honved Budapest mentre
sugli spalti di San Siro la delegazione del PCI di Sesto San Giovanni tifa compatta e
fedele alla linea per i compagni magiari. O la successiva amichevole dei
rossoneri a Mosca contro la Dinamo: la prima volta per una squadra italiana al
di là della Cortina di Ferro, per la partita che Calcio Illustrato definisce entusiasta come “un inizio di collaborazione tra le due nazioni”.
Il pregio del libro è poi quello di
giustapporre le varie piccole storie con un montaggio dialettico degno della
scuola sovietica di Eisenstein. E così, senza apparente soluzione di continuità - quando
invece la successione dei capitoli rivela a mio parere una precisa e azzeccata
scelta narrativa - si passa dalle grandi vittorie alle clamorose sconfitte,
dalle storie più note a quelle sconosciute anche alla maggior parte dei tifosi.
Manchester e Istanbul, il gol di Capra con l'Inter e quello di Weah col Verona. Le prodezze di Marco
Van Basten e quelle di Walter De Vecchi: “’avvocato del diavolo che fece meglio di Perry
Mason, vincendo una causa persa”, nelle parole dell’indimenticato Beppe Viola,
uno degli ultimi milanesi (sempre che Milano sia mai esistita) cui è dedicato
un nostalgico capitolo. E così, via via scorrendo con la lettura, dopo una
storica vittoria contro il Grande Torino negli anni Quaranta arriva la
altrettanto storica sconfitta con la Cavese “il controesodo dei tifosi ospiti
fu memorabile: dodici pullman granturismo, due aerei, tre treni e una carovana
sterminata di automobili, camper, e ogni tipo di autoveicolo che scendeva da
Milano”. Le pagine omeriche che immortalano le magnifiche gesta del capitano
Franco Baresi “la maglia rossonera è stata la divisa della sua esistenza”,
precedono di poco quelle relative al misconosciuto Andrea Bonomi, che invece
“occupa un posto alla voce capitani e bandiere insieme a colonne del calibro di
Liedholm, Rivera, Baresi e Maldini. Superfluo aggiungere altro”.
Storie di campo che hanno segnato
l’infanzia di chi vi scrive, ovvero il mitico gol del centravanti britannico
Mark Hateley nel derby d’andata della stagione 1984/85. Il gesto tecnico di
Attila, il suo stacco poderoso a sovrastare il traditore Collovati sono “un
ascensore per il paradiso” che trasuda speranza dopo le due retrocessioni di
fila e una lunga e lenta ricostruzione. Sono alternate a storie di vita come quella
di Ferdinando Valletti, ex componente della Brigata Garibaldi che nel marzo del
1943 è arrestato dalla sbirraglia fascista dopo aver organizzato uno sciopero
davanti ai cancelli dell’Alfa Romeo. Panchinaro rossonero, in pochi mesi si
trova deportato a Mauthausen dove è spersonalizzato dal concentrazionismo
capitalista fino a diventare un numero: il I57633. Tra i mille altri capitoli, si passa dal racconto
surreale delle gesta del tecnico ungherese Bela Guttmann (quello della maledizione del Benfica), uno zemaniano ante
litteram che sulla panchina rossonera nella stagione 1954/55 parte alla grande
con nove vittorie di fila, ma alle prime difficoltà è esonerato senza motivo
apparente alcuno. Fino alla bellissima e inutile prodezza di Roberto Antonelli,
soprannominato Dustin per la somiglianza con l’attore, che non evita al Milan
la seconda serie B in tre anni e fa esclamare all’avvocato Prisco “dopo la
retrocessione a pagamento ecco quella gratis”. Perché un milanista è orgoglioso
delle sue retrocessioni quanto dei suoi trionfi: perché noi siamo e resteremo ciasciavit, altro che quei bauscia nerazzurri che hanno il coraggio
di presentarsi a San Siro solo quando noi siamo in trasferta…
Devo averlo subito questo libro. Grazie per la segnalazione.
RispondiEliminaGianni
libraccio di un "giornalista" di Libero.
RispondiEliminase il libro è come la recensione allora me lo leggo pure io...sugli anni di liedholm e di bartolomei si dice niente?
RispondiEliminadionigi.. come ben sai la mia memoria storica è paragonabile a quella di un baldini.. ovvero pari a zero.. ma a memoria nella squadra del gol di hateley giostrava agostino a centrocampo e sedeva in panchina il barone.. gloriosa età dell'oro..
EliminaLafitte, conosco personalmente l'autore. A parte che su Libero curava (parlo all'imperfetto perchè da quattro anni non ci collabora più, me lo ha detto l'autore stesso) soltanto fatti di cronaca generale e non politica, è uno scrittore di grande talento che ha già avuto importanti riconoscimenti giornalistici e letterari. Oltre a Milan Story ha pubblicato Quando il Milan era un piccolo diavolo e "La Mitropa Cup del Milan del 1982 (il primo l'ho letto almeno cinque volte, da cima a fondo). Milan Story lo comprerò perchè, oltre alla conoscenza diretta dell'autore, mi fido della recensione appena letta.
RispondiEliminaGianluca
Lafitte, fuori la politica da LdB!
RispondiEliminacaro anonimo, lascia perdere o piuttosto rispondi nel merito, ma "fuori la politica da.." non si può sentire, è lo slogan con cui la peggio destra si è impadronita delle curve..
EliminaSi certo, volevo proprio prendermi beffa di quel terribile slogan da curva di destra...
EliminaLo zio vede "Destra" ovunque.....
Eliminaè noto, ad esempio, che lo zio ha due mani sinistre (unico caso al mondo di bi-mancino)
Eliminachissá se quelli della delegazione del PCI di Sesto San Giovanni tifano ancora il Milan come lo Zio.
RispondiEliminaIl Fornaretto
ma soprattutto io e loro votiamo ancora pci anche se non esiste più da vent'anni..
Elimina30. Dal giugno 84.
RispondiEliminaOrmai il dibattito sulla questione morale interna alla sinistra si è trasferita sul tifo rossonero.
Allora si era sicuramente puri perché non contaminati dal potere.
Oggi, si possono dire puri i milanisti nati tali prima della discesa in campo dell'uomo di maggior potere. Quindi, anche dello Zio.
Compagno Zio, il mese prossimo porterò anche il tuo saluto/omaggio al Compagno Ulianov.
pugni chiusi
EliminaDopo la recensione di LdB ho acquistato Milan Story. Libro strepitoso. Grazie per la segnalazione. Imperdibile. Le pagine su Valletti, Brevedan, Hateley, Rocco e Beppe Viola sono poesia rossonera pura. Dalla prima all'ultima storia una lettura scorrevole e piacevolissima.
RispondiEliminaCiao
Massimo